Questa domenica ritorna in auge il Punjabi Prison match, ovvero la più particolare stipulazione portata in dote dalla WWE nella sua storia e, visti i risultati, anche la più brutta. Si tratta di un ring circondato da due gabbie: la prima ricalca la forma dello Steel Cage, alta circa cinque metri; la seconda è più larga, molto più alta (6 metri) e ricalca, con la sua forma ottagonale, la struttura dell’Hell in a Cell senza però il tetto. La particolarità è che il materiale non è d’acciaio ma composto da canne di bambù rinforzate, con al suo interno un lunga serie di oggetti contundenti che i wrestler impegnati sul ring possono afferrare ed utilizzare.

Questo match prevede il più classico dei finali escape: vince chi esce per primo dalle due serie di gabbie. Al suo interno non ci sono regole, gli oggetti succitati possono essere utilizzati senza che scatti la squalifica. Particolare il sistema di fuga: se dalla seconda gabbia si può uscire semplicemente scalandola, la prima prevede quattro porte di dimensioni ridotte che possono essere aperte una volta sola da un arbitro su richiesta di uno dei due wrestler rimanendo a disposizione per un minuto prima di esser chiusa definitivamente con un lucchetto. Se cpita che tutte e quattro le porte siano aperte e gli atleti non riescano ad uscirvi, l’unico modo è anche qui quello di scalare. L’idea del match, secondo quanto riferito dall’ex wrestler WWE Daivari, pare sia stata di Pat Patterson, incalzato da Vince McMahon a trovare un nuovo incontro di grande peso da presentare al pubblico. Nonostante le buone intenzioni, l’idea non è stata un successo.

Pensato per dare sfogo alle velleità non eccelse di The Great Khalì, curiosamente non lo ha avuto come protagonista del primo match basato su questa stipulazione. Infatti a salire sul ring in quel di The American Bash del 2006 furono The Undertaker e Big Show, quest’ultimo sostituto di Khalì. Il wrestler indiano venne fermato a causa di condizioni fisiche non eccelse e per una violazione del wellness program dichiarata poi in seguito. Così i due giganti misero in scena un match raffazzonato, lento e a tratti difficoltoso. Al secondo tentativo (No Mercy 2007) non andò meglio nonostante la comparsa di oggetti contundenti presenti all’interno della seconda gabbia. Batista e Khalì la buttarono sull’hardcore col finale sospeso dove il primo riuscì a saltare prima del suo avversario e quindi toccare terra al momento opportuno.

Il riscatto potrebbe avvenire questa domenica a Battleground. Un Punjabi Prison presentato dieci anni dopo, con una struttura costosa e pesante, che la WWE ha comprato (le precedenti erano state costruite per l’occasione e prese a noleggio) e quindi potrà essere riproposta spesso negli anni a venire. Due atleti più atletici sul ring, uno (Randy Orton) abituato ad avere a che fare con gabbie di alta statura, sangue e colpi proibiti. Jinder Mahal si avvicina al primo grande evento della sua carriera, unitamente alla detenzione del titolo mondiale. Non un gran feud quello dei due, ma sicuramente in linea con le cose buone prodotte da Smackdown. Risultato in bilico, eppure c’è nell’aria la possibilità che l’indiano prosegua nel suo incedere, dotandosi di un regno lungo e convincente. I Bollywood boys gli stanno dando la mano d’aiuto necessaria, Jinder sta facendo tutto da solo dimostrando di non essere solo una meteora ma di avere le caratteristiche giuste per funzionare. Domenica vedremo se questa stipulazione li aiuterà o se sarà il solito flop: l’attesa comunque, rimane molto alta tra le gabbie dalle quali uscirà un solo vincitore.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.