Oggi ritengo che la Ring of Honor sia un po’ un peso per la AEW. Perché Tony Khan deve in qualche modo trovare il modo di fare rientrare le sue storie ed i suoi personaggi per evitare che il prodotto si raffreddi troppo. In questi giorni, però, finalmente abbiamo avuto la notizia che la Ring of Honor avrà il suo show nel 2023. Non è stato un annuncio ufficiale da parte dei network ma un’anticipazione di Tony Khan in un’intervista che ha dato per scontato che ciò avverrà, lasciando intendere che l’accordo c’è già e non è in pericolo.
Cosa aspettarsi quindi dalla Ring of Honor che verrà? Ecco 5 desideri/previsioni di ciò che potrebbe diventare la Ring of Honor da qui al 2023.
1. Standard di eccellenza
La Ring of Honor è sempre stato questo per me. Il meglio del wrestling mondiale o quasi. Non è un caso se alcuni dei match più belli che ricordiamo di molti wrestler famosi siano avvenuti su quel ring. Samoa Joe, AJ Styles, Brian Danielson, Christopher Daniels, CM Punk, Tyler Black, Claudio Castagnoli, Chris Hero, Adam Cole, Kevin Steen, Davey Richards, Michael Elgin e potremmo continuare a lungo con la lista. Molti di questi wrestler si sono fatti notare e hanno attirato su di loro le attenzioni delle compagnie più grandi e ricche proprio per le loro imprese in Ring of Honor. Perché quello che avveniva su quel ring era spesso magia, seppur con alti e bassi, per anni la Ring of Honor è stato un riferimento per la qualità. Basti guardare le classifiche dei match migliori degli ultimi 20 anni per notare come quasi sempre fino al 2012 ci sia stato un dominio della Ring of Honor, interrotto solo con l’avvento del periodo d’oro della NJPW e con il “saccheggio” da parte di NXT prima e della AEW dopo. Questo è quello che vogliamo da Tony Khan: la Ring of Honor deve tornare il nuovo gold standard del wrestling lottato. Nei primi 10 match “stellati” dell’anno, almeno 3-4 devono essere della Ring of Honor. Come era la norma fino ai primi anni dello scorso decennio.
2. Una fucina di talenti
Il contributo in termini di nuovi talenti che la Ring of Honor ha dato al pro wrestling nord americano è qualcosa di storico. Seppure non sia una scuola di wrestling, la Ring of Honor ha sempre avuto il fiuto di trovare e dare spazio a talenti pazzeschi che hanno poi fatto il salto andando ad imporsi come protagonisti nelle federazioni più importanti del mondo. Buona parte di quelli che abbiamo citato nel paragrafo precedente sono diventati famosi in primo luogo grazie al lavoro con Sapolsky e co. Tony Khan ha quindi un’opportunità importante, quella di fare uno show che cerchi di alzare sempre l’asticella della qualità, mettendo in luce le doti stratosferiche di alcuni dei wrestler che vediamo già in AEW ma che oggi hanno poco spazio. Non volerrei fare il paragone con NXT e con i TakeOver che tanto abbiamo amato, ma mi sembra inevitabile. TakeOver resi indimenticabili proprio da wrestler come Kevin Owens, Sami Zayn, Adam Cole e tanti altri, che avevamo visto in precedenza in Ring of Honor. La Ring of Honor può essere questo, uno stagno piccolo dove i pesci che ancora devono crescere possono farlo senza aver timore di farsi divorare da quelli già cresciuti.
3. Lo spazio per le donne della AEW
Se il problema del poco spazio al wrestling femminile nella AEW è legato alla difficoltà che hanno le loro wrestler a catturare e mantenere gli ascolti che invece possono garantire wrestler esperti e famosi, di sicuro non si potrà dire lo stesso (speriamo) in Ring of Honor dove si dovrà probabilmente puntare su wrestler bravi ma non famosissimi. Per questo mi auguro di vedere più coraggio con il minutaggio dedicato ad uomini e donne. NXT dimostra che non succede niente di male a dare spazio a molte wrestler (alcune delle quali ex AEW come Cora Jade) e che se anche oggi non sono delle vere star, possono diventarlo solo in un modo: apparendo in tv e non stando in panchina. Vorrei che la Ring of Honor che verrà avesse meno ansia da prestazione riguardante gli ascolti. Uno show televisivo esiste in funzione degli ascolti, è vero, ma nel lungo periodo mi aspetto che sia dato spazio a chi potenzialmente potrà diventare un bravo wrestler e non solo a chi assicura i migliori ascolti nel quarto d’ora di riferimento. Questo vale per tutti i wrestler giovani e poco conosciuti ma ancor di più vale per le ragazze.
4. Un’identità propria
So che sarà inevitabile che i due mondi, AEW e ROH, comunichino strettamente. Ma in un mondo ideale mi piacerebbe che ci fosse un po’ meno confusione. Le 6 cinture Ring of Honor dovrebbero essere confinate al brand di riferimento, anche perché sono dei veri e propri doppioni di altre già presenti in AEW. Ritengo che vedere i titoli Ring of Honor trattati come titoli secondari in AEW un po’ li penalizzi e che una volta che ci sarà uno show loro dedicato sia meglio tenere i roster e le rivalità in compartimenti stagni, così da poter poi giovare dei momenti in cui le parti si scontreranno. Inoltre dopo questo periodo di sforzo congiunto per cercare di tenere caldo il prodotto AEW, la Ring of Honor dovrebbe tornare a ritagliarsi una sua distinta identità, proponendo qualcosa che risulti diverso da quello “principale”, anzi, non vorrei proprio che la AEW fosse ritenuto lo show di Serie A rispetto alla Ring of Honor ma qualcosa di diverso, importante in altro modo.
5. Una AEW più leggera
Un effetto collaterale che la nuova Ring of Honor potrebbe avere è quello di prendersi una buona parte dei wrestler che oggi stanno sgomitando per una manciata di minuti televisivi in AEW. Ogni minuto che la AEW utilizza per fare ricordare ai fan che esiste la Ring of Honor è anche un minuto in meno che può dedicare a wrestler sottoutilizzati che meriterebbero spazio. Anche i PPV della AEW potrebbero snellirsi un attimino (anche se a Tony Khan piacciono comunque lunghi) con magari la possibilità di concentrarsi un po’ di più su rivalità e match singoli invece di esagerare sempre con questi match di gruppo che servono a dare un po’ di spazio a tutti quanti (comunque molto belli in verità).