Nonostante tutto, questa edizione di Hell in Cell l’ho trovata particolarmente utile. Utile perché ha chiuso molti capitoli aperti di questo 2016, sancendo il successo di Charlotte e di conseguenza di tutta la categoria femminile. Ora, la scelta di caratterizzare gli special event per stipulazione l’ho sempre trovata poco lungimirante, se non fosse per il fatto che così si rinuncia, teoricamente, a poter vedere conclusa una faida di Smackdown in un match Hell in Cell, in aggiunta a ciò si respira sempre un senso di oppressione e di obbligatorietà nel dover passare dalla stipulazione che da cui prende il nome l’evento. E se per la Royal Rumble o Money in the Bank, è esattamente l’opposto, per Hell in a Cell è esattamente così, invece.  Quest’anno, in fase di presentazione, si è fatto riferimento ad un main event triplo, il che da un punto di vista di marketing non è malvagio. In fin dei conti come lo scorso No Mercy ci ha ricordato che la disposizione di una card scellerata può rovinare tutto, l’edizione di quest’anno di Hell in Cell ci ha dimostrato che la disposizione di una card ben ragionata può salvare l’evento.

Non parlo della qualità degli incontri con stipulazione HIAC, ma della pura e semplice disposizione degli stessi; se Charlotte vs Sasha fosse stato inglobato all’interno della card, come forse avremmo potuto vedere in altri tempi, la valutazione dello show ne avrebbe risentito. La qualità degli incontri, invece, ha centrato perfettamente il pubblico a cui la WWE si rivolge, in maniera eterogenea, senza lasciare nulla al caso. E in questo devo fare un sincero plauso, non era scontato, soprattutto con la limitazione di un solo roster e talenti, diciamolo, non certo di chissà quale livello nel match di apertura. Rusev vs Reigns, per non usare definizioni troppo forti e invece cercare di infiocchettarlo con qualche parola gentile, è stato lottato ad un ritmo fin troppo lento e compassato. Personalmente l’ho trovato noioso e ridicolo nel momento in cui Rusev non sapeva se mordere la catena o usarla per fare pratica prima di baciare la moglie. Ma c’è a chi piace vedere due “omoni” darsele di santa ragione, lentamente per oltre venti minuti. Oh, magari i sessantenni fan del wrestling old school all’ascolto si saranno emozionati. A parte le battute, buono come opener, è servito a dare il mood alla serata e soprattutto senza alcuna pressione per questi due, in particolare Roman, che trovo sempre più spaesato.

Ho gradito molto la prestazione di Owens e Rollins, anche se di per sé, per come è andata si è tolto il pathos e il classico ultimo capitolo della faida all’Hell in Cell. Quel discorso accennato poco fa e nei nostri podcast, alla faida non serviva questa stipulazione ed è stata gestita come fosse una stipulazione qualsiasi. Peccato. Peccato anche perché, nonostante capisca la eccezionalità della situazione, quando vedo il titolo mondiale non difeso nel main event non mi piace molto.  L’eccezionalità della situazione, che aldilà del primo HIAC femminile della storia, aldilà del primo main event femminile di un ppv, per quanto mi riguarda a incoronato la migliore wrestler della storia e, parere personale, migliore wrestler in assoluto del 2016 in WWE. Direi che per quanto mi riguarda, posso ritenermi felice e far finta di niente per qualcosa andato storto.