Il respiro è intenso ma lento. Lo sguardo verso l'alto dove un intreccio di travi di ferro sommerso in un biancore di luci invita al sonno.

Intorno a lui comincia ad affollarsi un gruppo di persone. La cosa si fa seria, mentre il famigliare dondolio del ring diventa ogni minuto meno soffice. Ogni sospensione è ogni secondo che passa più martellante. I movimenti non sono quelli semplici di ogni giorno. Un torpore lo avvolge come se si fosse appena svegliato dentro una vasca piena d'acqua, anche l'aria che comincia a mancargli gli da quest'impressione.

Pensa Darren. Pensa a quando era un ragazzo e un giorno ebbe la brillante idea di lasciarsi tutti gli altri sport alle spalle e tentare di diventare un lottatore. Ricorda i sacrifici, le delusioni, le conoscenze. Ricorda Paul Heyman, ricorda la ECW, Doug Furnas, Brakkus. Ricorda quegli show fatti con pochi soldi che per lui non erano che un passaggio prima dell'arrivo al grande traguardo, la WWF, alla corte del grande Vince McMahon.

Adesso qualcosa lo distrae, comincia a sentire dei dolori. Le voci ovattate di chi gli sta intorno lo allarmano, il silenzio della folla lo invita a vomitare. Si sta spaventando Darren, cosa succede? Darren si sta spaventando e per combattere questo pesante spavento pensa. Pensa al giorno che una telefonata gli comunicò che forse c'era una via d'accesso per la WWF, la dirigenza vuole accaparrarsi il maggior numero di talenti possibile per far si che nessuno approdi più nel fiume di soldi della WCW, gli dissero. "La WWF è la più forte, vincerà", Darren lo ha sempre saputo. Pensa al suo arrivo. A lui come Poke, a lui come Droz. Pensa agli allenamenti, ai cambi di programma sul suo personaggio. Pensa a D'Lo Brown. Come starà D'Lo.

Le urla che sente in lontananza Darren, sono proprio quelle di D' Lo, spaventato, anche lui, con la voglia di vomitare su quei dannati secondi, anche lui. Ma Darren non lo sa. Adesso sente lo stridere delle ruote di quella che forse è una barella, ma non ne è sicuro. Qualcuno lo sta portando via. Ha sentito dire la parola ospedale. Si apre un vuoto davanti a lui, le luci diventano infinitamente fastidiose e si innervosisce vedendo che intorno la gente esiste. Poi buio. Vede solo una cosa, di sfuggita. Incastrati fra quelle travi nel tetto dell'arena ci sono de ganci, di quelli che scorrono e possono far volare i wrestler sulle teste di quella gente che urla sempre ed felice di vedere il gancio che corre. A si, quella gente è il pubblico. Il pubblico che paga per vedere quelli come lui. Sono quelli per i quali sale sul ring. Devi sbrigarsi Darren, tornare a casa e riposarsi, fra pochi giorni vuole sentire di nuovo quelle urla per lui.

Poi un dolore intenso. Le ruote di quella che dovrebbe essere una barella hanno preso un buco, "maledizione", pensa Darren, "quest'acqua non mi fa muovere e questa che dovrebbe essere una barella prende i buchi". Passa solo un secondo da quel pensiero, e Darren alza simbolicamente un dito al cielo, nel ricordare che qualche mese prima, uno di quei ganci in mezzo a tutte quelle travi di ferro, si era rotto, facendo precipitare il povero Owen Hart. "Il wrestling è cattivo a volte. Owen è stato sfortunato. Io invece sono fortunato" pensa Darren.

Quella che adesso sa essere una barella, perché lo ha chiaramente sentito dire, esce da quel posto pieno di luci. Adesso è in un corridoio che sa di polvere. Le ruote viaggiano più spedite con meno ostacoli, e lui torna a pensare. Ricorda dove si trova e perché. Quell'arena è il Nassau Coliseum di Long Island, il suo match contro D'Lo Brown lo avevano programmato poco prima di salire sul ring. D' Lo! Come starà D' Lo? Perché non ricordo di aver lasciato le spalle a terra per il conto di tre, forse si è fatto male, forse qualcosa è andato storto, "spero di non averlo infortunato io" pensa Darren.

Una brezza fresca, l'aria di Ottobre, adesso accarezza il suo corpo. Dopo poco tutto si trasforma in freddo. Il sudore secco attaccato alla sua pelle insieme alla polvere di quel corridoio gli danno una sensazione di elettricità, che sommata a tutta quell'acqua che ha intorno, lo fanno stare malissimo. Ha di nuovo voglia di vomitare Darren, quindi pensa. Pensa che forse quello che sta accadendo è più grave di quello che invece aveva immaginato. Pensa che a questo punto è meglio smetterla di preoccuparsi di D'Lo, di Owen, del pubblico. Forse è meglio preoccuparsi di se stessi. Perché non sente più le fottute gambe. Non sente più le fottute braccia. Non sente più un fottuto cazzo. E allora si, chi se ne frega, lui vomita. Vomita tutto fuori. Vomita anni di fatiche e incertezze. Anni di lavoro e sudore. Di sangue e inquietudine. "Tutto è servito a ridurmi cosi?" Non crederci sarebbe facile. Ma non crederci non cambia le cose. "Vomito e poi si vedrà".

Le luci arancioni intermittenti si interrompono non appena la barella viene sistemata dentro l'ambulanza. Finalmente un po' di caldo. Non sento più freddo, sudore secco e polvere. Adesso sento caldo. Troppo caldo. 2000 gradi di caldo e rabbia. 2000 gradi di dolore. Cosa succederà? Davvero finisce tutto qui?

Davvero Darren, per te è finito tutto quel giorno. Il 5 Ottobre del 1999. Quando una Power Bomb, di quelle fatte di corsa, non è andata bene. D' Lo sarà colpevole? Si? No? Chi lo sa. Non cambia nulla, perché il wrestling è una macchina schiaccia tutto. Schiaccia le intenzioni, i sogni, le carriere, le vite. Bisogna accettarlo quando si sale sul ring. Per soldi e fama, per l'urlo della folla. Bisogna accettarlo e sapere che da un giorno all'altro potresti non tornare più a camminare. Le parole dopo sono solo i passaggi di una favola che dopo qualche tempo nessuno più tornerà ad ascoltare, a leggere.

Chiedi ad Hayabusa.

Bisogna accettare anche che se non arrivi ad un certo livello le lacrime staranno a zero. Per tutti. Bisogna accettare che una schiena spezzata, una vertebra rotta, un collo massacrato, sono il prezzo potenziale per tutto questo. Aldilà dei push, delle storyline, del backstage. Aldilà di quella gente che dice di rispettare ogni singolo wrestler, ma che in realtà piange solo per quelli che si ritirano con un promo mozzafiato sulle proprie gambe, e non solo non piange per te, che le gambe non le muoverai mai più, ma di te nemmeno si ricorda, a te nemmeno ti conosce.

Dovrai accettare anche un'altra cosa Darren: che un wrestler come te, si rifiuti di incontrarti chiamandoti storpio, ignorando il fatto che ciò che ti è successo sarebbe potuto succedere a lui: sai amico mio, evidentemente poi tanto guerriero non lo era.

Ci provo io Droz, a far si che quelli che non ti conoscono ora sappiano chi sei. Io sono piccolo e probabilmente insignificante, una voce fra milioni. Ma se qualcuno mi ascolterà e leggerà questa storia, saprà che c'è un uomo in più per il quale piangere, al quale ringraziare. Saprà che c'era, c'è, e anche senza poter più camminare ci sarà, Darren A. Drozdov.