Se qualcuno di voi pensa che sia quantomeno discutibile il comportamento della World Wrestling Entertainment con i suoi Show in Arabia Saudita, stato che calpesta molti dei diritti umani che negli Stati Uniti, come in occidente, sono fondamentali, non conosce l’evento che fece segnare il record i spettatori e che mantiene ancora oggi questo primato. Fu uno Show intrecciato, organizzato da due compagnie che scesero a patti con un regime, uno dei più brutali già all’epoca, e che ancora oggi nell’ambiente fa discutere, anche se, con tutta probabilità, non per il motivo giusto. Fu una collisione. Una collisione che però non terminò nell’esplosione adeguata. Questa è la storia di un evento strano, è la storia di Collision in Korea.

Era il 1995. Da una parte c’erano due delle più importanti compagnie di Wrestling del mondo. La World Championship Wrestling, Promotion che da anni ormai si era staccata dalla National Wrestling Alliance e si apprestava a fare la guerra alla World Wrestling Federation. E la New Japan Pro Wrestling, compagnia giapponese che da sempre, allora come oggi, ha offerto uno spettacolo alternativo, non troppo conosciuto in occidente ma incredibilmente considerato in estremo oriente. Dall’altra parte c’era la Corea del Nord, un paese che dal 1948 sottoponeva, e sottopone, i suoi abitanti ad un regime totalitarista durissimo, stalinisti agguerriti che non concedono il dibattito e bloccano con la forza le voci fuori dal coro, il loro coro. Nel 1995 il capo di stato, padre e padrone della dittatura comunista, era Kim Jon-il, che da meno di un anno era salito al potere dopo la morte di suo padre Kim II-sung. Al centro uno spettacolo con un nome ufficiale abbastanza paradossale, Pyongyang International Sports and Culture Festival for Peace, e scusate se è poco, considerando l’ultima parola.

L’evento viene organizzato sull’isola di Rungra, nel Rungrado 1st May Stadium, complesso ultimato nel 1989 e aperto, appunto, il primo giorno di maggio, per ospitare la tredicesima edizione dei campionati del mondo dei giochi della gioventù, ma, soprattutto, per dimostrare che la Corea del Nord era la vera Corea, rispondendo con la forza alle olimpiadi di Seul del 1988. Lo stadio è, ancora oggi, il più capiente del mondo, con più di 50.000 posti in più del secondo, ovvero il Camp Nou di Barcellona. 150.000 posti a sedere. In realtà dopo la riforma del 2014, si stima siano molti meno. Il primato, comunque, resta.

Lo spettacolo di Wrestling, il primo di quella portata in Corea del Nord, fu organizzato in due serate, il 28 e il 29 aprile. Entrambe le Card furono di tutto rispetto, con un Main Event nella prima che vide il campione IWGP Shinya Hashimoto difendere la cintura contro Scott Norton, con successo, e con la seconda che vide come ultimo incontro quello che all’epoca era, senza alcun dubbio, uno dei Dream Match più agognati: Ric Flair vs Antonio Inoki. Il giapponese si portò a casa la vittoria.

Ci fu spazio anche per le donne, e se vogliamo in questo la Corea si dimostrò da subito superiore all’attuale Arabia Saudita, con un Tag Team Match la prima serata, nel quale Akiro Hokuto e Bull Nakano sconfissero Manami Toyota e Mariko Yoshida, e con un Match singolo nella seconda, nel quale le due vincenti della notte prima si affrontavano con il palio il titolo femminile della Consejo Mundial de la Lucha Libre, altra compagnia importantissima a livello mondiale, in questo caso messicana. Akiro Hokuto mantenne la cintura.  Degne di nota furono anche le presenze di Pegasus Kid, aka Chris Benoit, Masahiro Chono, Hiroshi Hase, Kansuke Sasaki e gli Steiner Brothers.

Quindici Match in tutto, divisi in sette la prima notte e otto la seconda, che vennero accolti da un pubblico che tenne un comportamento in linea con quello giapponese: silenzioso, rispettoso, con applausi che ringraziavano le azioni degli atleti, ma che, bisogna dirlo, non fu esattamente uguale. Ciò che traspariva abbastanza limpidamente infatti, almeno per ciò che riportano alcuni giornalisti con legami dentro l’organizzazione,  era un atteggiamento del pubblico potenzialmente molto più espansivo di quello giapponese, ma nettamente più inquadrato in un comportamento forzatamente educato e lineare. C’era la voglia di urlare insomma, ma non si poteva. Come in tutto ciò che succedeva e succede in Corea del Nord, la facciata conta di più della libertà di esprimersi e i “vigilanti” ad ogni angolo, ricordavano benissimo questo concetto a coloro che, magari presi dalla novità, avrebbero potuto dimenticarlo.

Questo spettacolo con tutti i suoi pro, alla fine nemmeno tanti, e i suoi contro, diversi, fece segnare, come detto in apertura, il record di presenze sulle gradinate: 190.000 la prima serata e 150.000 la seconda. Numeri gonfiati come fa la WWE, direte voi, probabilmente, risponderò io. Dave Meltzer sostiene che in realtà fossero molti meno, ma comunque sia stiamo parlando di un record assoluto, che seppur costruito su un sistema coercitivo e senza quell’atmosfera che uno Show di Wrestling dovrebbe avere, cioè la libertà di espressione, è entrato ed è rimasto negli annali e probabilmente ci resterà, e lo farà in cima, per un sacco di tempo.

Collision in Korea non è contemplato fra le voci presenti nel WWE Network. Ammettiamo anche che sia giusto, considerando la storia di questo paese, una storia terribile, e considerando le frizioni che negli ultimi anni hanno contrapposto il loro governo e quello degli Stati Uniti, ma allora, perché gli eventi arabi non solo si sono svolti, ma sono anche sul Network? Considerazione sterile, lo ammetto, ma era giusto per far notare una volta in più quanto si può essere ipocriti, oggi nella WWE, come ieri nella WCW e nella NJPW. Come sempre, il denaro, è il comandante con le mani sul timone, mani sempre più forti, sempre più salde. Come detto fu una vera collisione, brutalmente strana e difficilmente pensabile fino a quel momento, ma, anche questo detto prima, non ci fu la giusta esplosione. Non ci fu lo sdegno adeguato, non ci fu nessuno di importante che, preso un microfono, dicesse la verità come si fa oggi. Nessuno puntò il dito e disse: “ciò che succede in Corea del Nord, è anche colpa tua”.

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.