Si possono raccontare un sacco di storie. Si può parlare della storia di una famiglia, si può raccontare una storia a un bambino, si può raccontare una storia in un libro, o in un film. Si può insegnare la storia dell’umanità, delle persone. La storia dell’evoluzione, della scienza. La storia del crimine, di una guerra. Si può raccontare la storia di una morte. Tutti sarebbero racconti diversi, con sfaccettature inedite confronto alla storia precedente. C’è però una costante che sempre, in ogni caso, ci spinge ad andare avanti. Una costante che affascina più di qualsiasi altra cosa. E’ ciò che ci toglie il fiato, che ci spinge a continuare a sapere, che stuzzica la nostra curiosità. Questa costante è il mistero.

 

Il mistero c’è anche nelle storie che riguardano il Professional Wrestling, fra i vicoli delle vite degli uomini dietro i personaggi, fra le loro famiglie, nel loro privato, con le luci che non abbagliano e i tifosi lontani. La storia di Gorgeous Gino Hernandez, per esempio, è colma di mistero.

Comincia nel 1973, questa storia. Comincia quando Charles Wolfe decide di diventare un lottatore e sale su un Ring per la prima volta. Era a Detroit e saliva sul Ring per la Big Time Wrestling di Ed Farhat, aka The Sheik, il primo Promoter che gli diede un’occasione e con il quale perderà il suo primo titolo, il titolo degli Stati Uniti della zona, dopo averlo vinto da Don Kent.  Finirà nel 1986, nel suo appartamento di Highland Park, in Texas, quando verrà ritrovato morto da due dirigenti della compagnia più importante nella quale abbia lavorato diventando qualcuno, la World Class Championship Wrestling.

Era bello Gino Hernandez. Funzionava con le ragazze, con i giovani che avrebbero voluto essere come lui. Funzionava al contrario, perché veniva letteralmente odiato, dal resto dei fan. Aveva stoffa, e ne aveva da vendere. Un acerbo Ric Flair, un Macho Man in via di sviluppo, un potenziale Shawn Michaels, con il quale, tra l’altro, condivideva il maestro: Jose Lothario. Purtroppo però, come molti lottatori all’epoca ed anche oggi, finì in un tunnel troppo basso, sempre più stretto, sempre più claustrofobico. Il tunnel della droga.

Diversi testimoni, fra cui un arbitro e Booker della WCCW, David Manning, e una Manager famosa nei territori dell’epoca, che con Gino aveva avuto un fruttuoso sodalizio e che sarà sua amica fino alla fine, Jeanie Williams, affermarono di aver visto in casa di Gino delle quantità di cocaina disarmanti. Affermarono di aver provato a tendergli una mano, insieme a Walter Ayman, il suo Manager dietro le scene, trovandosi sempre di fronte a una riluttanza difficilmente controllabile. Nono stante gli aiuti, i consigli e gli sforzi, quindi, Gino cominciò a diventare paranoico, a sparire per dei periodi, a vivere sempre di più al limite, e più il limite veniva oltrepassato, più lui si spostava verso il margine.

La causa ufficiale della morte è overdose di cocaina, ma a parte pochi, nessuno crede che sia andata davvero cosi.

Gino Hernandez aveva, infatti, seppur nel pieno dei suoi deliri, confessato di avere paura. Aveva detto a David Manning che forse, in quel periodo della sua vita, avrebbe avuto bisogno di una pistola, perché lo stavano cercando, stavano venendo a prenderlo. Lo stesso disse anche a Jaenie, lo stesso disse anche a Walter. Era costantemente in allerta. Si guardava le spalle, teneva le luci spente, non faceva rumore.

Di Gino Hernandez non è stato mostrato il corpo ai famigliari. Di Gino Hernandez nell’autopsia erano sbagliati razza e altezza. Di Gino Hernandez, al suo funerale, non si vide il viso.

Si dice che ai famigliari il suo corpo non fu mostrato a causa dell’evidente stato di decomposizione. Si dice che gli errori erano dovuti alla semplice e semplicistica negligenza dei medici legali. Si dice che.. Si dicono tante cose, ma il mistero resta, e in 33 anni sono venute fuori tante di quelle teorie da trasformare il tutto in una macabra barzelletta, alla quale verrebbe voglia di sputare sopra, pensando che, alla fine dei conti, è stata un overdose a portarsi via Gino.

In realtà però, due di queste teorie, le più forti e quelle portate avanti dai conoscenti più stretti e dalla famiglia, hanno qualcosa al quale ci si può, e forse ci si deve, attaccare.

La prima ha un protagonista, uno che non ha niente a che fare con il mondo del Wrestling, una delle grandi passioni di Gino, ma che si, purtroppo, ha a che fare con l’altro grande amore del Wrestler: la cocaina. Questo protagonista si chiama John Royal, ed è l’ultima persona, stando alle indagini, ad aver visto Hernandez vivo. Erano insieme in un locale, secondo quanto da lui stesso ha dichiarato, e lo vide andare a casa senza seguirlo né accompagnarlo. Ammise di essere un trafficante di droga, ma disse anche di non aver mai venduto niente alla vittima, rispondendo a chi gli chiedeva se, per caso, Gino gli dovesse una grossa somma di denaro, indizio venuto fuori nel corso di un’indagine tanto oscura quanto mal fatta. Disse anche, John Royal, che non si sarebbe mai fatto carico delle spese del funerale se Hernandez gli avesse dovuto dei soldi, cosa che invece aveva fatto perché lo riteneva un amico e un compagno di viaggio. Fece anche un discorso, John Royal, lo fece durante il funerale di quello che, anche in quell’occasione, lui definì un amico importante.

Alcuni ritennero che le parole di Royal fossero un monito per altri che sapevano, durante quel funerale, o per altri che nel corso della loro vita avevano o avrebbero potuto avere a che fare con lui. Non sapremo mai la verità probabilmente, ma una cosa è certa, John Royal rimane la figura più oscura in tutta questa storia.

Le testimonianze dei Wrestler dell’epoca sono tutte abbastanza contrastanti. Jake Roberts e David Manning ritengono che Gino non si fosse suicidato, perché accanto a se aveva una pistola quando venne ritrovato, e il secondo di uno sparo sarebbe stato molto meno doloroso di un’overdose di cocaina. Inoltre riportano un dato interessante, ovvero che la cocaina era presente non soltanto nel sangue e nei polmoni di Gino, ma anche suo stomaco. Per questi motivi ritengono che qualcosa di strano, quella notte, sia successo.

Brutus Beefcake, invece, è assolutamente convinto che Gino sia morto di overdose. Tutti sapevano, afferma, che Gino aveva una dipendenza tremenda, prima o poi questa lo avrebbe portato alla morte. Michael Heyes, suo compagno nella WCCW, è convinto, o quasi, che Gino fosse finito in un brutto giro e che questo, volente o nolente, prima o poi lo avrebbe portato a farsi dei nemici troppo pericolosi per poter essere combattuti da solo. Gary Hart, Rick Hazzard, David Von Erich, hanno tutti dei dubbi. Tutti legittimi.

La seconda teoria invece, quella più strana, ma anche quella tirata in ballo dalle persone che lo conoscevano meglio, sua madre Patrice e la sua due volte ex moglie Janice, è quella della Faked Death. Pensarono, a un certo punto della loro disperazione, che Gino avesse architettato la sua finta morte insieme all’amico John Royal e al suo Manager Walter Ayman. Fu proprio Ayman, infatti, a occuparsi del riconoscimento del cadavere e fu lui a comunicare alla famiglia la morte del Wrestler. Le motivazioni però, non sono mai state abbastanza solide da spingere a cercare in esse un vero e proprio fondo di verità.

Non si sa ancora, dopo 33 anni, quale sia stata la vera causa della morte di Gorgeous Gino Hernandez. Se ne andò all’età di 28 anni, lasciando due figlie su questa terra e un sacco di fan pronti a trasformarlo in un nuovo idolo, in una leggenda. Una leggenda lo è diventata, è vero, ma purtroppo non per i motivi che tutti speravano, se non per il mistero che avvolge ancora oggi la sua morte. Una morte prematura, dopo decine di Match, feste, viaggi, aerei e brindisi, l’ultimo dei quali sul suo feretro. L’ultimo dei quali senza di lui, che da li dentro, se davvero c’era, ha potuto soltanto sentire il rumore dei bicchieri infrangersi, insieme al sapore delle lacrime, alle grida di dolore e a una poesia senza rime, che però già soffiava nel vento e intonava tutte le sue magnifiche parole.

 

 

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.