Come risaputo, purtroppo, la nostra adorata passione, il Professional Wrestling, ha una storia che sembra un campo minato di morti premature. Decessi che arrivano spesso per gli stili di vita esagerati dei protagonisti del Ring, per la loro sfortuna e per il nostro eterno cordoglio. Alcuni di questi terribili eventi però, sono ancora più scioccanti, gelano il sangue e ci riportano sulla terra ogni volta che ne sentiamo parlare, ogni volta che la notizia irrompe nei siti e nei forum, ricordandoci che sempre, comunque, da un momento all’altro la vita può battere le ali via, lasciandoci di fronte alla nostre impotenza e facendoci fare i conti col nostro poco rispetto, ormai, troppe volte ostentato davanti a teleschermi e computer. Sto parlando delle morti sul Ring.
Eventi imprevedibili, devastanti. Eventi che catapultano nella realtà tirandoci fuori da quella stanza ovattata nella quale entriamo quando ci sediamo di fronte a due grossi uomini in mutande che cercano di farci credere che si odiano e presto distruggeranno l’avversario. E ne conosciamo di queste storie. Conosciamo la sfortuna di Owen Hart, caduto da metri d’altezza nel tentativo di impersonare un super eroe blu. Conosciamo El Hijo del Perro Aguayo, Pedro Aguayo Ramirez, che ci ha lasciato quando il suo cuore si è fermato durante un Match nel quale era coinvolto anche Rey Mysterio. E conosciamo Mitsuaru Misawa, lottatore eccezionale che ci ha abbandonato il 13 Giugno del 2009, mentre combatteva Akitoshi Saito e che, dopo l’ultimo German Suplex, ha salutato tutti i fan che lo circondavano.
Ma sono tanti, tantissimi, i lottatori morti sul Ring che non si conoscono, che non si considerano, ma meritano come tutti gli altri il nostro saluto, il nostro ricordo e il nostro rispetto.
Il primo del quale si ha un ricordo si chiamava William “Farmer” Baldwin, morì in un’epoca nella quale il Wrestling si stava appena sviluppando, era soltanto la fase embrionale di ciò che conosciamo oggi, ma lui, come i suoi colleghi, già salivano sul quadrato per intrattenere la folla e sentire il loro urlo, cercando di dimostrare quanto erano più forti del loro avversario. William morì contro Dad House of McIntyre, a causa di una brutta caduta e di un conseguente tremendo infortunio al collo. Era il 24 Febbraio del 1911.
Nel 1923 toccò a Ole Olson, un Wrestler del quale si sa poco, come di tanti, come per esempio Charley Hanson, che perse la vita sul quadrato nel 1923. Nel 1936 toccò a “Cowboy Russel” Jack Ray e lo stesso anno, il 25 Giugno, spirò sul quadrato anche Mike Romano, lottatore di chiare origini italiane che per colpa di un infortunio al collo lasciò di sasso a guardarlo il suo avversario, Jack Donovan. Anno grigio, il 1936, salutò il mondo infatti, anche Gene LeDouy.
E’ una lista lunga, lunghissima, terrificante, e lo diventa ancora di più quando scopri che queste morti non avvengono perché un tempo i Ring erano più pericolosi, o perché gli accorgimenti e la sicurezza molto più prescindibili, ma perché semplicemente questo è il Wrestling e quando un lottatore sale sul quadrato, sa che tutto può avvenire, sa che non si gioca, sa che si finge da un lato, ma dall’altro si fa assolutamente sul serio. Il 20 Maggio del 1949 perde la vita Adi Berber in un Match contro Emil Koroshenko per un infortunio al collo, un altro, cosa che dovrebbe farci capire, e bene, per quale ragione uomini come Edge hanno deciso di fermarsi per sempre, evitando qualsiasi rischio, perché un rischio in più, o un Bump maligno, può significare la morte.
Non finisce qui: il primo Gennaio del 1955 muore “Canadian Angel” William Charles Rush, il 18 Luglio del 1956 “Buck” Ralph Weaver, colpito da un attacco cardiaco durante la contesa e nel 1959, il 16 Gennaio, ci lascia Lou Abrams. Jim Wright muore il 2 Agosto del 1963, mentre 24 Ottobre del 1967 perde la vita James Davis Eakins, a causa di un’emorragia interna dovuta ai devastanti Bump subiti durante il Match.
Il primo grandissimo nome muore nel 1969 ed è quello di “Iron” Mike DiBiase, non prima però di aver pianto un altro collega, Manuel Cortez, il 25 Gennaio. Iron Mike muore una decina di giorni dopo, il 7 Febbario. Il suo avversario era un suo omonimo, Man Mountain Mike, che dopo un Bulldog verso il centro del Ring lo gira per il conteggio ma trova un corpo ormai senza anima. Harley Race, per l’occasione nelle vicinanze, tenta un disperato massaggio cardiaco ma non c’è nulla da fare. Mike DiBiase muore all’età di 45 anni, lasciando suo figlio Ted, colui che diventerà “The Milion Dollar Man” , e sua moglie Helen, anche lei Pro Wrestler. Non conoscerà mai gli ultimi eredi della sua dinastia, Mike, Ted Jr e Brett.
Il 21 Febbario del 1972 è la volta di Luther Linsday, che muore a causa di un infarto in un incontro che lo vedeva opposto a Bobby Paul. Ron Dupree invece, morì senza lottare, in un periodo nel quale il suo lavoro era il Ring Announcer, era il 17 Ottobre del 1975. Quattro anni dopo, il 25 Dicembre del 1979, perse la vita in un Match contro Cesar Curiel, Sangre India, al secolo José Vicente Ramos Gutierrez, lottatore sudamericano di non precisata provenienza. Il 6 Febbraio del 1981 muore Goga Pahalwan, in un incontro che lo vedeva opposto a Nasir Bholu a Gujranwala City, città del Pakistan, stato dal quale i due lottatori provenivano. Fu un Dropkick a strappargli l’anima dal corpo.
Gli anni passano, il Professional Wrestling si evolve, arriva la WWF e il dominio del Business in America e non. La disciplina si espande sempre di più, si conosce sempre meglio, ma la chimica e l’aritmetica di un incontro non cambiano, anzi forse si fanno sempre più complicate e un po’ per la voglia di dare sempre il meglio, un po’ per gli stravizzi che colpiscono cuore e cervello, la lista si allunga, ancora. E’ come un serpente che non striscia trascinandosi la coda, ma semplicemente allunga il suo corpo spingendo sempre la testa più avanti, disegnando sinusoidi che al loro capo sono un cobra con la bocca spalancata, sempre più grande, sempre più feroce.
Il 2 Ottobre del 1992 Pitbull Kevin Cawley, che per l’occasione personificava The Black Baron, muore per un attacco cardiaco, collassando all’angolo durante una Battle Royal nel corso di uno Show nel Regno Unito. Il 13 Dicembre del 1995 muore invece “Lethal” Larry Cameron, ancora una volta per un attacco cardiaco, il suo avversario era Tony St. Clair.
Per un semplicissimo conto matematico, mi rendo conto che il nuovo secolo ha esordito con l’anno più nero della storia per quanto riguarda le morti su un Ring di Wrestling. La prima è datata 7 Gennaio e la vittima è conosciutissima: Gary Albright. Ad Hazleton, Pennsylvania, Gary sta combattendo un Match per la World Extreme Wrestling, compagnia che è di una famiglia, quella Anoa’i, che ormai è anche la sua famiglia da quando ha sposato Monica, una delle figlie di Afa. Il suo avversario è Lucifer Grimm, che si ritrova fra le mani il corpo esanime di Gary, stroncato da un infarto dovuto anche, ma non solo, al diabete di cui soffriva.
19 Aprile, ancora anno 2000, perde la vita all’età di 27 anni Masakazu Fukada, durante la Young Lion Cup della New Japan Pro Wrestling. Fu fatale un Elbow Drop che lo infortunò gravemente alla testa. Perderà la vita qualche giorno dopo per un’emorragia interna dovuta al grave infortunio. Il suo avversario era Katsuyori Shibata. Sempre nel 2000, stavolta il primo giorno di Giugno, muore Mark Mendian, mentre il 5 Agosto Tony Nash, lottatore della zona di Milwaukee, in un Match combattuto per la Winsconsin All Star Wrestling.
Mi piacerebbe finire qui, ma non finisce qui. Ci sono ancora alcuni casi di cui parlare, altri nomi da aggiungere alla lista di chi ha cercato di portare qualcosa al cuore di chi guardava, ma ha spremuto troppa energia, togliendo quel qualcosa dal proprio di cuore. Il 29 Novembre del 2003 ci lascia Larry Booker, meglio conosciuto dalle masse come Moondog Spot, vittima di un infarto all’età di 51 anni, combattendo un Match durante il Jerry Lawler’s Birthday Bash, a Memphis, Tennesse.
Voglio parlarvi poi di “Spider”. Di Daniel Quirk, una sorta di eroe del quadrato. Danny era un giovane Wrestler, 22 anni, stava combattendo i suoi primi Match, dopo essersi allenato a lungo, prima con Bert Centano, e poi con John Brooks. I suoi primi Match importanti li combatte nella WXW. Il ragazzo e bravo, va avanti e viene ingaggiato per un incontro nella Ultimate Championship Wrestling, lo Show è a Taunton, Massachussets. Mentre combatte contro Hi-Lite Kid viene buttato al tappeto dal paletto. Kid da quella posizione parte per la mossa concordata, una Piscada, ovvero una mossa aerea. Il piede di Kid però rimane incastrato in una corda e il buon Dan, in fretta e furia si appresta a raccogliere la caduta rovinosa dell’avversario, ma in una posizione pessima. Nel tentativo di salvare il suo compagno ed avversario, Danny rimane con la testa sotto l’intero peso di Kid, che schiaccia il suo cranio provocando un’immediata emorragia che porterà il ragazzo alla morte in pochi minuti. Daniel Quirk muore cercando di salvare un compagno, mentre insieme combattevano, per pochi dollari, circondati dalle poche urla dei pochi tifosi presenti al palazzetto, in uno Show di una piccola compagnia indipendente. Il Wrestling può essere anche questo, pura crudeltà.
Un attacco cardiaco ammazza il 5 Maggio del 2007 Omar Antonio Perez Barreto, e sempre un attacco cardiaco mette fine alla vita di Adrian Steel, durante un incontro della Mid States Wrestling, ad Harrison, Arkansas, era 4 Giugno del 2011. Nel 2011, il 20 Agosto, muore sul quadrato anche “Skullkrusher” Brian Strikeland, il suo cuore si ferma durante un incontro della New Era Wrestling a Cape Coral, in Florida, il suo avversario era The Mercenary. Il 4 Dicembre del 2012 perde la vita El Hijo de Andy Barrow, Francisco Javier Gutierrez, quando il suo intestino cede ad una ernia provocandogli una reazione a catena che scatena un infarto, combatteva con Furia Kora Jr. e Mano Salvaje, contro Big Boy, Galaxia Dos Mil e Kid Relámpago, a Tepic, in Messico.
Ed infine, la morte che più di tutte mi ha toccato il cuore. Perché a morire è una giovanissima lottatrice, che probabilmente mai nessuno avrebbe visto lottare su uno di quei Ring non dico che contano, ma che finiscono qualche volta in qualche piattaforma online, magari perché la Promotion che li registra ha un accordo con qualche altra Promotion leggermente più grande. Perché a morire è una persona troppo acerba, in un luogo tanto lontano da quello che noi consideriamo terreno fertile per il Pro Wrestling, che sicuramente lei e pochi altri credevano nel sogno, un giorno, di finire dalle gelide terre polacche al caldo sole della Florida. Si chiamava Akira, aveva 16 anni, stava combattendo il suo primo incontro, probabilmente gratis, davanti a poche persone e con la voglia di spaccare il mondo, salire in cielo, cogliere una stella e specchiarsi in essa. Invece la sua schiena non ha retto, troppo debole, troppo gracile, troppo immatura.
Akira sarà la mascotte e porterà la bandiera del Wrestling nel corteo delle vittime nominate in questo pezzo. La sventolerà cercando di farsi riconoscere fra la folla, in modo che tutti noi, che tanto viviamo e apprezziamo questo ambiente di colori e luci, possiamo illuminare con i nostri sguardi e i nostri pensieri, anche quelle che sono state ombre. Da oggi in poi non lo saranno più, da oggi in poi, anche questi nomi sconosciuti per la maggior parte, devono essere ben visibili e riconoscibili nella catena della meritocrazia, forse non per il mondo ma per noi si, hanno il merito di avere dato la vita trasportati da una passione attrattiva e avvincente, spinti dalle nostre grida, che gridiamo spinti dalle loro mosse, che combattono spinti dalle nostre grida, che gridiamo spinti nel vederli, in un ciclo continuo interminabile che non può lasciarsi indietro sconosciuti, perché tutti hanno valso la loro vita e valgono, per lo meno, il nostro ricordo.