Part Timer. Nel mondo del Professional Wrestling attuale, la definizione Part Timer è diventata croce e delizia dei fan di tutto il mondo. I Part Timer sono quelli che tornano ogni tanto. Cha fanno delle comparsate per una notte. Oppure che stanno qualche mese, in qualche occasione importante. Sono quelli che spesso si prendono lo Spot che conta, addirittura, a volte, combattendo per i titoli importanti, per le cinture più luminose. I Part Timer si prendono la gloria, brillano sempre specchiandosi in corone che riportano un po’ al passato e riportano un po’ di denaro nelle tasche della WWE. I Part Timer si prendono i Main Event importanti. I Main Event di Wrestlemania.
I Part Timer però, oggi, sono una parte del Business che i lottatori regolari hanno saputo accettare. CM Punk a parte, fino a che qualcuno non finisce fuori dalla WWE, non ci sono lamentele, prese di posizione, minacce di addio. I lottatori continuano a prendere il loro bello stipendio consapevoli che un seguito maggiore corrisponde a un compenso maggiore, anche per loro.
I veri Part Timer, quelli che davvero facevano male, c’erano nel passato. C’erano quando i lottatori non percepivano stipendi giganteschi come oggi. C’erano quando Vince McMahon si sentiva ancora troppo fragile per poter rinunciare a qualcosa di tanto prezioso quanto rappresentante. I veri Part Timer, quelli che colpivano al cuore i colleghi, gli addetti ai lavori e il loro capo, c’erano quando le folle dal giallo-rosso cominciavano a spostarsi al rosa-nero. Nel 1993, il Part Timer, assetato di gloria e colmo di egoismo, era Hulk Hogan.
La sera prima di Wrestlemania IX, Vince McMahon telefona a Bret Hart, all’epoca campione della World Wrestling Federation. Il numero uno, in assoluto. I due si incontrano nell’ufficio del boss. Dopo i saluti di rito, Vince va al sodo, facendo centro immediatamente nell’animo, già controverso di suo, dell’ “Hit Man”. La richiesta fu esplicita e diretta: Yokozuna, vincitore della Royal Rumble di quell’anno e quindi Main Eventer di Wrestlemania, avrebbe dovuto vincere il titolo la sera dopo contro il canadese. Bret Hart si sentì male, subito. Non tanto perché pensasse di essere di fronte a un’ingiustizia, ma più che altro perché temeva di non aver fatto, al suo primo regno da campione WWF, il lavoro adeguato.
Vince però lo rassicurò. Gli disse che aveva grandi progetti per lui, progetti che poi effettivamente si concretizzeranno, ma che aveva bisogno in quel momento di cambiare strategia, di cambiare piani. Bret si disse disponibile, consapevole del fatto che sarebbe stato protetto dalla scorrettezza di Mr Fuji. Era molto grato a Vince McMahon, per lo meno all’epoca, e sosteneva di essere disposto a comportarsi da professionista e fare tutto ciò che il capo gli avesse chiesto.
La vera mazzata, però, arrivò dopo. Vince McMahon comunicò a Bret che il tutto avrebbe culminato con il Run-In di Hulk Hogan, che poi, dopo una sfida di Mr Fuji, storico Manager di Yokozuna, sarebbe salito sul Ring e avrebbe conquistato lui la cintura. Bret, nonostante la malavoglia di sorridere, accettò professionalmente la decisione e uscì tranquillamente dall’ufficio.
Il giorno seguente, nell’evento più importante dell’anno, anche se in una delle edizioni peggiori, il tutto si concretizzò. Sotto le urla del pubblico del Caesars Palace di Paradise, Nevada, Bret Hart perse. Perse in realtà un po’ infastidito, perché durante l’incontro Yokozuna si dimostrò non tropo consono al suo modo di lottare, evitando certe manovre tra le più importanti di Brat Hart e catapultando spesso e volentieri l’azione a suo favore. Nonostante tutto Bret riuscì a tirare fuori dal samoano-“giapponese” uno dei migliori Match della sua carriera. Fu cosi che come da programma, Bret Hart mise a fatica il buon Yoko nella Sharp Shooter fino a che Mr Fuji non gli tirò negli occhi i suoi “sali” urticanti. Yoko si girò, schienò Bret e diventò campione del mondo della World Wrestling Federation.
Purtroppo per entrambi, però, anche tutto il resto andò come da programma. Hulk Hogan arrivò a protestare della scorrettezza uscendo sullo Stage per la seconda volta nella serata, nella prima perse per squalifica insieme a Brutus Beefcake un Match di coppia contro i Money Inc, che mantennero le cinture di coppia. Bret lo invitò ad accettare la sfida (incomprensibile a livello logico) di Mr Fuji. Hulk salì sul Ring e dopo una Clothsline al Manager, un Big Boot e un Legdrop of Doom, ecco un nuovo campione della WWF.
Tutto questo perché, in quegli stessi giorni, un altro caso steroidi era stato sul punto di scoppiare e Hulk Hogan, vistosi davvero poco, era stato assente dalla compagnia per un bel pezzo. Al suo ritorno, nel momento più importante del regno di Bret Hart, aveva preteso di vincere la cintura più valorosa, invocando, o almeno questo si dice, la clausola sul controllo creativo, che per chi non la conoscesse era un punto del contratto di alcuni Wrestler, con il quale questi potevano far valere quello che secondo loro era un diritto, cosi da non avere effetti negativi sulla propria carriera. Probabilmente nel contratto di Hogan quella clausola non c’era ancora, ma l’effetto, in pratica, era esattamente lo stesso. Minacciava la WWF di abbandonare la barca nel caso non avesse avuto ciò che voleva.
Se guardiamo la cosa con la lente, Hulk Hogan non era davvero un Part Timer, ma l’effetto, ancora una volta, era lo stesso. Gli stessi Shawn Michaels e Undertaker, all’epoca non proprio senatori del Backstage, ma pronti a prendere il controllo dei fan, si lamentarono della situazione. Il Backstage non era affatto felice e uomini come Tatanka, Mr Perfect, Razor Ramon, ancora più lontani dalla zona alta, vedevano in quella mossa una possibile reazione a catena che avrebbero potuto subire anche loro, scivolando più in basso nel Ranking interno.
L’epilogo a telecamere spento sembrava pure dolce, perché Hulk Hogan promise a Bret Hart di restituirgli il favore, ma cosi non fu. Qualche tempo dopo Bret ricevette un’altra chiamata di Vince McMahon, che gli comunicava una grande notizia: King of the Ring sarebbe stato il momento e il luogo nel quale avrebbe vinto di nuovo la cintura. Le motivazioni furono chiare: Hulk Hogan stava ascoltando altre sirene, troppe, e non aveva intenzione di rovinare il suo progetto di una “New Generation” per un nome che avrebbe potuto lasciarli di li a poco.
La clausola sul controllo creativo, però, tornò a farla da padrone, insieme all’insopportabile egocentricità di Hogan. Vince McMahon, suo malgrado, dovette informare ancora una volta Bret di un cambiamento: Hulk Hogan non lo riteneva alla sua altezza e non avrebbe messo le spalle al tappeto per lui. Bret si sentì altamente tradito e da qual momento in poi non considerò più Hulk Hogan un uomo da rispettare.
Hulk Hogan perderà quella cintura a King of the Ring, il PPV successivo, che vedrà Bret Hart vincere il torneo e diventare il re del ring per la seconda volta consecutiva, record al momento imbattuti, due volte vincitore e addirittura consecutivamente. Bret poi manterrà un basso profilo fino al Gennaio del 1994, quando vincerà la Royal Rumble in un pari merito con Lex Luger. A Wrestlemania X, in quel del Madison Square Garden, perderà prima contro suo fratello Owen e poi, nel Main Event, chiuderà il cerchio sconfiggendo Yokozuna e tornando campione della World Wrestling Federation.
Hulk Hogan invece tornò per qualche tempo nella New Japan Pro Wrestling, prima di tornare in America, nella World Championship Wrestling, dove, nel corso degli anni, non mancherà di pretendere aumenti contrattuali, titoli, potere e citerà innumerevoli volte la sua “CCC”: Creative Control Clause! Stavolta si, bella scritta, nero su bianco, nel suo contratto.