Tra prime volte storiche, main event dall’esito scontato e ring attire improbabili, quali saranno stati i momenti “NO” di WWE Elimination Chamber?
Nota: vi ricordo che i punti di questa FLOP non vanno necessariamente dal più grave al meno grave, ma vanno presi per come vengono, ossia #acaso, come piace a noi
MA COME TI VESTI?! ELIMINATION CHAMBER 2018 EDITION
L’ansia di dover combattere nella Chamber causa evidentemente uno scompenso cerebrale ai partecipanti, che si presentano all’evento senza far troppo caso a come si sono vestiti. A competere per il premio più prestigioso del wrestling mondiale tutto abbiamo: Mickie James in versione Wonder Woman (back to the 90s), le Absolution di bianco vestite (il bianco non è temibile gente, tanto più addosso a una “faccio brutto” come Sonja Deville), infine Finn Bàlor in versione Power Ranger blu, con giubbotto coordinato
VITTIME SACRIFICALI
Nei match a più persone, specie quelli a eliminazione, c’è sempre qualcuno che viene sacrificato e costretto a fare il minimo sindacale e anche qualcosa di meno. Questa volta l’onere è toccato a Mickie James che, nonostante il look alla Wonder Woman, è durata davvero troppo poco nella Chamber femminile, anche se gli è stato (giustamente) uno spot memorabile come il volo dalla gabbia. Dietro di lei si trova il buon Elias, che a parte una serie di pin appena entrato ha fatto poco e niente, ma che almeno si è preso il suo tempo per deliziarci con le sue soavi melodie
THAT FLIP
Sul match di Nia Jax vs Asuka c’è poco da dire, un match sufficiente (ci tornerò tra poco) senza infamia e senza lode. Poi, dal nulla, Nia Jax decide di eseguire un flip sull’avversaria, non una Senton alla Owens o alla Bray Wyatt, un vero 360, dal quale Asuka non fa purtroppo in tempo a scansarsi del tutto perché Nia gira troppo bassa. Apprezziamo l’impegno Nia, ma le tue mosse sono già temibili così, non c’è bisogno che ti rompi l’osso del collo per noi, dico davvero
NB: la direzione si scusa per non aver provveduto a fornire una GIF animata della scena
PRODUCT PLACEMENT
Fondo nero, maschera di Asuka in primissimo piano, secondi di attesa, un piede si schianta implacabile sulla maschera distruggendola, la telecamera si alza, inquadra a poco a poco la figura di Nia Jax, sequenza perfetta . . . e poi si scopre che Nia era in un corridoio a caso, male illuminato, con i distributori automatici di bibite gassate in sottofondo. E no eh, così no, mi s’infrange tutta la tensione
WELCOME TO RONDA
Ronda Rousey ha firmato, è ufficialmente una superstar WWE. Riguardo il segmento, potrei giocarmela facile e dire quanto Ronda sembrasse eccessivamente emozionata nel suo promo, potrei, ma poi mi direste che sono cattiva, che è appena arrivata, che l’emozione è comprensibile, bene, benissimo. Parliamo di Kurt Angle: al buon Kurt è stato dato un ruolo alquanto discutibile e per di più recitato anche male. Sarò ripetitiva, ma sembrava proprio lo zio impiccione che al cenone di Natale tira fuori una battuta del tipo “hey Gianni ma quella con cui sei stasera non è la bionda con cui ti ho visto passeggiare ieri a Parco Sempione”; a tutto ciò aggiungiamoci che, appunto, Angle non sembrava nella sua forma migliore, tutt’altro. Imbarazzante
SO UNEXPECTED
Abbiamo parlato spesso di come il PPV di Elimination Chamber soffra di un certo grado di prevedibilità: ad eccezione di un’edizione svoltasi a maggio, la collazione di EC in febbraio, a neanche due mesi da WrestleMania, rende difficile immaginare un cambio di cinture, specialmente per quel che riguarda i titoli massimi. Quest’anno, oltre alla quasi certa conferma di Alexa Bliss come campionessa, si è aggiunta la totale prevedibilità di Roman Reigns come vincitore della Chamber. Non che la prevedibilità sia sempre e comunque un malus, un match può risultare bello e godibile anche se il vincitore è scontato in partenza, ma è un dato di fatto che spesso le Chamber si riducono, appunto, a dei match godibili con un risultato già scritto da mesi, se in più ci aggiungiamo che quest’anno ho indovinato ogni entrata della Chamber femminile, prime due partecipanti comprese, non sarebbe male scombinare un po’ le carte una volta ogni tanto
WHAT ELSE?
I match “di contorno” di questa edizione di Elimination Chamber sono stati al più sufficienti, per non dire bruttini, per non dire brutti. È ovvio che con ben due Elimination Chamber match possono starci dei match puramente riempitivi, ma tutti e tre hanno avuto troppi difetti, Nia Jax vs Asuka è stato oltremodo corto, il match per i titoli di coppia banale ed Hardy vs Wyatt l’ennesima delusione, specialmente per i tanti che, vedendoli in feud, avevano sperato di poter finalmente assistere ad un bel feud con Bray Wyatt protagonista, invece forse l’unica cosa che potrà salvarli, come paventato da Sergedge e come subdolamente suggerito dalla WWE alla Rumble, è vederli in futuro come tag team, non necessariamente fisso né di lunga durata, ma diciamo che l’idea attira, specie alla luce del sempre più deludente feud costruito per questi due lottatori
THIS IS HOW I GOT OVER
Roman Reigns era il vincitore annunciato, fin qui ci siamo tutti; la WWE decide di indorare il più possibile la pillola ai fan, ad esempio cercando di rendere odiato Lesnar, con il promo di Reigns a Raw, e con il pestaggio post-match subito da Reigns ad opera di Braun Strowman. Braun potrebbe aver dominato nella Chamber sia per proteggere il suo status (venir battuto dopo aver fatto fuori cinque dei sei avversari ci può stare), sia per rendere ancor più “super” la vittoria di Reigns, nella parte del buono che sconfigge il cattivo che sembra imbattibile. Il problema è che Braun non fa più la parte del cattivo da un po’: Strowman è over, il pubblico lo acclama, il pubblico spesso tifa per lui, la stessa WWE ci ha messo più volte in condizione di tifarlo; stando così le cose, uno Strowman che fa fuori tutti e poi viene eliminato per ultimo non recita la parte del cattivo inarrestabile da far fuori, ma del buono che solo contro tutti riesce quasi ad arrivare fino in fondo, prima di essere sconfitto vigliaccamente