La TNA continua a dire in giro di voler essere l'alternativa alla WWE e quindi rilancia la sfida. Lo fa stando in un network di nicchia che lo scorso mercoledì ha raggiunto il suo massimo proprio con Impact (poco più di 360 mila spettatori al fronte dei 4 milioni e passa di Stamford). Lo fa puntando su storie scritte e riscritte con la vaga consapevolezza di non conoscere via d'uscita.

Avete ragione voi: dopo una sola puntata non si può sparare a zero sulla TNA. Specie con match buoni ed interessanti. Inoltre non si può pretendere che cambiassero completamente il prodotto, sarebbe stato come rinnegarsi, sputare sulla propria immagine di promotion moribonda con poche idee e per giunta sbagliate. E siccome quel che è successo nel finale di puntata è apparso controverso, molti ci han infilato dentro Vince Russo perché se avviene una "cagata" (passatemi il termine) è colpa sua, disconoscendo le tante "cagate" (passatemi ancora il termine) fatte da questo booking team negli scorsi anni – con Russo a casa a farsi beatamente gli affari suoi.

Il nesso è: la TNA non è una promotion che ama farsi rivedere. Non so quanto totalizzerà stanotte, ma con tutto quel ben di Dio nel roster, gli apparecchi auditel americani che monitorano Destination America si sarebbero dovuti autoesplodere per manifesta incapacità di contenere tutto quel pubblico. Il dato in sé è altissimo per lo standard del network ma è irrisorio davanti all'auspicio della Carter di dare una svolta al prodotto. Svolta che non vi è stata con un finale molto WWE che ha bruciato quanto proposto per quasi due ore. Quello di cui aveva bisogno la TNA mercoledì scorso era avere un finale di match chiaro, senza interferenze, pulito: sarebbe valso vedere la promotion con occhi diversi. Poi poteva arriva arrivare il clan di MVP con i nuovi scagnozzi e il turn, scontato, di Eric Young. Avrebbero chiuso con tante domande e una certezza: un campione certo di esserlo perché nessuno l'ha aiutato.

Che alternativa vuole rappresentare la TNA oggi? Non siamo più negli anni '90 quando Paul Heyman scovava Rey Misterio, Eddie Guerrero, Taz o Rob Van Dam. Le vere alternative le aveva: la X Division, la Knockout Division, gli atleti giovani provenienti dal Canada, dal Messico, dal Giappone, AJ Styles figliol prodigo e Chris Harris, e James Storm, e Bobby Roode, e Monty Brown….. oggi la TNA non offrire alcuna alternativa vincente: la WWE ha puntato su NXT negandogli un corposo bacino d'utenza, la AAA e la NJPW sono sbarcate in America con i loro prodotti, la ROH continua a rimanere una spanna sopra con continui sold out negli house show che la TNA ancora si sogna – sebbene abbia nel roster personaggi conosciuti come Angle, gli Hardy, MVP e tutti i vari original.

E siccome non ci facciamo mancare nulla, la TNA inizia al mercoledì e finisce poi al venerdì. Immagino che il dirigente capace di firmare e concedere questo spostamento sia un genio: il pubblico così si dovrà riabituare ad un nuovo slot dove peraltro la concorrenza è molto forte e pure la WWE ha dovuto spostare Smackdown pure avendo gli ascolti assicurati. Una mossa che fa il paio con quella del 2010 quando nel giro di un mese la TNA passò dal giovedì al lunedì  e viceversa, e dal registrato al live, e viceversa. Queste scelte non fanno altro che disorientare il pubblico e convincerlo a cercarsi qualcos'altro da vedere, siano esse la ROH, la GFW/NJPW o la WWE stessa.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.