Io proprio non mi convinco della bontà di Logan Paul. Sia chiaro che per bontà non intendo quella d’animo, ma l’idoneità sua ad un certo tipo di “standard” richiesti dallo stesso business che ce li ha ventilati in abbondanza negli scorsi decenni. Ossia, un certo atletismo (e di questo Logan ne è in possesso), un certo carisma (e anche qui, Logan non ne è sprovvisto), un certo grado meritorio del wrestler e una “convenienza” economica che è la base di ogni ragionamento. Ma c’è un ultimo aspetto da non trascurare, e che quando si parla di Logan Paul e della sua carriera stratosferica in WWE non viene minimamente menzionato, e cioè la logica. Quel filo di Arianna che deve accompagnare gli eventi e che deve presentare ognuno di essi come organico al quadro generale. Se la logica viene boicottata il pubblico se ne avverte, esplicita rimostranza e quel preciso momento passa nella black list personale di ogni fan di Wrestling. Ecco, Logan Paul che sfida Cody Rhodes è l’emblema di quanto appena detto.

Senza nessun particolare merito, senza essersi guadagnato questo privilegio, Nick Aldis ha presentato il biondo influencer\wrestler come prossimo sfidante al titolo dell’American Nightmare in Arabia Saudita. L’unica cosa positiva di questo pastrocchio è che con ogni probabilità Logan Paul perderà match e titolo Statunitense. Sì perché quello che si terrà a King and Queen of the Ring sarà un title vs title, la qual cosa rende più digeribile un atto teatrale che mi risulta meno indovinato dell’entrata in scena di Shockmaster. Io capisco il marketing e la necessità di capitalizzare sempre più ad ogni show, ma c’è una cosa che bisogna sempre rispettare quando si produce un contenuto rivolto al pubblico: la congruità. Le scene di un film come gli atti teatrali, i dialoghi nei libri come gli spettacoli di intrattenimento settimanale devono essere in linea col proposito che il produttore ha dichiarato sin dall’inizio. In questo caso, sin dalla notte dei tempi, il più forte del momento e il più meritevole è sempre andato a sfidare il campione in carica. È pur vero che molte volte così non è stato, e la Compagnia ha dovuto optare per uno sfidante che in quel preciso momento poteva rappresentare un ostacolo credibile al favorito di turno. Ma mai, a memoria d’uomo, si è avuta la spasmodica bramosia del match pubblicitario ad ogni costo come in questa epoca. Serve allo scopo, e per la seconda volta in questi due anni, Logan Paul.

Non è il match in sé che mi preoccupa, convinto che, anche se acerbo, Logan Paul metterà su un discreto match grazie all’aiuto del più esperto Cody. E nè gli incassi al botteghino che questa sfida può generare, essendo per sua natura un incontro che attirerà gran parte dei fan ad acquistare l’evento. Mi impensierisce piuttosto l’andazzo che la WWE sembra aver preso, o meglio, l’andazzo che questa potrebbe perpetrare in futuro. Ossia il tentare sempre più spesso nel corso dell’anno di strutturare la sfida “ibrida” (tra wrestler e “pagani”) che, se prima fungeva da contorno, oggi viene proposto come attrazione principale. Ciò a discapito degli altri lottatori nel backstage che anelano ad un posto simile, e alla credibilità complessiva del prodotto che si tramuterebbe da federazione di pro-wrestling a fiera da Paese di provincia. Capisco che questa visione può risultare distopica oggi, non essendo diffusa ancora questa sensazione nel pubblico, ed essendo questo il secondo tentativo della WWE in questo senso (come si suol dire una rondine non fa primavera). Ma la percezione che ho in questo momento è che questa strada sia inevitabile per un marchio che vuole imporsi a livello globale in maniera sempre più imponente, e per una azienda che del profitto (più che della logica e del piacere del singolo fan) ne fa unica ragion d’essere. E a ragion veduta. Ma alla lunga, semmai la mia profezia dovesse avverarsi, questa opzione potrebbe rivelarsi controproducente: In un periodo storico dove il Circo è “demodè”, la scelta del clamore e della spettacolarizzazione in barba ad ogni raziocinio può rappresentare una lama a doppio taglio.