Penuria di talenti di rilievo a tutto tondo. E’ questo uno dei problemi della WWE attuale, assieme ad una gestione creativa a tratti pigra e vischiosa: tuttavia esiste un’isola felice, chiamata NXT. Più esilarante degli sketch comedy tra The Miz ed un felino, ecco a voi l’editoriale odierno!

Il wrestling, grazie ad una sovraesposizione di caratura a dir poco gargantuesca, spesso pecca di ripetitività e scarsa originalità. Capita, in determinati periodi dell’anno in cui la vena creativa del booking team è occlusa da bolle d’ossigeno, che il prodotto soffra di un eccessivo immobilismo, e che le tre ore di Raw risultino essere come gli ultimi sorsi di una granita il cui succo è oramai bello che andato, per dare spazio all’insapore acquetta del ghiaccio sciolto.

NXT è l’ora di wrestling che ho davvero voglia di vedere. E non è solo per quella atavica necessità del fan di wrestling di seguire la “genesi” di campioni futuribili, piuttosto è per l’intera struttura dello show, ordinato e quasi sempre con un obiettivo ben preciso in mente: 45 minuti distribuiti con 10 minuti di segmenti, 15 minuti di main event, 7 minuti di match femminili (decisamente ben costruiti) ed infine “showcase matches” dalla durata variabile. Un format semplice, immediato e decisamente accattivante perché racchiude in se innanzitutto la freschezza che solo la novità è in grado di portare, assieme ad una durata che permette lo spettatore di mantenere la soglia dell’attenzione alta per tutta la durata dello show.

Anche il luogo fisico dove questo spettacolo si svolge, ossia nella Full Sail University in Florida, è un’arena contenuta, dove tutti gli spettatori reagiscono in modo unanime ad i diversi stimoli offerti dai wrestler, la maggior parte di essi ben caratterizzati e con peculiarità ben chiare allo spettatore. Che si parli del modello alla Zoolander, dei vampiri alla Underworld oppure dei truzzi di Long Island, ogni personaggio è in grado di creare una reazione immediata nel pubblico, creando in un effetto domino un coinvolgimento simile nello spettatore che assiste allo show comodamente seduto sul divano di casa, o sul Pozzi Ginori con l’ipad.

Un’altra cosa che personalmente adoro dello show, è la crescita dei personaggi. Nel main roster, paradossalmente, nonostante il lungo minutaggio settimanale non sempre si riesce a dare una vera svolta evolutiva ai personaggi, anche interpretati da performer di un certo spessore, creando inevitabilmente una forma di stasi che finisce con il far raffreddare l’interesse del pubblico nei loro confronti. Mi verrebbe in mente Sheamus come esempio lampante, Kofi Kingston oppure Orton sino ad un mese fa: in particolare il lottatore Celtico è oramai intrappolato in questo blob informe da babyface albino con una comicità incompresa ed un’insaziabile voglia di calciare da tanto, troppo tempo, ed occorrerebbe un’evoluzione di qualsiasi genere (turn heel, cambio gimmick, cambio di sesso) per rinverdire un po’ di quel potenziale così evidente sino a qualche anno fa. La crescita della barba potrebbe essere un’ottima indicazione in tal senso. Ma ritorniamo a noi.

NXT, dicevamo, presenta questa capacità narrativa in grado di raccontare delle storie, in modo da far appassionare lo spettatore ad un prodotto decisamente poco ripetitivo. A questo, aggiungiamo che la politica della WWE nel suo territorio di sviluppo è ben chiara: affiancare ad atleti di “produzione propria” i gioielli più preziosi e brillanti del panorama indipendente come Kevin Steen, El Generico, Kenta, Samuray del Sol, Prince Devitt, PAC e molti altri, in modo da coltivare l’interessamento di quei fan smart che da sempre rappresentano il core business del wrestling, ed in modo da adattare lo stile ROH/indipendente a quello WWE, decisamente meno volto alla sensazione e più allo storytelling. E devo dire che i frutti si stanno vedendo tutti, basti vedere quanto ne stia guadagnando in immagine Tyson Kidd dopo secoli e secoli di oblio.

Mantengo un certo riserbo su Hideo Itami (Kenta), a causa dei pericolosi “precedenti” dei suoi conterranei, mentre mi sentirei di porre un preventivo bollino di approvazione per Finn Bàlor (Prince Devitt), ottimo worker e dotato di un carisma scenico davvero notevole. Sami Zayn (El Generico) necessita ancora di qualche piccolo miglioramento al microfono ma è praticamente pronto al grande salto, grazie anche al suo naturale propendersi all’essere un babyface un po’ alla Bryan, così come credo sia pronto Tyler Breeze, forse troppo comedy per essere un top heel ma decisamente in grado di intrattenere una faida da upper-midcard sin da subito nel main roster. Mantengo un certo riserbo anche sull’attuale Campione NXT, Adrian Neville (PAC), decisamente troppo poco dotato al microfono e decisamente troppo babyface come stile di lotta per essere affiancato ad un manager heel in grado di sopperire a questa sua mancanza, mentre credo che in Kalisto (Samuray Del Sol) la WWE abbia trovato l’erede di Rey Mysterio così lungamente cercato e desiderato. Ma NXT ha anche altre cose decisamente interessanti.

La prima è la presenza di una divisione femminile che lascia decisamente ben sperare per il futuro, con Charlotte Flair e Sasha Banks in rampa di lancio, Bailey come elemento attrattivo per i più piccoli ed un’Alexa Bliss dall’enorme potenziale, non solo per il suo look alla mini Kelly Kelly ma anche per la sua straordinaria agilità e tecnica. La seconda cosa NXT l’ha ereditata dallo Smackdown di qualche anno fa.

Quando un personaggio diventava stagnante ed aveva poco spazio a Raw, mandarlo a Smackdown, nel periodo dello split netto tra brand, era visto come potenziale espediente in grado di far rifiorire l’immagine del talento di turno, lontano da altre presenze ingombranti. Oggi, con il venir meno della divisione tra roster, SD è diventata una prosecuzione slavata della già annacquata Raw e dunque questa capacità è stata bella che persa. NXT, nel suo piccolo, potrebbe assolvere lo stesso compito: Tyson Kidd ha avuto uno sdoppiamento di personalità alla Darkwing Duck, restando jobber babyface nel main roster e divenendo top heel in Florida…ora, non dico che la sua carriera sia da considerarsi come risorta, ma di certo vi potrebbero essere delle basi per utilizzare questo talento in modo decisamente più proficuo.

In soldoni: NXT non è da considerarsi un prodotto di nicchia, bensì un prodotto per tutti gli appassionati. Storyline coerenti ed a lungo termine, personaggi ben costruiti, match dal minutaggio giusto e tante variabili come la categoria tag team o quella femminile: cosa potremmo volere di più? Speriamo solo che la WWE aggiusti il tiro, riuscendo a far trasferire parte del buono fatto ad NXT nel main roster, senza lasciare le due cose totalmente scollegate.

Chiedere a Big E, Adam Rose, Emma ed Xavier Woods per opportune informazioni.

Danilo