Stephanie Mc Mahon è un personaggio discusso e criticato sin dai suoi primissimi stint in WWE, eppure in questa sua “seconda vita” on screen sembra aver messo una marcia in più. Sorprendente come un goal in tuffo di Van Persie, ecco a voi l’editoriale odierno.

Esiste un heel intramontabile, che nella logica atavica ma mai stantia del wrestling che vede contrapposto il buono e corretto eroe allo scorrettamente furbo heel ha sempre avuto un ruolo decisamente centrale. Un heel in grado di mutare gli equilibri, di diventare ingiustamente imbattibile, capace di mettere sulla strada del valente paladino ostacoli così alti dall’essere apparentemente insormontabili contro ogni ordine di giustizia presente nel mondo. Questo heel è l’autorità, The Authority appunto.

La gimmick del “Boss” è qualcosa di antico ma pur sempre efficace. Nell’epoca recente abbiamo visto Mr Mc Mahon, Eric Bishoff, Laurinaitis, William Regal (breve stint che amai profondamente), Stephanie e Triple H, Jarrett, Hogan, Dixie ed MVP, solo per citarne alcuni esempi, ad interpretare un ruolo diverso ma tutto sommato simile, ossia quello della fonte autoritaria che agisce d’imperio senza dover dare conto a nessuno. E c’è una ragione specifica per cui questo ruolo è e sarà sempre efficace nel mondo del wrestling.

Nell’atavica lotta tra il bene ed il male, nei film fantasy così come nelle storie antiche, il male è sempre più “agevolato”. Ed il wrestling non fa di certo eccezione: per essere un cattivo efficace, occorre che l’autorità sia asservita al male o identificata con lo stesso, in modo da rendersi più forte rispetto a valori puri come rettitudine o la giustizia. E Stephanie Mc Mahon è un’autorità maligna, a mio modo di vedere, davvero ben studiata.

Ciò che rende Steph particolarmente efficace ai miei occhi è una sorta di effetto alla “metateatro”, in cui il suo personaggio on screen è null’altro che una trasposizione estremizzata di quello dietro le quinte. Il suo modo di parlare è quello di un freddo dirigente d’azienda concentrato sull’utile ed addestrato a convincere, il suo finto e volutamente mal celato buonismo è a dir poco irritante ed il modo piuttosto subdolo in cui abusa del proprio potere funziona, a mio modo di vedere, alla perfezione. La critica che spesso viene mossa al suo personaggio è forse un’eccessiva “falsità” dei suoi promo…ebbene, io penso che questo suo essere artificiale anche nelle reazioni che dovrebbero essere spontanee come rabbia o soddisfazione sia un elemento studiato, e se così non dovesse essere il tutto contribuisce in ogni caso alla costruzione del suo sgraditissimo personaggio.

Ed il connubio con Triple H  funziona benissimo. L’essersi sposato con la figlia del Boss ha sempre attirato un heat forte e reale nei confronti del King of Kings: beh, affiancare la sua consorte come neo principe ereditario ha contribuito ulteriormente a rendere HHH un heel autoritario temibile, spietato ed approfittatore più di quanto già non fosse in precedenza…ed il successo dell’ascesa di Bryan ai massimi vertici della federazione è dovuto, in parte, grazie anche all’ottimo lavoro svolto dai due top heel, in particolare da Stephanie. I continui ostacoli messi sulla strada di Bryan, in modo reale (gestione di booking abbastanza rivedibile in molti casi) ed in storyline (tutta la Road to Wrestlemania) hanno contribuito a rendere lo stesso un babyface più forte dell’autorità che voleva tenerlo in disparte, che solo grazie all’appoggio del pubblico è riuscito a coronare il sogno della vita nonostante tutto e tutti. Bravissimo Bryan dunque, ma per ogni grande vittoria dei buoni c’è sempre un gran lavoro dei cattivi alla base: pensate alla vittoria del primo Titolo da parte di Batista ad esempio, il vero e proprio capolavoro firmato Triple H.

Mettiamo una cosa in chiaro: Stephanie non è Paul Heyman al microfono, ne possiamo neanche lontanamente paragonare i due per qualità specifiche da heel puro. Il punto è che non credo, tuttavia, che la distanza di capacità sia pari alla distanza tra la loro efficacia come “cattivi” di turno (angle di intossicazione alimentare permettendo): Stephanie non ha bisogno di essere brava come Heyman per essere efficace come lui. “The One Behind The One in Twentyone and One” è un maestro della metrica verbale, in grado di rendersi inviso a qualunque folla grazie alla sua sopraffina intelligenza, alla sua profonda conoscenza del business ed al suo modo unico di effettuare promo dalla psicologia sottile ed affilata…Stephanie non ha bisogno di tutte queste rarissime qualità. Tutto ciò di cui la Regina ha bisogno per essere efficace è essere se stessa, con tutti i suoi limiti ed il suo irritante modo di fare: è il suo ruolo che la rende invisa, il modo in cui esso viene interpretato e percepito dal pubblico come viva e pulsante realtà.

I paragoni con il padre sono d’obbligo, ma le sfumature date ai personaggi sono decisamente diverse. Vince è sempre stato IL BOSS, capace di avvalersi di tutti i mezzi a sua disposizione per ostacolare i suoi nemici ma capace anche di scendere in prima linea per risolvere da solo i propri problemi (sempre con qualche aiuto) a causa del suo smisurato ego e del suo ottuso orgoglio, mentre invece Steph è un “Boss” con altri tipi di caratteristiche. L’essere perfida e falsa con il Bryan di turno senza paura di soffrire le conseguenze delle proprie azioni deriva non solo dal suo essere capo ma anche dal suo essere donna, intoccabile in un mondo di uomini (non siamo più in ECW!), ed al posto dell’orgoglio paterno vi è l’intima consapevolezza di essere non più forte, ma più influente ed intelligente della massa, il vero antagonista on screen sin dal primissimo momento.

Tirando le somme questo nuovo stint di Steph mi sta piacendo non poco, così come mi piacciono le dinamiche instaurate con Triple H in quanto i due si sono resi perfettamente complementari come characters e credo che un heel così, gestito in modo opportuno, possa essere la fortuna di molti babyface. E voi cosa ne pensate? Le critiche così aspre effettuate in passato verso la Queen reggono ancora su basi solide?

Danilo