Eccovi, ben ritrovati ad una nuova edizione dell’Uppercut. Questa volta si parla dello show della NAW grazie al nostro reporter Juxhin Deliu. Buona lettura!

La MAW (acronimo di Maximum Aggression Wrestling) è un progetto partito per volontà di Brutus e David Graves, due capisaldi del genere hardcore italiano, con l’intenzione di promuovere “cattiveria”, ovvero un prodotto estremo e d’impatto che non debba andare contro al pubblico generalista che la scena italiana cerca spesso di avvicinare con modi risibili: da qui appunto il divieto di entrata per i minori di quattordici anni (seppur non rispettato da un nucleo famigliare presente all’evento). L’evento si è tenuto il 17 settembre nella solita e bucolica (anche troppo) Almenno San Bartolomeo, più precisamente nella consueta “La Quarenga” Fitness Club, posto ormai consacrato per gli appassionati che vi si recano. Una particolarità della MAW è quella di lasciare una certa carta bianca sulle regole (assenza di squalifiche e count out quando non è specificato), anche se uno degli incontri (il gauntlet per il titolo Insurrection) si focalizza su un approccio più purista. Rispetto ai più spogli eventi ASCA e Sun, la MAW si è dotata di un’entrata con apposito sipario, un maxi-logo affisso sul muro e ha giustamente coperto le vetrate per non far trasparire ciò che accade dietro le quinte. Posso dire sia una presentazione esemplare e dalla quale prendere spunto (anche per via dell’audio più chiaro e altisonante rispetto alla media). Brutus apre l’evento in orario, dando il benvenuto al discreto e già attivo pubblico, ringraziando tutti e augurando di divertirsi.

Il match di apertura vede sfidarsi la Macchina da Lotta olandese e cintura nera di judo Kenzo Richards e il “Profeta” JT9, lo scavezzacollo della BWT. Opener elettrizzante, Kenzo domina nettamente l’avversario con la sua maggiore fisicità e l’approccio senza scrupoli, piantando le sue funeste chop e atterrando lo sfidante in ogni modo. JT9 cerca una ripresa ma Richards la interrompe bruscamente con una spiazzante Gorilla Press Slam che scaravaenta il Profeta fuori dal ring. Lo sventurato si riprende a fatica e rientrato nel ring, fa leva sulla sua agilità per potersi aprire uno spiraglio. Kenzo purtroppo riesce comunque a centrarlo con le sue chop che rimbombano nell’arena e dopo aver colpito pure le articolazioni, termina l’incontro con la sua Piledriver devastante. JT9 se ne esce sconfitto e piegato ma grato per il supporto del pubblico e sempre con la sua grande energia e motivazione. Uno squash, o meglio, incontro unilaterale coi fiocchi, con una grande psicologia basata sulla superiorità di Richards e le fragili speranze di JT9 che sembrano schiantarsi contro un muro di colpi letali, ricalcando l’impronta nipponica tipici di questi confronti tra il giovane “vergine” e il veterano consumato.

Il secondo incontro vede fronteggiarsi il duo dei cowboy composto dall’inedito abbinamento tra il Campione Italiano Charlie Kid e la supernova FCW Steve McKee, accompagnati dalla compagna di quest’ultimo, la cavallerizza Helena, e i Sovrani delle Bestie, Red Scorpion e il suo titanico pupillo Lion. Le due bestie impongono da subito un assalto selvaggio sul duo dei domatori (anche troppo fisico, con Leon che sanguina per un lock-up in cui s’è beccato un’unghia nella palpebra), con Scorpion che sfrutta la forza e imponenza del suo allievo per isolare il minuto McKee e imporre una sentita dominanza. Steve però resiste con i denti e con le unghie, uscendo dalle grinfie di Leon e dando l’hot tag al Manzo italiano, il quale ribalta la situazione con la sua fisicità e intensità, travolgendo gli avversari con un’esemplare Double Spear tra le cose. Scorpion e Charlie cominciano a risseggiare finendo fuori dal ring, e quindi McKee e Leon vengono lasciati da soli, col primo che sembra versare in una profonda crisi, sino all’arrivo inaspettato di Doblone (ex-compagno di Charlie nel tag team de “I Ricercati”) che spruzza del rum negli occhi di Leon, lo mette KO con la Jolly Roger DDT, dando a Steve l’occasione di chiudere la contesa con la sua Unprettier di McKee. A fine match Charlie ed Helena salgono sul ring per festeggiare la vittoria, con Doblone che regala a Steve una t-shirt dei Ricercati. Tag team dalla storia netta (i due heel che cercano di isolare e schiacciare il face più sfavorito per poi subire il comeback pesante del suo compagno), un rendimento di livello e dalla sorpresa di Doblone che seppur overbooking ha saputo essere azzeccata nel contesto e divertente.

Il terzo match doveva essere tra Kyo Kazama e Paziente Zero, col primo che però aveva comunicato la sua assenza per problemi personali il giorno prima. Risuona però la sigla del noto anime de “L’Uomo Tigre” e spunta nientepopodimeno che Great V (con tanto di maglietta di Capitan America). Altrettanto coinvolgente è l’entrata di Paziente Zero, accompagnato dalla sua femme fatale Insanity mentre siede su un carrello pieno di oggetti contundenti e sbava in preda al Delirio. L’incontro parte tra la sorpresa generale, con Great V che seppur incitato dal pubblico e mostrando maggior tecnica e atletismo, non riesce a reggere l’assalto del pazzo opponente, fuggendo verso lo stage… quando all’improvviso parte “I 400 calci” (la theme degli Spaghetti Strong Style) e sopraggiunge la compagna di Kyo Kazama, che smaschera Great V rivelando il disprezzato membro dell’Arcadia. Nel tipico stile di booking ECW che ha caratterizzato la rivalità tra Raven e Tommy Dreamer, le cose cambiano a metà incontro e parte l’anarchia, che vede una catfight tra le manager femminili da una parte e dall’altra Kyo sferrare calci e colpi a iosa al Paziente, sino a quando termina l’incontro con una repentina Rainmaker. All’inizio questo match doveva vedere Kazama contro l’iconico Black Ice in quella che poteva essere una gran chicca, purtroppo l’assenza di quest’ultimo ne ha stravolto i piani. Si sono visti perciò i limiti dovuti all’inesperienza e una certa impreparazione da parte di Paziente Zero, il quale però ha perlomeno mostrato una gran interpretazione ed è stato costantemente coperto da Kyo e dall’overbooking che ha anche sin troppo oscurato i due e spezzato ogni speranza di rialzare le redini di un incontro sul filo del fiasco e con un netto divario colmato a fatica.

Segue il tanto aspettato debutto del pornodivo Mr. Xhamster (azzeccata la scelta di “Mr. Boombastic” di Shaggy come theme song), accompagnato da una conturbante valletta dalla chioma rossa. Costei comincia a svestire Mr. XHamster togliendogli la testa da criceto e la maschera da Conquistador (nome dei luchador che tenevano un simile artefatto), rivelandosi a tutti come Horus l’Assoluto. La valletta comincia uno spogliarello (mossa assai gradita dal pubblico) però spunta un indignato Mambo Italiano che non solo fa interrompere la sua musica, ma si lancia contro il licenzioso avversario affermando che lui è la figura d’intrattenimento per eccellenza e il vero latin lover italiano, tra la derisione e le proteste di un pubblico risentito. L’integerrimo arbitro Malpensa sancisce però l’incontro, il quale si rivela essere veloce e godibile, grazie alle manovre spettacoli e l’agilità di Mambo e le nuove impudiche trademark di Horus, il quale spesso usa il suo “arnese” come arma e termina la contesa con una Deadlift Wheelbarrow Facebuster rinominato “69” per l’occasione comica a sfondo erotico. A fine match, per la gioia di tutti escluso la summentovata famiglia la rossa valletta si spoglia (fermandosi purtroppo al topless) e oltre a Mr. Xhamster si aggiungono pure il sempre “retto” (più delle altre volte in quest’occasione) Malpensa e Mambo che in una scena dal gran tempo comico, chiede in maniera spedita una sedia dal pubblico per godersi lo spettacolo

Il “Fallout” tra Brutus e Graves si rivela essere un Last Man Standing con la particolarità che ogni angolo ospitava uno stendino con appesi oggetti contundenti (in uno manette, una rotella tagliapizza, dei coltelli, in un altro filo spinato, sugli altri due barre al neon e una tavola chiodata. L’incontro, seppur non abbia visto usare tutti quello che era disponibile, è stato comunque un dignitoso tentativo di ultraviolence, con spot pericolosi legati all’uso del filo spinato e la tavola chiodata, un equilibrio e tensione sentita sino allo spot finale (ripetuto dopo quello che è sembrato un apparente errore di coordinazione) che vede Brutus legare con una catena al collo Graves e tentare di impiccarlo sino alla spinta di quest’ultimo che lo fa volare su un tavolo fuori dal ring. Ormai sfiancato e sanguinante, Brutus non riesce a rialzarsi per il conto di dieci e viene dichiarato KO. Sconfitto, umiliato ma non del tutto annientato, in una scena dal forte effetto rifiuta l’aiuto di alcuni volontari per camminare e striscia sino all’entrata, mentre sfoggia uno sguardo quasi come fosse posseduto.

Dopo questo incontro di cartello segue la tanto attesa pausa, durante la quale ci si rifocilla e faccio la conoscenza di Kenzo Richards, fresco di un’esibizione esemplare in quello che a mia detta è stato sino a quel momento l’incontro della serata.

Si riprende dopo la sostanziosa interruzione col gauntlet per il titolo Insurrection, e purtroppo è annunciata da subito l’assenza di Josh Bodom, peccato. Si parte con Aaron Cage ed Extreme Panther, il quale risulta essere molto breve seppur conciato, al termine del quale il Felino Guerriero termina l’opponente con una Emerald Flowsion. È la volta di Domenico Dinamite, e Panther furbamente si copre col gilet borchiato eseguendo una spallata in corsa verso la gamba del malcapitato giovane. Dinamite sella che è una meraviglia e continua a stringere i denti, impensierendo a momenti la temibile Pantera, venendo però anche lui intercettato e finito dalla stessa pesante finisher di misawana memoria. Subentra il neo-acquisto e rinato Marcio Silva, venuto allo scoperto in tutti i sensi nei recenti mesi, il quale sorprende Panther con un roll-up quasi subito e lo schiena dal nulla. Questo pone l’occasione per veder fronteggiarsi due freschi contendenti al titolo (tattica di booking azzeccata, siccome la stipulazione non aiuta molto in questi casi), ovvero The Greatest (che per l’occasione sfoggiava un attire alla “Hollywood” Hogan e un’attitudine meno rispettosa) e un Marcio Silva più sbruffone e vanesio. I due danno vita ad uno spotfest pregno di incertezza e rischio, con lo spilungone Silva che mette due monumentali Diving Elbow e Springboard Moonsault e TG che reagisce con una German Suplex a riprova della sua nota resilienza e forza fisica e un Lionsault di protocollo che conferma l’attuale campione God of Sun detentore del titolo Insurrection. Gran confronto dalle molteplici sfacettature e risvolti, in particolare per la nuova natura dominatrice di Panther, il cuore di Dinamite e la storia di un Silva che dal suo approdo in FCW è un altro ed è ormai alle calcagna del suo decano, TG, nonostante questo sia uscito vincitore dopo un’ardua impresa.

È arrivato il momento dell’Almenno Street Fight. Fanno il loro ingresso per primi gli odiati Roman Dynasty (Willy G e Dave Blasco) i quali cominciano da subito a controbattere insulto per insulto al pubblico (costante che verrà protratta sino al finale) e seguono degli HeadHunters (Entertrainer e Kronos) bardati come in un’autentica rissa da strada con maglietta dedicata a Milano e intenzioni comiche lasciate appunte al Duomo per quella sera. Subito si formano gli abbinamenti tra i due sbruffoni (ET e Willy G) e i pezzi grossi (Blasco e Kronos) delle rispettive fazioni. La rissa procede con un ritmo cadenzato sino a spostarsi nell’area rinfresco con scene esilaranti quali Kronos che prende a “pizze” in faccia Blasco, Entertrainer che mastica della focaccia per poi sputarla in faccia a Willy G e botte tra gli snack. I due odiati romani si riassestano e riescono a isolare il gigante degli HeadHunters, avendo la meglio sull’isolato ET che viene addirittura colpito con un libro della storia di Milano e insultato dai due figli della Lupa (il quale lo hanno pure ribadito con astio agli sfottò ce li volevano laziali), ma quando Kronos si riprende la musica cambia e i due vengono sopraffatti dalla furia del titano, che aiuta il compagno a chiudere il match in un doppio pin riuscito nonostante la frettolosità del tutto, con Entertrainer che schiena Willy G dopo un Superkick e Kronos che pinna Dave Blasco dopo una devastante Chokebomb. Rissone divertente e sguaiato con un gran rispetto dei ruoli ed evidenziato dalla gran interazione dei coatti con il pubblico inviperito (io stesso sono rimasto a metà tra l’offeso e il collassato dalle risate per un “me sembri Franchini!” da parte del sempre ruspante Blasco).

Il penultimo match della lunga serata vede affrontarsi il facoltoso ma arrogante rampollo dell’omonima famiglia, Fabio Ferrari (chiamato dal pubblico “Lamborghini) e il figlio illeggittimo olandese di Jimmy Snuka e Tarzan, l’energico Bernard Vandamme che da subito parte come favorito dal pubblico. Ferrari si trova letteralmente smutandato dallo stile dinamico del disprezzato e a sua detta “sporco e incivilizzato” Selvaggio, lottando anche per un po’ con le mutande abbassate, ritrovandosi ad alternare mosse da manuale a scorrettezze altrettanto tali. L’alter ego di un Red Devil folgorato dalla luce dell’avvocato Agnelli mette a segno un roll-up con pin scorretto (le tradizionali gambe sulle corde) non visto dall’arbitro, per la gioia di tutti i cool heel storici, per altro dopo aver implorato pietà come un Ric Flair qualsiasi. Incontro passabile da “gimmick era” senza infamia né lode ma molto utile a sciogliere la tensione per il main event e offrire uno spettacolo dalla ricezione più facile.

E si arriva al main event della serata, il Falls Count Anywhere Fan brings the Weapon tra due pilastri hardcore inglesi, Clint Margera e James Castle. Nonostante non abbiano usato qualsiasi archibugio e artefatto proposto dai fan (da tavole con lattine tagliate a metà a mazze con puntine sino a due scarpe da ginnastica taglia 44) e sia stato meno sanguinario del Fallout, i due ci hanno dato con tanta cattiveria senza mai indietreggiare. Dopo un quarto d’ora scarso, Castle guadagna la vittoria con una Lifting Sideslam su Margera eseguita sulle puntine, confermandosi campione Assoluto della MAW. Si presenta subito Kenzo Richards che sfida il Punk in un incontro titolato per il prossimo evento della sigla hardcore, e Castle accetta.

Serata assai lunga (con 9 match così diversificati non si poteva aspettare altro) e tutto sommato divertente nonostante non si sia proverbialmente calcato la mano in merito al contesto della federazione, con un opener elettrizzante che è stato l’incontro della serata e una sequela di incontri tutti a loro modo interessanti e ognuno con qualcosa da portare sul tavolo seppur tra alti e bassi, sempre però mantenendo una certa soddisfacente costanza. Ci sono state occasioni caratterizzate da una forte tensione così come spazi più leggeri e non propriamente prestati al pro wrestling, con un overbooking che ricalca quello di una federazione estrema senza regole che può far storcere il naso come essere ben piazzato. Inizio incoraggiante dunque per la MAW che ha saputo tener fede al proprio motto e per una sera promuovere qualcosa di diverso dall’atmosfera infantile o diametralmente seriosa o rischiosa degli eventi italiani, con un pubblico ricettivo e coinvolto dall’inizio alla fine.