Nel 2002 la morte della ECW crea un vuoto nel mercato del wrestling, con il pubblico che chiede a gran voce ancora un prodotto diverso da quello mainstream, un prodotto davvero più maturo, un prodotto diverso. Arriva quindi Rob Feinstein, il proprietario della società che distribuiva i video della ECW, e capisce di avere tra le mani un’opportunità ghiotta, e così decide di aprire la Ring of Honor. Da quel momento in poi la compagnia cresce, iniziano ad affacciarsi vecchie glorie che non erano materiale da WWE come Raven, sempre più giovani si fanno conoscere, e l’attenzione inizia a diventare sempre più grande, con alcune compagnie giapponesi che iniziano a collaborare mandando lottatori davvero importanti, come Mitsuharu Misawa e Kenta Kobashi.
La prima incarnazione si basa su nomi ad oggi leggendari, da Low Ki a Samoa Joe, passando per CM Punk, tutti mostrano un’abilità veramente fuori dal comune, tanto da farsi notare da altre grandi compagnie che iniziano a portarsi via i lottatori, e la Ring of Honor ha davanti a sé un’importante sfida: riuscire a sopravvivere con ciò che gli rimane. E così per anni si trova a dover affrontare le razzie di TNA e WWE cercando di rimanere rilevanti con i nomi che gli rimanevano. Così passano e se ne vanno una marea di talenti: Christopher Daniels, Bryan Danielson, Kevin Steen, El Generico, Adam Cole, solo per citarne alcuni. Ma ogni volta che qualcuno se ne andava c’era sempre qualcun altro pronto a splendere. E la formula funziona, fino alla nascita della AEW, con l’addio degli Young Bucks e la nascita di una vera e propria concorrenza, una major a stampo indy. Ancora una volta i talenti vanno via, ma vengono messi sotto contratto sia i membri della Faccion Ingobernable, sia la Mexisquad. E proprio quando si cercava di creare questa nuova generazione di lottatori, arriva il 2020.
Con l’arrivo della pandemia, la chiusura degli eventi dal vivo e il movimento Speakout, arriva l’ennesima batosta, si cerca ancora di tirare avanti, i lottatori vengono pagati nonostante non possano lavorare, e non appena si può ricominciare a registrare gli show, sembra che tutti siano più gasati che mai. C’è un problema, però, i soldi iniziano a scarseggiare, la compagnia a boccheggiare, ed è così che iniziano i debiti, che salgono talmente tanto da costringere all’ultima cosa che ogni fan avrebbe mai voluto: la Ring of Honor chiuderà i battenti ad inizio 2022 per cercare di rimettersi in sesto e ripartire in futuro, garantendo la rescissione del contratto a tutti i lottatori.
Come la Ring of Honor prese il posto della ECW, oggi ci sono compagnie come la GCW pronte a prendere il suo posto, ma pensare ad un futuro senza quelle tre lettere ormai iconiche, sembra un futuro meno roseo, non tremendo, solamente un po’ meno colorato, come se un parente a cui vuoi molto bene, che ti ha formato se ne vada dalla tua vita. Addio, almeno per ora, Ring of Honor, e grazie di tutto.