Quanto è bella la Florida. Quanto è bello il suo sole.

Quante belle ragazze passano per le strade, quanta gioventù, quanta spensieratezza. Come è bello accendere la TV praticamente ogni sera e vedere i tuoi figli che combattono, che fanno i lottatori. Proprio come te. Come è bello dimenticare le incomprensioni e gli anni lontani senza parlare. Quanto è bello avere un mondo di giovani nelle mani, ai quali insegnare tutto ciò che si sa. Come ci si deve muovere su un ring, come si deve parlare davanti ad un microfono, come ci si deve spaccare la schiena per arrivare.

Lui si chiamava Virgil Riley Runnels Jr, ma per tutti era Dusty Rhodes.

Ogni mattina si alzava dal suo letto, si vestiva, pensava che la vita era fantastica e andava a lavorare. Questo, senza nessun dubbio, era il periodo più bello della sua vita.  Aveva adorato nel corso degli anni, l'urlo dei fan che lo acclamavano. Aveva imparato più di nessun altro, che con l'appoggio della gente i sogni possono essere realizzati. I sogni, infatti, erano il fulcro della sua vita. Dusty Rhodes era un uomo rispettato dal mondo, per la sua voglia di fare, per la sua etica del lavoro, per l'amabilità con la quale si prestava al prossimo, sul ring e giù dallo stesso.

Decine di giovani, insieme a lui, avevano visto e rivisto i suoi successi, imparando, nel modo migliore, che il wrestling può essere tutto e niente. Per essere niente basta pochissimo, per essere tutto bisogna sforzarsi di capire che dentro di ognuno deve esplodere qualcosa. Quel qualcosa che lui aveva fatto esplodere sui ring di tutta America. Dalle lande texane nelle quali aveva cominciato ai ring importanti della National Wrestling Alliance. Insieme a Ric Flair, insieme ai Grahams, ad Abdullah the Butcher, agli pseudo russi ai quali si contrapponeva, perché lui era l'incarnazione del sogno americano. E poco importa se i suoi fan erano americani, cinesi, inglesi o italiani, Dusty Rhodes insegnava a sognare. Dusty Rhodes insegnava a tutti che chi vuole, può! Anche se non hai il fisico di Lex Luger, anche se non hai la condizione atletica di Bob Backlund. Anche se pesi qualcosa in più.

Se n'è andato in un modo strano. Una notte maledetta, come tutte le altre. Cadi nella tua casa perché le tue gambe tremano. Parte un rene. Peggiori, muori. Incredibile. Un uomo che aveva sconfitto l'ombra dell'inutilità per tutta la vita, dal ring alle scrivanie, adesso ha perso contro la più crudele delle casualità. Ma a lui non gli interessa. Ancora oggi, ancora adesso, non gli interessa. Lui continua a sputare positività, ad inebriare le arene, come quando con il volto coperto di sangue uscì dal match campione del mondo. C'era stato l'inferno in quella gabbia con Flair. C'era stato il paradiso fuori.

Una, cento, mille sere, servirono all' American Dream per salvare depressioni, incomprensioni, amarezze. Migliaia di persone hanno capito con lui, che se si guarda sempre avanti si può fare qualcosa di buono. Si, perché lui non si è riciclato, non è passato da lottatore a booker e da booker a trainer, lui ha sempre fatto il trascinatore. Ha sempre fatto il pastore di vite, cavalcando l'onda dell'imprevedibilità ha portato al successo decine di lottatori promettenti e non. Il suo lavoro è sempre stato lo stesso, ha semplicemente cambiato modo di esprimersi perché la natura e l'età sono imprescindibili. Non si è venduto per due lire in più, non ha parlato male di tutto e tutti per poi rimangiarsi il rospo.

The American Dream. The Hall of Famer. Talmente grande da finire con sole altre cinque persone, nelle quattro Hall of Fame più importanti del mondo del Pro Wrestling.Talmente rispettato da suscitare paura nell'incontrarlo e provare tenerezza nel conoscerlo. Talmente incredibile da salire sul ring a sessant' anni per un Texas Bullrope Match e mandare over un giovane, il figlio del suo amico Cowboy Bob Orton, con la solita positività. Con la speranza che qualcuno un giorno avrebbe fatto lo stesso per suo figlio Cody, un ragazzo che meritava e che stava muovendo i suoi primi passi. Perché lui era cosi, faceva ciò che riteneva giusto sperando che poi gli altri restituissero il favore, non si poneva problemi del caso, non gli importava avere prima di dare.

Avrà fatto sicuramente qualche sbaglio nella sua vita Dusty Rhodes, come tutti in questo mondo. Ma il bene che ha fatto a tante persone, prima ancora che a tanti wrestler, vale per lui una menzione ben più importante delle Hall of Fame, gli vale il nostro ricordo. Nessuno di noi può dimenticarlo. E' stato brutto. Bruttissimo leggere quella maledetta riga nella quale si scriveva della sua morte. Ha fatto terribilmente male. Male al cuore. Un cuore che stavolta però, non duole solo perché un idolo, un uomo, se ne va. Ma duole soprattutto perché dentro il nostro cuore, Dusty, compie l'ultimo passo. Ora e li, e nessuno mai, potrà spingerlo fuori.

Buonanotte Dusty, che tu possa riposare in pace, anche se ne dubito, perché dove ci sei tu la pace non c'è. Dove ci sei tu c'è sempre la vita, la geniale sregolatezza. C'è sempre un sorriso, come i milioni che ci hai regalato.

Non farci troppo male al cuore Dusty, dopo che avrai sistemato tutto, salutato i tuoi cari, e comincerai a ballare insieme a Sapphire. Li la ritroverai, e allora danzerete, perché tu sei un eroe per tutti noi, sei una stella enorme, gigantesca e splendente, ma rimani un "uomo comune" chiamato "sogno".

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.