Seguendo gli show settimanali si percepiscono i tre roster della WWE come un unico brand dai contorni sfumati, spesso sovrapponibili tra loro. Il che non è un problema, anzi. Così facendo i propri favoriti possono arrivare a scontrarsi senza particolari limitazioni o censure, dando vita a faide che altrimenti sarebbero impossibili da costruire. Un grande “amalgama” di talenti che, a seconda quasi dell’abitudine, si suddividono poi nei vari show, ma che all’occorrenza si ritrovano a compattarsi nelle grandi occasioni. Tutto stona però con quanto annunciato dalla WWE lo scorso 28 Aprile, che aveva declamato in pompa magna il ritorno del “Draft”, al fine di separare definitivamente i vari brand della Compagnia. Così l’1 Maggio, tre giorni dopo, avevamo tre roster ben distinti, con nuove “combinazioni” di atleti e possibili grandiose rivalità in cantiere. 

Questo scenario è durato solo qualche settimana, evidenziando sin da subito alcune strane discrasie: i titoli di coppia unificati nel lontano 20 Maggio 2020 dagli Usos sarebbero rimasti tali, senza poter essere divisi ed assegnati ai rispettivi roster. Questo ha fatto sì che, oltre ai soliti 4/5 nomi altisonanti esentati dal Draft, anche i detentori dei titoli tag sarebbero potuti apparire in entrambi gli show, aumentando il numero dei lottatori estromessi da questa “divisione” degli show. Poi, se possibile, le cose sono anche peggiorate, facendo apparire il Draft 2023 come un semplice pretesto per far credere ai fan di essere davanti ad una rivoluzione epocale che, nei fatti, non c’è mai stata; In primis la Bloodline, che sarebbe dovuta essere esclusiva di Smackdown, ha finito per “invadere” a più riprese anche Raw, venendo per essere considerati quasi “dei ex machina”. A seguire i vari Zayn (inizialmente a Raw, oggi lotta saltuariamente anche a Smackdown), Drew McIntyre (prima assegnato allo show del Lunedì notte, ora lavora di tanto in tanto anche di Venerdì), ed LA Knight (stessa sorte dello scozzese) si sono accodati a questo strambo andazzo, tale che oggi nessuno ricorda più il Draft dell’anno scorso e quello che avrebbe dovuto rappresentare.

Ricordo con nostalgico affetto il clima della WWE dei primi anni duemila, dove i due roster (allora NXT non era neppure in programma) erano separati con certosina accuratezza, e dove l’unica opportunità per vedere nello stesso ring due wrestler di show differenti era l’evento della Royal Rumble. Dove vedere i due show che interagivano significava qualcosa, e le contese “miste” avevano addirittura una loro definizione (i match “interpromozionali”). Nel corso degli anni invece, nonostante la “lotteria”, i presupposti non venivano mai rispettati, e si finiva per fare un po’ come conviene. Che l’Era del Draft sia definitivamente conclusa ? Io penso di no, e credo che ci sia ancora un bagliore di speranza per questo concept, purché lo si “onori” dovutamente. Separare gli show crea un maggior ordine mentale nei fan, distingue due identità di prodotto e, perché no, da uno spessore ad ogni “switch” che si verifichi. Inoltre, e non meno importante, avere un Main Event meno “affollato” di lottatori di altri brand dà la possibilità ai midcarder di emergere con più facilità, e ci  si ritroverebbe a lavorare con “meno” materiale, costretti forse a valorizzarlo un po’ di più. La competizione, che sia tra due Federazioni o tra più show della stessa (non come quella farlocca di oggi, dove i due GM si limitano a contendersi il giovane di turno), ha sempre stimolato la crescita e l’evoluzione del prodotto, creando vere e proprie epopee della disciplina. Se la WWE è la prima a non credere al Draft, perchè dovremmo farlo noi?