Il big man (inizialmente) invincibile e il sovietico “invasore” sono due figure stereotipate che hanno fatto ciclicamente capolino, con fortune alterne, negli show della WWE (e non solo): l’emergente Alexander Rusev le incarna entrambe. Sorge, dunque, spontanea la domanda: riuscirà a sfondare e a lasciare il segno un lottatore la cui gimmick ripercorre canovacci tutt’altro che inediti?

Miroslav Barnyashev (questo il vero nome di Rusev), dopo essersi fatto le ossa per qualche anno nel circuito indipendente, firma nel settembre 2010 un contratto con la WWE, la quale gli affibbia il nome di “Alexander Rusev” e lo spedisce immediatamente in FCW per trascorrere il necessario periodo di “apprendistato”, in vista di un eventuale esordio nel main roster.

Tuttavia, l’ascesa di Rusev subisce una brusca frenata a causa di diversi infortuni piuttosto gravi; infatti, nel 2011, subito dopo il debutto nella federazione di sviluppo, il wrestler bulgaro si strappa contemporaneamente il legamento crociato anteriore e il menisco; gli vengono prognosticati sei mesi di stop e di riabilitazione. Il ritorno sul ring avviene nel marzo 2012, ma i problemi non sono ancora finiti; di lì a poco sarà una frattura al collo ad allontanare nuovamente il possente balcanico dagli show della FCW. E’ durante quest’ulteriore periodo di fermo che Rusev si reca in Thailandia per studiare Muay Thai, arte marziale che influenzerà in maniera determinante il suo stile di lotta di lì in poi.

Smaltiti i numerosi guai fisici, Alexander Rusev ritorna in pianta stabile sul quadrato a metà del 2013, debuttando a NXT in una battle royal per una shot al titolo NXT, che sarà vinta però da Bo Dallas. Se la sua stazza e prestanza fisica si palesarono già in quell’occasione, fu qualche mese dopo che emersero anche le altre qualità (inaspettate, a dire il vero) del lottatore bulgaro: nel match contro Dolph Ziggler svoltosi nell’estate dello stesso anno, Rusev dimostrò infatti di possedere doti atletiche e agilità impressionanti, in proporzione alle dimensioni fisiche e, pur venendo sconfitto, egli seppe tenere testa ad un affermata Superstar WWE, nonché ex World Heavyweight Champion qual è lo “Show-Off”.

Poco dopo, egli entrò a far parte dei “Legionnaires” di Sylvester Lefort (insieme a Scott Dawson) e fu coinvolto in una faida con Enzo Amore e Colin Cassady, scandita da squash match in cui Rusev ribadisce la propria potenza e da qualche vittoria fortunosa dei due Jersey-made; l’alleanza con Lefort giunge però al termine in maniera piuttosto brusca quando, in occasione di un tag team match, il bulgaro attacca all’improvviso il proprio manager tornando nel backstage.

Nell’incontro fra i due, tenutosi qualche settimana dopo (e conclusosi, neanche a dirlo, con la vittoria del gigante balcanico), Rusev viene annunciato e accompagnato da un’affascinante quanto misteriosa donna dalla parlata marcatamente russa, che si rivelerà poi essere Lana, la sua nuova manager o “ambasciatrice sociale”. La coppia rimanda fin da subito, e neanche troppo velatamente (essendo la stessa WWE ad avanzare tale paragone sul proprio sito), ad un altro binomio gigante-bionda mozzafiato, ben noto agli appassionati di Rocky, ossia Ivan Drago e la moglie Ludmilla Vobet; del resto, Lana presenta Rusev al pubblico come un esempio di perfezione atletica, la cui ascesa non potrà essere arrestata dagli americani, invitati a piegarsi alla sua potenza, proprio come faceva il personaggio interpretato da Brigitte Nielsen nel quarto episodio della celebre saga cinematografica.

Di lì in poi, inizia una serie di squash match contro avversari come Xavier Woods, Sin Cara e Kofi Kingston, contro i quali Rusev ribadisce di non avere timore alcuno e di essere pronto per salire al livello successivo, ovvero agli show principali della WWE.

Il debutto arriva, a sorpresa, durante la Royal Rumble 2014, nella quale Rusev entra col numero 6, e dalla quale sarà eliminato soltanto grazie allo sforzo combinato di ben quattro lottatori, ossia CM Punk, Seth Rollins, Cody Rhodes e, guarda caso, quel Kofi Kingston già affrontato a NXT.

Dopo la prestazione positiva fornita alla Rumble, sia a Raw che a Smackdown iniziano a essere mandati in onda dei video pre-registrati e dei brevi segmenti su un podio nei quali Lana ripete quanto fatto nello show di sviluppo della WWE, ossia presentare il proprio assistito Alexander Rusev come la nuova minaccia proveniente dall’Est, l’inarrestabile “Super-Athlete”, pronto a “invadere” i ring della WWE.

Questi promo, intervallati dall’apparizione ad NXT ArRival, continuano fino all’episodio di Raw successivo a Wrestlemania XXX, in cui il “Bulgarian Brute” fa il proprio esordio nello show del Monday Night, squashando in men che non si dica il povero Zack Ryder, costretto a cedere dalla “Accolade”, la variante della celebre Camel Clutch con cui Rusev è solito chiudere i propri match, in seguito all’eloquente invito (o è forse meglio dire ordine) di Lana (“Crash!”). Nelle settimane seguenti, il bulgaro, sempre affiancato dall’affascinante manager, ha iniziato una rivalità con R-Truth e Xavier Woods (il quale aveva già sperimentato sulla propria pelle la potenza di Rusev in quel di NXT), che ha condotto all’handicap match di domenica scorsa ad Extreme Rules, terminato con la preventivabile vittoria del “Super-Athlete”.

Ripercorsa la (fin qui) breve carriera di Alexander Rusev in WWE, è ora tempo di fare qualche considerazione sul gigante balcanico, in particolare su quelle che potrebbero essere le sue prospettive future alla corte dei McMahon; per quanto riguarda le caratteristiche fisiche e il lottato, siamo di fronte ad un ottimo wrestler il quale, a dispetto di una notevole mole fisica, ha mostrato di avere un’agilità da fare invidia anche a qualche cruiser, costituendo in tal senso un qualcosa di atipico rispetto ai canonici big man “made in Stamford”; inoltre, le influenze sul suo stile di lotta e sul suo parco mosse, derivanti da arti marziali quali Sumo e Muay Thai, trasmettono sul ring la sensazione di un lottatore brutale, aggressivo che, oltre a vincere, punta a far male l’avversario e a dominarlo fisicamente.

Piuttosto, le note dolenti vengono a galla se ci soffermiamo sulla gimmick portata in scena dal bulgaro: il personaggio della “minaccia proveniente dall’Est” non è certo ignoto agli appassionati di wrestling, che possono trovare numerosi precedenti nel roster WWE, partendo da Nikolai Volkoff per arrivare al ben più recente (e non così lontano nella nostra memoria, vero writers?) Vladimir Kozlov; inoltre, Rusev è stato presentato finora come un invincibile e indistruttibile spaccatutto, altro stereotipo che spesso ricorre nel mondo del wrestling. Ora, come ben sanno gli spettatori, sono diverse le insidie che soggiaciono ad un simile personaggio: infatti, finché il wrestler in questione rimane imbattuto, egli è in grado di generare attenzione intorno a sé, sia per capire per quanto tempo si protrarrà la striscia di vittorie, che per vedere quali vittime cadranno sotto i suoi colpi e, soprattutto, se ve ne saranno di particolarmente illustri. Tuttavia, una volta interrotta l’imbattibilità da parte del top face di turno (spesso si è trattato di John Cena), questo genere di lottatori tende a sparire dalla parte alta della card (vedasi Ryback), a cadere nell’anonimato (Brodus Clay), a fare orribili segmenti comedy (The Great Khali) o, nel peggiore dei casi, a essere licenziato (sorte toccata al già citato Vladimir Kozlov e al compianto Umaga).

E’ evidente che Alexander Rusev rischi di fare la fine dei propri “predecessi colleghi” (come direbbe Checco Zalone), anche alla luce di una gimmick particolarmente marcata e limitante come quella dell’“invasore” sovietico, che poco si presta ad un’elastica evoluzione e ad un approfondimento nel corso del tempo. Tuttavia, rispetto ad altri big man caduti ben presto nel dimenticatoio, Rusev vanta uno stile di lotta originale e, ribadisco per l’ennesima volta, un’agilità fuori dal comune per un lottatore di quelle proporzioni fisiche la quale potrebbe permettergli di riscuotere consensi presso la dirigenza e, soprattutto, fra gli appassionati il che, al termine della parentesi da “minaccia sovietica” (inevitabilmente destinata a concludersi, prima o poi), potrebbe permettergli di restare a lungo in WWE e, perché no, magari di reinventarsi in un altro personaggio.

D’altronde, negli ultimi anni abbiamo assistito a frequenti repackage (Husky Harris/Bray Wyatt, Micheal McGillicutty/Curtis Axel, Johnny Curtis/Fandango) con cui i booker hanno rivitalizzato, seppur con risultati alterni, le carriere di lottatori altrimenti destinati a scomparire, e lo stesso potrebbe accadere con Alexander Rusev il quale, per adesso, rimane impegnato nella propria “invasione”, guidato dalla bellissima Lana; il tutto, peraltro, in un clima di relazioni politiche particolarmente tese fra Stati Uniti e Russia in cui, a tratti, sembra di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda

Perciò, in attesa di vedere come procede la missione di Rusev e Lana, per il momento non mi resta che dirvi…Dasvidania!

Cercatore di notizie nonché, occasionalmente, editorialista, reporter e co-fondatore e co-curatore della rubrica "La Theme Song del giorno". Appassionato di wrestling di lunga data che odia l'ipocrisia e l'apriorismo sterile. Il suo compito è portare avanti l'opera di salvezza intellettuale avviata da Damien Sandow, ora noto come Aron Rex, a costo di passare per grammar nazi. Segue, in un'ottica dialettico-inclusiva, tante federazioni, dalla WWE alla PWG, passando per TNA, ROH, NJPW, NOAH e Lucha Underground. Il Nexus, Christian, CM Punk, Daniel Bryan, Seth Rollins, Bray Wyatt, Undertaker, The Brian Kendrick e, ovviamente, Damien Sandow, ora noto come Aron Rex, sono tra i suoi lottatori preferiti, senza dimenticare AJ Styles, Chris Hero, "Broken" Matt Hardy, il Bullet Club, i War Machine, Pentagon Jr, Minoru Suzuki, Satoshi Kojima, Tomohiro Ishii e Togi Makabe.