Domenica scorsa abbiamo ricevuto l’ufficialitá di un ulteriore nome per la Hall of Fame 2018 Class: oltre a Goldberg, The Dudley Boyz, Ivory, Jeff Jarrett, Hillbilly Jim, Kid Rock ed il Warrior Award recipient Jarrius “JJ” Robertson, avremo anche il piacere di poter assistere all’introduzione di Mark Henry nell’arca della gloria.

 

Chi segue il podcast (ed a chi non lo segue chiedo: “perché non segui il podcast?”) saprá che Mark Henry è da tempo immemore uno dei miei wrestler preferiti. L’occasione sembrerebbe piuttosto propizia per spiegarvi il perché. Mi pare ovvio che guardare il match di un Daniel Bryan, piuttosto che di un Ricochet, piuttosto che di un AJ Styles, piuttosto che di un Kurt Angle sia maggiormente appetibile rispetto ad un incontro di Kane, Mark Henry, Big Show o Braun Strowman. E’ ovvio, fisiologico, normale per qualsiasi essere sensiente.

Così come è altrettanto ovvio che, nell’ultimo quindicennio, si è assistito ad una graduale inversione di rotta: la stazza del Campione, un tempo requisito essenziale per essere minimamente di successo, è divenuta sempre meno un problema ed anzi, essere un big man oggi e riuscire ad andare over con il pubblico in modo genuino, come sta avvenendo con Braun Strowman, è impresa sempre più complessa. La maturazione come performer di Henry, forse, è arrivata più tardi del previsto, e forse proprio per questo ha raccolto leggermente meno rispetto a quanto avrebbe, almeno secondo me, meritato. Non vi annoierò troppo con una sua biografia, tuttavia un breve excursus delle tappe maggiormente significative potrebbe essere utile per capire il percorso di questo interessantissimo personaggio.

Notato dalla WWF nel lontano 1996, dopo le Olimpiadi di Atlanta avviene qualcosa senza precedenti: gli viene offerto un contratto decennale per la principesca cifra di 10 milioni di dollari…non propriamente noccioline, per un considerevole periodo di tempo: ciò ci fa capire quanto la WWF credesse in lui, sin da subito. Qui dobbiamo essere intellettualmente onesti: forse all’inizio della sua carriera l’investimento sembrava essere decisamente esagerato, sia in termini di durata che di esborso economico.

Dopo un esordio contro Jerry Lawler, Mark torna nel territorio di sviluppo, per poi rifare capolino nel 1998, nella Nation of Domination, come enforcer prima di Farooq e poi di The Rock. Dopo lo split della stable e dopo qualche tentativo di tag team, in piena era attitude Mark Henry diviene “Sexual Chocolate”. Il personaggio dell’omone di colore ninfomane, come spesso accade, è stato rivalutato dalla storia e soprattutto in parte idealizzato da chi quell’epoca la vissuta solo tramite riverberi mediatici: si, la storia di Mae Young POTREBBE essere anche divertente, ma l’ammissione di avere una dipendenza sessuale e di aver avuto il suo primo rapporto con la sorella…beh, quello era effettivamente di cattivo gusto. Come molte, anzi moltissime cose durante l’attitude era, ricordata come l’epoca di Pericle in modo forse troppo generoso.

Dal 2000 al 2004 Mark Henry vivacchia tra faide irrilevanti (anche a sfondo razziale, con Teddy Long come manager), territorio di sviluppo, competizioni da strongman ed un lungo infortunio di quasi un anno. Il primo di 4 momenti cruciali, tuttavia, sarebbe avvenuto di li a breve.

Tra l’incredulitá del pubblico, Mark Henry fa il suo ritorno a SD aiutando gli MNM a vincere i Titoli di Coppia contro Batista (Campione all’epoca, reduce da uno degli anni migliori della sua carriera) e Rey Mysterio, schiantando il Campione contro la gabbia d’acciaio in un memorabile spot. Complice l’infortunio dello stesso Batista, Henry diviene uno dei due “papabili” per l’assegnazione del Titolo, che sarebbe stato deciso con un a rissa reale: la WWE decide invece di affidarsi a Kurt Angle (ell’epoca performer di RAW, passato a Smackdown per l’occasione) nonostante la volonta´di molti dei booker (Alex Greenfield su tutti) di procedere con l’afroamericano.

Dopo molte occasioni perse, e dopo essere stato demolito a WM22 da Undertaker in un Casket Match, a Mark aspetta un nuovo reset in ECW…tuttavia il performer è chiaramente pronto, maturato, sicuro dei propri mezzi e del proprio character: un mostro distruttore, l’uomo più forte del mondo, un gorilla aggressivo e spietato. Ecco avvenire il secondo evento maggiormente significativo della sua carriera: in un Triple Threat contro Big Show e Kane vince il suo primo alloro Mondiale (la vittoria del Titolo Europeo non merita particolare attenzione), seppure in uno show minore come quello ECW made in WWE. La felicitá sul volto di questo omone di 200 kg non la dimenticheró mai: lacrime di gioia, felicitá pura…il regno di Henry con Atlas come manager, se possibile, è riuscito a dare a quella cinturaccia un’importanza mai avuta prima.

Dopo un’ulteriore parentesi nel midcard in coppia con MVP (World’s Strongest tag team), Henry viene draftato da RAW a SD compiendo un turn heel che costituirá il terzo evento più importante della sua carriera. Dopo una faida con Big Show, Mark Henry ufficialmente crea la sua personalissima “Hall of Pain”, un luogo metafisico dove tutte le sue vittime vengono collezionate come trofei fatti di ossa e lividi: poco dopo sconfigge Orton, laureandosi per la prima volta Campione dei Pesi Massimi. Un alloro meritato, agognato, e per lunghe fasi della sua carriera decisamente improbabile.

Perso il Titolo, Henry è costretto ad un ulteriore lungo infortunio che lo terrá lontano ben 9 mesi dalle scene. Torna in tempo per una rivedibile faida contro Ryback, per poi tirar fuori un capolavoro, che costituirá il quarto momento cruciale della sua carriera. Quattro mesi dopo, via twitter Henry annuncia il suo ritiro dalle scene. Il Campione WWE John Cena è sul quadrato e Mark, con fare sornione e di salmone giacca ammantato, si avvia verso il ring, chiedendo all’icona di restare con lui. Henry si commuove e fa commuovere, versa virili lagrime di commiato, ringrazia la famiglia per essergli stato sempre accanto nonostante tutto…saluta la figlia “ciao baby, sto tornando a casa!” e si professa un orgoglioso abitante di una piccola cittadina del Texas, Silsbee. Va per abbracciare Cena ancora con le guance umide e…BOOM, World’s Strongest Slam, “do you think is that easy?” ed ecco l’avvio all’ultima faida veramente importante della sua carriera. Un promo esaltante, eseguito in modo a dir poco magistrale, capace di far capire il livello di maturazione assoluta di questo sin troppo deprezzato performer. Una performance da Hall Of Famer.

Facile attaccarlo sulla sua workrate, specialmente considerando il fatto che Mark è colpevole di aver fatto disputare a Kurt Angle un match sotto la sufficienza. Eppure mi vengono in mente gli scontri con Daniel Bryan, i Tag Team Match, ed in particolare un match contro Big Show (quando il ring collasso´a seguito di un superplex) assolutamente notevoli per intensitá ed esecuzione. Certo non parliamo di HBK o di Bret Hart, tuttavia non gli é mai stato richiesto di essere un worker di quel genere.

Mark Henry è stato un big man credibile, dotato di power moves ad effetto, lento ma non eccessivamente macchinoso, in special modo durante la fase finale della sua carriera. Se fosse stato gestito alla Strowman, per intenderci, di certo avrebbe occupato il lato superiore della card senza eccessivi patemi: capace al microfono, dotato di una mimica assolutamente credibile, di un background da vero panzone forzuto e di un look ed una stazza assolutamente considerevoli. Il suo ingresso nella Hall of Fame pare essere sacrosanto, perché è riuscito ad avere successo nonostante la sua stazza e nonostante il colore della sua pelle, quando non era affatto così scontato.

E’un performer che si è reinventato più volte, riuscendo sul crepuscolo della sua lunga carriera a capire chi voleva essere e come fare ad esserlo, universalmente apprezzato dai suoi pari per carisma ed umanitá. Superare i propri (evidenti) limiti, trovare un personaggio, coltivarlo ed evolverlo: solo per questi meriti Mark merita la Hall of Fame, e questo nessuno potra´mai toglierglielo.

Ansioso di sentire la vostra!

…stay frosty.