Quando si pensa alle piccole compagnie regionali, si pensa a spogliatoi familiari, dove amici ed amiche mettono insieme il miglior Show di Wrestling per cercare di mandare a casa il pubblico felice, per passione, per onore, orgoglio. Non sempre però è cosi. Alla base di tutto, in uno sport spettacolo come il Pro Wrestling c’è un guadagno, e con questo guadagno bisogna fare i conti, altrimenti si fa la fine delle stelle, nel momento in cui si è più belli si implode.

Questo si è sempre saputo, oggi come ieri. Per questo avvennero, nel più buio sedici Luglio di sempre per la storia del Wrestling, i fatti che sto per raccontarvi. Una storia che sembra uscita da un film giallo, da una serie TV americana. Una di quelle che in TV sempre si risolvono e che vedono sempre il cattivo arrestato, finito, giustiziato. Questa volta però no. Questa volta l’episodio della nostra serie finisce male, esce dallo schema solito, ciocca contro la logica che dovrebbe caratterizzare ogni processo naturale di giustizia.

Sedici Luglio, come detto, del 1988. Bayamon Loubriel Stadium, a Bayamon, un sobborgo di San Juan, la capitale dello stato di Puerto Rico, un territorio indipendente ma facente parte dell’area di influenza degli Stati Uniti, e non poco. Un paese caratterizzato da un attaccamento morboso dei suoi abitanti alla propria terra, come quasi sempre succede per chi vive in un’isola, ve lo posso assicurare.

Il palazzetto quella sera andava riempiendosi come sempre, il pubblico non mancava quasi mai negli Show della World Wrestling Council, una compagnia fondata e diretta da Carlos Colòn, una leggenda del mondo del Wrestling, ieri come oggi, un Hall of Famer, un padre, di Carlos Jr ed Edwardo, cioè di Carlito e Diego, uno zio, di Orlando, ovvero di Fernando. Un promoter, lottatore e capostipite di una famiglia legata a questo business dal midollo.

Carlos era una brava persona, uno che sapeva trattare, pagava e sapeva costruire uno spettacolo. Come sempre portava negli spogliatoi della sua creatura un misto di anime indigene e non. I portoricani avevano fatto il grande lavoro di promozione, di creazione, di crescita della promotion e adesso, che tutto andava per il meglio, anche le stelle americane accettavano i Booking perché chi li chiamava poteva permettersi di pagarli.

Le cose però, non sempre vanno lisce come l’olio. Ad una azione sempre corrisponde una reazione.

Quel giorno Dutch Mantell, Dan Spivey e Tony Atlas , erano arrivati per combattere durante lo Show con un solo pensiero: fare soldi e dare spettacolo. Un altro americano però, Frank Donald Goddish, aveva messo piede nell’ufficio di Carlos Colòn per discutere di qualcos’altro, di qualcosa di più importante, di più grosso. Non solo il suo Match contro Dan Spivey, dove lui, Brusier Brody, avrebbe dato come sempre il massimo, ma anche un affare, nel quale lui, Frank Donald Goddish, sarebbe entrato in società comprando parte della World Wrestling Council.

Era un po’ di tempo che l’aria che tirava non era buona. I lottatori portoricani non avevano mai mandato giù il fatto che gli statunitensi arrivassero a cogliere i frutti di un lavoro che soprattutto loro avevano fatto maturare. Il clima era gelido anche quel giorno, ma d’altronde quello era un lavoro, non un piacere. Tony Atlas mostrava i muscoli, come sempre. Dutch Mantell se ne stava per le sue, come sempre. Dan Spivey chiacchierava e preparava l’incontro con Brody, come sempre. I midget facevano casino, i giovani portavano i caffè ed infondo al corridoio, qualcuno meditava, solo, arrabbiato, ferito.

Brody venne chiamato. Una cosa normale. Un consiglio, una parola, una confidenza. Si chiuse dentro ad una stanza e dopo poco, ciò che si sentì fu solo un grido sordo, che spezzò il silenzio e la concentrazione. Il primo ad aprire la porta dello spogliatoio fu Tony Atlas. Davanti ai suoi occhi un Bruiser Brody steso al suolo nel tentativo disperato di mantenere chiusa una ferita nel suo addome. Un tentativo disperato di bloccare il flusso del sangue che scendeva a fiotti, come un fiume in piena. La preoccupazione lo distolse per alcuni secondi dalla seconda immagine attanagliante: The Invader #1, lottatore che all’anagrafe si chiamava José Huèrtas Gonazlèz, brandiva un coltello. Lo stesso coltello con il quale aveva colpito Bruiser Brody con dieci coltellate.

Dutch Mantell parlò per la prima volta dopo ore. Uscì dal silenzio per cercare di capire che cosa maledizione stesse succedendo. Per provare a chiedere aiuto, per chiamare un soccorso. Niente. Fra il caos generale, la prima ambulanza arrivò soltanto dopo un’ora, nella quale il povero Franky Goddish abbandonò il suo corpo e questo mondo per sempre. Un omicidio. Una vittima ed un assassino, come nei gialli, quelli veri.

La vera differenza, è che questa volta nessuno doveva arrivare alla fine del libro per trovare il misterioso nome. Tutti sapevano, tutti avevano capito. Invader aveva ammazzato Bruiser Brody.

Non ci fu un’indagine seria. Nessuno fu chiamato a testimonianza di ciò che successe. Dutch Mantell no. Tony Atlas no. Dan Spivey no. Tutto rimase in silenzio. Tutto tacque. I lottatori statunitensi tornarono a casa, i portoricani anche, Bruiser Brody no. Mai più. Quel giorno finì la sua vita, distruggendo in un attimo tutto ciò che per anni aveva costruito. Famiglia, carriera, rispetto.

Questa è una delle storie più controverse della storia del Professional Wrestling, mai chiarita, mai studiata. Nemmeno Carlos Colòn, che probabilmente era a conoscenza di tutti i fatti, precedenti e successivi, cercò di fare qualcosa in più. Nessuno.

Quello di cui si può parlare sono solo supposizioni. Si dice che Invader fosse la voce di più forte fra quelle voci che si lamentavano dei lottatori americani. Non sopportava che i soldi che sarebbero dovuti essere divisi fra di loro, i veri padri fondatori della compagnia, andassero a persone che qualche anno prima non sarebbero mai andati a combattere in quell’isola sperduta per pochi spiccioli. Ma non fu questa, a quanto si racconta, la goccia che fece traboccare il vaso, ma fu un’altra. Si dice, o si disse perché ormai non ne parla più nessuno, che Invader non sopportò l’entrata di Bruiser Brody in società col vecchio Carlos. Non solo doveva spartire i soldi che dovevano essere solo suoi con lui, ma adesso sarebbe stato anche il suo capo. No. Un affronto cosi non si può sopportare.

Nessuna condanna. Nessun assassino ufficiale. Nessun omicidio. Bruiser Brody morì quel giorno, Frank Donald Goddish morì quel giorno, mentre Invader #1, José Huèrtas Gonzalèz continuò a vivere, libero, assolto, incensurato. Alla fine il processo ci fu. Atlas testimoniò, ma per un cavillo dovuto al non riconoscimento dell’arma, nessuno pagò per l’assassinio di un uomo che si apprestava a fare un salto importante per la sua carriera e per la sua vita. Un giorno bello, si trasformò prima nel più atroce e poi nell’ultimo.

E questa non è una Storyline, purtroppo, questa è la vita vera!