In WWE ci stanno provando in tutti i modi a farlo piacere. Ci stanno provando direttamente e indirettamente, scegliendo occasioni che lo possano favorire e personaggi che lo possano “salvare”. Roman Reigns però non fa click. Non accende il tifo completo, non fa vendere biglietti o merchandising. È un modello da wrestler WWE ma non lo rispecchia appieno. Perché?

Partiamo dalle origini. Roman Reigns è un ragazzo che ha sempre lavorato sodo, che ha cercato di calarsi nella realtà WWE conscio che oltre al nome ci doveva essere di più. Un bene far parte di una delle dinastie più redditizie del wrestling, un bene essere associato a The Rock come un allievo che raccoglie il testimone dal maestro. Ha lavorato e sta lavorando come gli altri, più degli altri. Avere delle origini comporta che i tifosi si aspettino sempre di più, sempre di meglio. Comporta uscire ogni sera in una arena diversa, guardarsi attorno e partire all’attacco, seguendo passo dopo passo il proprio personaggio. Attorno non ci sono applausi convinti, ma fischi assordanti. Non c’è il proprio nome cantato, ma una serie di cori a sfavore. Solo una parte delle arene gioisce per le sue vittorie, per i suoi ingressi, per le sue azioni. Eppure ha tutto per sbancare il tavolo: un bel fisico, un buon personaggio, una mossa finale storicamente d’impatto, i favori della dirigenza e gli onori delle storyline. Non basta, non basta mai. Il pubblico ha cambiato pelle, cambiato volto e conoscenze: Afa The Wild Samoan lo rassomiglia al primo The Rock, ma quel Rocky Maivia ci ha messo un anno a cambiare il corso della propria carriera mentre Reigns sta vivacchiando da due anni in cerca di un appiglio a cui aggrapparsi.

La WWE non lo può sostituire. Non può girarlo heel. Non può mancare il grande e grosso che si sobbarca la federazione sulle spalle. Triple H ci sta lavorando, ma per quanto ci provi, i “suoi” campioni non hanno ancora segnato la meta: Rollins è un bravissimo inseguitore ma è anche stato un campione di carta. Non ha bisogno di una cintura per essere una star e ciò lo colloca alla destra del “wrestler tipo”; Kevin Owens sta lavorando benissimo con Jericho, ma il suo regno ha presto stufato e guardandoci indietro difficilmente riusciamo a trovare i temi che lo lasceranno in omaggio alle prossime generazioni; Sheamus non ha nemmeno lui il click giusto col pubblico pur avendo il fisico e le capacità; Dean Ambrose paga esattamente lo stesso identico problema di Rollins e quindi è da metter di lato; AJ Styles è stato “The Phenomenal” a Smackdown che, per quanto bello, nelle menti WWE rappresenta comunque un A- Show. E non è un caso che per rendere lo show blu di rilevanza A, gli abbiano succeduto John Cena e non, ponendo caso, Dolph Ziggler o The Miz o qualunque altra superstar.

Roman Reigns ha tutto. Su quel che non aveva, ci ha lavorato. Ora i suoi promo sono almeno decenti, segue a menadito le direttive del booking team, lotta come vogliono loro, quanti minuti vogliono loro, e si mantiene intatto nonostante gli sforzi fisici non indifferenti. Mentre gli altri purtroppo cadono, lui continua a correre. E più corre, più il pubblico lo fischia, più la WWE ci insiste. Il problema sta proprio qui: l’insistenza nel volerlo nelle posizioni di vantaggio. È lo stesso problema che gli fece vincere una Rumble e contemporaneamente fischiare da una arena intera, con The Rock incredulo. Ed è un problema che la stessa WWE gli ha creato, cieca nel voler puntare ogni anno sul cavallo sbagliato. Avrebbe dovuto vincere la Rumble 2014, e allora sarebbe potuto essere anche plurititolato, pluripremiato, nessuno avrebbe detto niente. Invece dopo l’infortunio hanno fatto capire dove sarebbero voluti andare a parare. Hanno bruciato le sue tappe e, assieme, hanno bruciato la stima che il pubblico aveva avuto nei suoi confronti ai tempi dello Shield. Come un Hogan o un Cena qualunque gli han fatto vincere quanto possibile, quanto desiderabile. Si è ritrovato col sedere in terra, riempito di fischi e insulti, come se fosse realmente colpa sua.

Merita questo trattamento? No. Merita di pagare colpe non proprie? No. Avrebbe bisogno di scendere di livello, di passare 8/9 mesi in storyline di medio livello. Da face o da heel non importa. Vi è la necessità di ricostruirlo, di rimodernarlo. Per The Rock venne scelta la soluzione Nation Of Domination, per lui potrebbe anche valere un turn o un approccio con personaggi di natura differente (New Day? The Club?). Ha bisogno di perdere, e a volte perdere male. Di soffrire come tutto il mondo soffre, di recuperare energie e risalire lentamente dopo aver rischiato di annegare. Di essere ridicolizzato in modo pulito da un atleta che secondo il modello WWE non dovrebbe mai batterlo: un Bobby Roode, uno Shinsuke Nakamura, un Samoa Joe. Un outsider che lo ridimensioni e gli dia una nuova posizione. Poi potrà tornare in alto, e lì il pubblico riprenderà ad applaudirlo, apprezzerà la sua purezza e il suo percorso di rinascita. Ha bisogno di una nuova possibilità, prima che venga scartato del tutto dall’universo che dovrebbe amarlo.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.