I titoli secondari sono un gorgo che risucchia, alla fine, tutte le mediocrità di chi fa fatica a reggere il main event. Sheamus, mio caro Sheamus, sei ormai ingrigito come l’immagine “instagrammata” qua sopra. Non continuate a leggere, ve lo consiglio, se vi piace Sheamus, interrompete qui e distraetevi con le notizie a destra.

Il titolo degli Stati Uniti è ormai insipido, senza gusto, le faide che lo tengono in vita potrebbero tranquillamente vivere senza la cintura, della gloriosa WCW, in palio, messa lì a violentare la memoria di Ric Flair, Sting, Magnum T.A. e Ricky Steamboat. Per Cesaro, lanciatissimo, sta diventando un passatempo in vista di traguardi più importanti; a Payback, a mio avviso, si tocca uno dei punti più tristi per i titoli secondari.
Attenzione, non per il match in sé, c’è stato di peggio in passato, ma per la mia personale convinzione che la WWE stia iniziando inesorabilmente lo smantellamento dei titoli secondari; come già visto per la categoria di coppia, ridotta a cosa? Vuoto.
 
Siamo nell’era delle stable e le luci dei riflettori se le prendono i Wyatt, lo Shield, l'Evolution, con tanti saluti a quella visione organizzativa di uno show, che ha fatto appassionare milioni di persone nel mondo. Sicuramente sbaglio, non ho la presunzione di vedere nel futuro, ma percepisco nel povero Sheamus il simbolo di questo lieve decadimento. 
Non è in discussione la buona capacità di fare bei match, farsi acclamare dal pubblico, provare a dire due paroline due al microfono, magari imboccato da qualche intervistatore, metto sul tavolo della discussione il carisma. Che, fidatemi, non centra nulla con quello che vediamo in tv, ma che direttamente lo influenza.
 
Un lottatore pluricampione mondiale che retrocede, che si fa superare in continuazione, che diventa il perfetto numero 12, passatemi il paragone calcistico, è ormai una presenza sostituibile nei quadri. CM Punk saluta tutti? Abbiamo bisogno di un face dietro ai top name: Sheamus! E potrei continuare con decine di citazioni simili. Aziendalista sarebbe un aggettivo anche troppo lusinghiero; chi, in WWE, ha visto un campione tanti anni fa, ora vede ben altro. Incontestabile.
E’ un lottatore utile per andare a fare promozione in Europa, ha sicuramente tanti pregi e sono pienamente convinto che si meriti ogni centesimo che guadagna alla fine del mese, ma mi viene da sorridere ogni volta che lo vedo lanciato ciclicamente verso lo stesso burrone. 
 
Un Wile E. Coyote che inanella un fallimento dietro l’altro; ma siccome, nel profondo, so che in WWE non sono totalmente degli inetti, semplicemente è quello di cui c’è bisogno e soprattutto vedono in lui il migliore per questo ruole. Una cintura grigia, indossata da una superstar grigia, che lentamente mi ha tolto la capacità di riconoscere gli stimoli luminosi che fino a qualche anno fa abbondavano.  Rileggo le card dei pay per view d’inizio anni ’00 e tiro un sospiro di rassegnazione, addio, vado ad abbronzarmi.