Le Promotion che si occupano di Wrestling sono sempre spuntate come funghi negli Stati Uniti d’America. Le compagnie in questo Business hanno fatto arricchire diversa gente. Sono stati creati imperi, sono nati e cresciuti benestanti signorotti in giacca e cravatta, sono state tirate su famiglie che vivevano tranquillamente dai ricavi, qualcuno ha solo sopravvissuto rinunciando a tutto per una passione. Le Promotion però, spesso e volentieri, per non dire la maggior parte delle volte, hanno collassato implodendo in se stesse come palazzi demoliti nella periferia del Business.
Ce ne sono state a decine, se non a centinaia. Ce ne fu una però, che al momento della sua creazione suscitò non poca attesa. Era un’idea nuova infatti, un’idea che proveniva un po’ dal ghetto, un po’ dall’esperienza in questo mondo. Un’idea, inoltre, che univa due componenti che raramente, fino a quel momento, erano state avvicinate cosi tanto.
Era il 2011 quando un signore chiamato Steve Karel, decise di dare vita al suo progetto a dieci anni di distanza dalla scomparsa della Extreme Championship Wrestling, compagnia della quale la nuova creatura voleva catturare lo spirito, oltre che i vecchi fan, nonché lido nel quale lo stesso Karel aveva lavorato come Producer. L’intento del Promoter era quello di unire in un binomio se non inedito molto raro, il Professional Wrestling Hardcore e l’Hip Hop: nasceva il 3 Giugno del 2011 la Urban Wrestling Federation.
Il discorsi si sprecavano, un po’ come quando qualche tempo fa, venne a galla il progetto sul quale si basava il grande successo di Lucha Underground, o come quando, ancora più significativamente, nasceva la nuova incarnazione di NXT. Qualcosa di nuovo, di innovativo. I complimenti per l’idea non si fecero aspettare. Da ogni parte piovevano elogi: la stampa, la critica specializzata, internet, persino Gabe Sapolsky e Paul Heyman erano ansiosi di dare il loro benvenuto ad una nuova realtà di successo ma incastonata nella nicchia, proprio come la vecchia paladina del Wrestling indipendente anni novanta.
Sembrava tutto eccezionale, la fantasia e la creatività al servizio di una nuova alternativa alle grandi WWE e TNA, nonché alle compagnie indipendenti americane e non. Un nuovo inizio, una nuova terra dell’estremo.
L’estremo però è un concetto che va preso con le pinze, altrimenti si rischia di cadere nell’esagerazione e successivamente nel ridicolo. La vecchia ECW era molto attenta a questo. La creatività di Paul Heyman non era grandiosa solo per ciò che faceva, ma anche per ciò che avrebbe potuto fare ma evitava. L’Hardcore della ECW infatti, era il mezzo per comunicare a tutti un sacrificio. Era il badile che spingeva carbone nei motori di un treno che altrimenti si sarebbe fermato. Tutto il resto però, vagoni, viaggiatori e comandante, erano l’estremizzazione di quelli che possono essere dei concetti di vita. A volte un po’ oscuri, un po’ spinti, è vero, ma sempre radenti alla realtà come al Pro Wrestling.
Steve Karel invece, non si fermò troppo a ragionare. Pensò che dare il sangue e trasportare sugli schermi una cultura “emarginata”, almeno per come lui la intendeva, sarebbe bastato ad attirare a se il pubblico alternativo che cercava.
Fallì.
Fallì perché quando metti Wrestling nel nome della tua creatura, principalmente ciò che devi offrire, il fulcro del tuo lavoro, devono essere gli incontri. Per un Tommy Dreamer devi avere un Dean Malenko, per un 911 un Lionheart.
La Urban Wrestling Federation registrò due sessioni di Tapings che poi trasmise in PPV. I nomi c’erano, l’attesa c’era, ma il risultato mancò. Homicide, Eddie Kingston, Rich Ortiz ed altri, non bastarono a sopperire alla bassa creatività di chi scriveva. Wrestling Hardcore insensato, senza una logica, un po’ come la Combat Zone Wrestling degli inizi. Il tronco di ogni Storyline non era fatto che da bande che si massacravano sul Ring, troppo poco, e nei Backstage e nei parcheggi, troppo. Tutti i complimenti vennero ritirati. Qualcuno uscì molto deluso da questa esperienza e la Urban Wrestling Federation non rimase che un’incompiuta promessa.
Figura ancora attiva la piccola compagnia di Karel, ma dopo quegli Show registrati nel 2011 e mandati in PPV proprio fra quell’anno ed il 2012, nessuno Show fu più riproposto. Si perse un’occasione. L’occasione di interpretare in maniera di nuovo diversa, una disciplina che spesso ricalca troppo i cliché degli anni ottanta senza suggerire nuove idee ed opportunità . Oggi abbiamo tante realtà alternative, come la già nominata Lucha Underground, o come la EVOLVE, ma la creatività e le idee non dovrebbero mancare mai, perché per noi avere alternative significa essere vivi. Poter aprire i nostri orizzonti significa stimolare chi costruisce i prodotti per noi a fare sempre meglio. Fu un peccato quindi, anche per la Urban Wrestling Federation, perché è sempre un peccato quando qualcosa che può essere bello, finisce per essere stuprato dalla poca pazienza e dalla troppa avidità di chi si crede il suo padre padrone, non rendendosi conto che dopo aver riempito il primo palazzetto, i padroni diventiamo noi.