Due settimane fa il debutto di Eddie Kingston, la scorsa settimana invece Warhorse. Sono due dei nomi che Cody aveva citato a più riprese nelle sue interviste come possibili sfidanti. Non sono due nomi qualsiasi, che hanno necessità di presentarsi come jobber in uno show televisivo nazionale. Sono due nomi noti del giro delle indy che un lavoro lo troverebbero abbastanza facilmente.
Eppure accettano di lottare in AEW. Come Jon Cruz, John Skyler, Robert Anthony, Ricky Starks, Corey Hollis, Diamante, Ivelisse. Sono tutti nomi che accettano di fare una esperienza, pur per amicizia o semplicemente con l’aspirazione di essere inseriti nel roster. Perché? Perché hanno capito che rispetto al bluff di altre parti, a Dynamite si lavora bene e magari si può avere una costruzione decisa che abbia rispetto di 10/15 anni di esperienza.
Tantissimi ragazzi hanno scelto la WWE con la speranza di racimolare tanti soldi e un posto nell’Olimpo. Salvo accorgersi di essere quanto più distanti da quel che la compagnia di Stamford andava cercando. La All Elite Wrestling invece ha preso tanti atleti dalle indy per dare loro una giusta visibilità. Non importa se da campioni o da jobber, ma avere una visibilità data con rispetto. Il caso di Anthony è il più calzante: diversi match, diverse sconfitte, ma anche la possibilità di raccontare qualcosa che facesse dire al pubblico “ha saputo fare il suo”.
Ma non solo. Guardate tutto lo spazio dovuto a MJF, Guevara, Allin, Butcher and Blade, Jurassic Express, Scorpio Sky, Private Party, Dark Order, Penelope Ford, Britt Baker. Ma non solo lo spazio, si parla anche delle opportunità concesse, delle storie, dei match, della crescita del proprio personaggio.
Sono tutti retaggi che si porteranno dietro anche quando non saranno più in AEW. Ecco perché un Kingston accetta e ringrazia la compagnia di avergli dato la possibilità di essere se stesso, esaudire un proprio desiderio e poi, chissà, magari strappare un contratto.