Con quella barba lunga sembrava l'uomo delle caverne.

Con un primo sguardo non sembrava uno che potesse emanare un buon odore e le cose che diceva erano incomprensibili. Parlava un po' di russo, perché suo padre veniva dalla terra degli Zar. Un po' di jugoslavo, perché lui era nato in terra croata, un po' di inglese e francese, dato che viveva in Canada, e non si capisce bene perché abbozzava qualche parola in italiano. Insomma sembrava di ascoltare i versi di un mostro.

Camminava lento e spocchioso fra la folla con accanto il suo manager. Uno di quelli old school, vestito in stile sceicco arabo,  o indiano, si chiamava Dipper Gordo. Salì sul quadrato parlando, come quasi sempre a vanvera. Si rivolgeva ai fan giapponesi, che pacati si limitavano a sorridere di quel gaijin nord americano che guarda caso si chiamava come il loro più grande idolo, nonché prossimo suo avversario.

In realtà lui non si chiamava Antonio, e tantomeno The Great Antonio. Il suo nome era Anton Barichievich. Nemmeno il suo avversario in realtà si chiamava Antonio, ma Kanji Inoki, e solo molti anni dopo nel 1990 sarebbe diventato Muhammad Hussain Inoki, convertendosi all'Islam. Per tutti però, era il grande Antonio Inoki.

L'incontro sembrava essere uno dei tanti del buon Inoki, uno che, dopo aver lasciato la scuola di Rikidozan insieme al suo compagno Giant Baba ed aver fatto esperienza aveva fondato la compagnia che stava ospitando quel match, la New Japan Pro Wrestling. Antonio Inoki era abituato ad affrontare persone eccentriche e match strani, contro boxer, contro lottatori di sumo e tipi strani. Lui stesso era anche un fighter impegnato nella Mixed Martial Arts. Quella volta però, Inoki ebbe una sorpresa poco gradita, probabilmente perché era allo scuro di ciò che molti anni prima, contro quello stesso lottatore, era successo al suo maestro Rikidozan.

L'incontro incominciò come tutti. Gli atleti si guardano, si sfidano, si sfiorano. Il manager di Great Antonio lo incita, litiga un po' col pubblico e tutti aspettano che il grande campione metta a segno le sue mosse e porti a casa la vittoria.

Qualcosa però, come spesso succedeva in quegli anni, va storto.

The Great Antonio per motivi ancora oggi inspiegati, anche se qualcuno afferma che si ritenesse una stella molto più splendente di Inoki, smette di vendere le manovre ed i colpi dell'avversario. Per Inoki è come sbattere contro un muro. E' come cercare di strappare un albero dalle radici ogni volta che cerca di atterrare l'avversario utilizzando le mosse derivanti dallo Judo.

Inoki inizialmente non si rende conto di quello che accade. Cerca di parlare con l'avversario, di capire cosa succede. Forse non sta bene, forse sta cercando di mantenere fino a quando possibile per mandare più over Inoki nel momento della vittoria. Forse è ubriaco o drogato. Niente di tutto questo. Inoki si rende conto che l'ostilità dell'avversario è vera quando viene colpito con dei pugni  che oltrepassano il limite dello stiff divenendo reali. Colpito alla schiena, al collo e alla testa. A questo punto l'idolo giapponese della compagnia, non solo vede violata una regola sacrosanta, quella di vendere le mosse all'avversario, ma si trova anche nel bel mezzo di un attacco. Un attacco immotivato a lui, che è Antonio Inoki e che, soprattutto, ha firmato l'assegno per questo match a The Great Antonio. Un'insubordinazione a tutti gli effetti insomma.

Inoki si stanca. Esce dalla morsa di colpi dell'avversario e comincia il contrattacco. Schiaffi e pugni al volto. E' finita la fase dello studio. Della comprensione. Comincia la fase dell'aggressione. In pochi secondi The Great Antonio finisce al tappeto. Inoki però è livido di rabbia. Continua a colpire l'avversario con calci alla testa e al volto. Anche l'arbitro, rendendosi conto della situazione chiama la fine del match per Knockout, o qualcosa di simile. Mentre il manager di Great Antonio, Dipper Gordo, sale sul quadrato e cerca di placare le ire di Inoki.

Quando Great Antonio riesce a risollevarsi il suo volto è una maschera di sangue. A Inoki, mentre l'avversario si riprende, viene alzato il braccio in segno di vittoria e gli viene consegnato il suo premio, il suo trofeo. Il viso di Antonio Inoki, in quegli istanti dopo il match, è un misto di rabbia e pentimento per ciò che è appena successo, mentre il viso di Barichievich è solo una maschera rossa. Ha capito quel giorno, The Great Antonio, che un professional wrestler se diventa grande, è anche perché sa distruggere davvero un uomo con le proprie mani. Chi sa costruire un match di wrestling senza far male, sa fare benissimo, ovviamente, anche il contrario.

Ora lo sa. Ma lo sapeva già da tempo. Molti anni prima di quel match infatti, The Great Antonio aveva fatto la stessa cosa con il maestro di Inoki, Rikidozan. Anche in quell'occasione, come raccontò Butcher Vachon, Great Antonio fu massacrato e scaraventato fuori dal quadrato. Non solo. Sulla via di casa venne fermato e pestato un'altra volta, omaggio, a quanto si dice, della Yakuza, la mafia giapponese, con la quale il mondo del Puroresu dell'epoca, e quindi anche Rikidozan, aveva un legame abbastanza stretto. La stessa Yakuza che anni più tardi costò la vita allo stesso padre del Puroresu.

Antonio Inoki forse questo non lo sapeva. Non sapeva che forse Great Antonio cercava vendetta per lavare l'onta lasciata dal trattamento riservatogli dal suo maestro. Non sapeva che Great Antonio non era nuovo a queste cose. Sapeva però, Inoki, che queste cose possono succedere. Lo sapeva perché lui stesso dovette arrendersi alla forza bruta di Bruno Sammartino, come raccontato dall'italiano, che vedendosi i colpi shoot di Antonio Inoki lo respinse e lo buttò fuori dal quadrato. Bruno Sammartino era un altro al quale non era mai una buona idea mancare di rispetto. Quella però è un'altra storia, che parla di una faida internazionale, di Killer Kowalski, di Ox Baker, e di alcuni lottatori giapponesi che ricevettero loro malgrado, una lezione troppo dura. 

Lo Shoot a quei tempi, e non solo, era sempre dietro l'angolo! 

 

 

E' dietro l'angolo del web signori, c'è anche PURORESUMISSION.com, un sito con una storia importantissima nel wrestling web italiano. Gli appassionati di wrestling giapponese, ma anche tutti gli altri, dovrebbero visitarlo e scoprire tutto quello che di possibile c'è da sapere sul mondo del Puroresu, di oggi e di ieri. Colgo anche l'occasione per ringraziare Giovanni Vinci e Riccardo Ali, direttore e vice direttore di Puroresumission.com. Tramite Riccardo infatti, ho potuto parlare con Giovanni, che mi ha aiutato a scoprire il nome del manager di The Great Antonio, Dipper Gordo. Posso assicurarvi che a parte lui conoscevano davvero in pochi quel nome.

 

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.