Nella AEW del 2024 abbiamo assistito ad un’opera incompiuta che aveva tutte le premesse per essere memorabile. Jon Moxley, con la sua formazione dei Death Riders, sta scrivendo un capitolo che poteva essere epico ma che, purtroppo, sta perdendo mordente settimana dopo settimana, vittima di una crisi narrativa più profonda di quanto appaia in superficie.

L’essenza della narrazione

Il problema credo stia alla base della Narrazione. In quello che rende una storia non solo comprensibile ma memorabile. Una narrazione efficace richiede tre elementi essenziali: un protagonista con un obiettivo chiaro, un ostacolo concreto da superare, e il viaggio che li connette. La storia dei Death Riders, pur avendo un protagonista carismatico, sembra aver perso di vista questi fondamenti basilari.

Per comprendere dove questa storia ha perso la sua strada, è illuminante il confronto con una delle storyline più iconiche della storia del wrestling: l’NWO. Quella trama funzionò perché ogni elemento era chiaramente definito: Hulk Hogan non era più il wrestler sulla cresta dell’onda di una volta e voleva soddisfare il suo egocentrismo mantenendo il potere attraverso un esercito di seguaci, mentre Sting rappresentava la perfetta nemesi, un eroe tradito che combatteva non solo contro l’NWO, ma contro un’intera compagnia che aveva perso fiducia in lui.

Le fondamenta vacillanti

Il primo problema fondamentale risiede nella costruzione della storyline. La trasformazione di Moxley non è stata preparata con la dovuta cura. Non basta sparire per alcuni mesi e tornare come un leader di culto dalla testa rasata. Il Blackpool Combat Club, di cui Moxley era parte integrante, aveva già perso la sua direzione dopo la partenza di William Regal. I semi del dissenso avrebbero dovuto essere piantati con maggiore anticipo, nutriti con cura per almeno tre mesi prima di sbocciare in questa nuova incarnazione.

Marina Shafir, PAC e Claudio Castagnoli potrebbero essere personaggi complessi e sfaccettati. Invece, rimangono figure bidimensionali, semplici seguaci senza una propria voce. Qual è il legame tra Shafir e Moxley? Poteva essere stata lei a instillare in Moxley queste idee deliranti. Perché PAC, che non faceva nemmeno parte del BCC fino a luglio, ha abbracciato questa causa? Sono domande che meriterebbero risposte profonde e che dovrebbero rappresentare le fondamenta della storia che ci stanno raccontando e che invece non sono mai nemmeno state poste.

Lo scopo: la rivoluzione di Moxley

L’idea alla base è affascinante: un leader carismatico e tirannico che cerca di “purificare” la AEW per un bene superiore. E chi meglio di Jon Moxley potrebbe interpretare questo ruolo? La sua presenza magnetica, il carisma naturale e la capacità di essere credibile in qualsiasi contesto lo rendono il candidato ideale per guidare questa crociata. Eppure, qualcosa non sta funzionando come dovrebbe.

Quale sarebbe lo scopo finale del gruppo di Moxley? L’obiettivo chiaro e conclamato (in modo delirante) da Moxley è quello di prendere il controllo della AEW e riplasmarla nella sua crudele concezione. Eppure ad oggi, dopo mesi di regno, non si capisce ancora bene cosa vuole fare, oltre a detenere il monopolio sul titolo. Mi aspettavo infortuni, licenziamenti, trasformazioni di wrestler in adepti e chissà quali altri effetti. Eppure non è successo praticamente nulla di tutto questo. A volte abbiamo visto dei frammenti di questo proposito, come la chiusura di Rampage ma in generale fatico a vedere un filo logico nelle azioni del gruppo e ancor di più fatico a vedere delle conseguenze.

Moxley ha promesso di “bruciare la foresta” e ha parlato di vittime necessarie per la rinascita della AEW. Parole potenti, che però sono rimaste tali. Sebbene ci siano stati momenti molto duri nei pestaggi, le “vittime” tornano dopo poche settimane, come se nulla fosse accaduto. Persino Bryan Danielson, dopo essere stato quasi soffocato a WrestleDream, è apparso sorridente a una conferenza stampa. Dov’è la guerra promessa? Dove sono le conseguenze delle azioni dei Death Riders? Magari sarò tacciato di pignoleria ma mi sembra che alle terribili azioni dei Death Riders non stia seguendo alcuna conseguenza.

I momenti non fanno una storia

Un errore cruciale nella gestione di questa trama è stato confondere i momenti spettacolari con la narrazione effettiva. Sì, abbiamo assistito a scene d’impatto, a violenti attacchi nel parcheggio, a proclami minacciosi, ma questi momenti rimangono isolati, come fuochi d’artificio che illuminano brevemente il cielo notturno per poi svanire senza lasciare traccia. Una vera storia ha bisogno di progressione, di causa ed effetto, di conseguenze che risuonano nel tempo.

Questa storyline è sintomatica di un problema più ampio che affligge la AEW: la compagnia eccelle nel creare momenti memorabili e match spettacolari, ma spesso fatica a costruire la struttura narrativa che dovrebbe sostenerli. Si creano momenti pazzeschi come Moxley che strozza Danielson ad All Out, ma senza una struttura solida alle spalle.

Gli eroi senza una causa

Abbiamo parlato del protagonista e del suo obiettivo, ora parliamo dell’ostacolo, i nemici di Mox. Sul fronte dei face, la situazione non migliora. Il match a quattro per il titolo mondiale è sembrato più una questione di ambizione personale che una crociata contro il male rappresentato dai Death Riders. Jay White, Orange Cassidy e Hangman Page non sembravano veramente preoccupati della minaccia rappresentata da Moxley e il suo gruppo. Volevano il titolo mondiale, non sconfiggere Moxley e salvare la AEW.

Molti pensano che l’errore sia stato dare il titolo a Moxley, dato che per essere un motivo di interesse non ne aveva bisogno. Eppure io penso che sia stata una scelta logica ed inevitabile: il potere è anche tenere in ostaggio il titolo del mondo. L’errore è che chi si mette contro i Death Riders lo faccia per i titoli e non per sradicare il loro dominio. Chi si metteva contro Roman Reigns lo faceva per il titolo, certo, ma perché perdere il titolo significava il crollo del suo potere. Oggi questa comunione titolo-potere non esiste e questo rende un po’ ambivalente la narrazione. La conferma di ciò è Will Ospreay che rinuncia ad aiutare “i ribelli” perché vuole concentrarsi sul Continental Classic. Non è un semplice titolo in gioco, è la AEW come la conosciamo. Cosa c’è di più importante del futuro della compagnia?

Quello che serve alla AEW in questo momento per fare brillare i Death Riders è un’opposizione credibile. Un grande face che possa realmente incarnare la “resistenza”. Con tutto il rispetto per Cassidy o Allin, parliamo di wrestler che non hanno – e forse non avranno mai – lo spessore di Moxley. Dopo questa prima parentesi si è scelto di mettere in campo altri due calibri pesanti: Page e White. Con loro il focus è sembrato più quello di ottenere il titolo che non di debellare la minaccia dei Death Riders ed è mancato quindi quel dramma. E’ stato come se il fatto che andassero contro fosse una sorta di sfortunata circostanza che una questione personale o uno scontro di ideali.

Anche MJF ha dichiarato guerra nell’ultima puntata e mi sembra anche logico, se non fosse turnato heel in modo così repentino dopo il suo ritorno. Probabilmente tra tutti, ancora più di Edge, MJF poteva essere quell’uomo-AEW che tiene alla compagnia e vuole salvarla. D’altronde si è tatuato il logo della compagnia sul corpo. Eppure l’hanno turnato heel e per mantenerlo tale e metterlo contro Moxley, hanno già messo in chiaro che il suo obiettivo è solo il titolo. Mi sembra stiano ripetendo l’errore fatto con White e Page. Rimane nell’ombra Christian, altro heel e poi di Edge, che è il primo vero Face dello stesso livello di Moxley che si erge contro di lui.

Quello che la AEW deve evitare è trasformare il motivo di interesse di questa storia nella collisione Edge-Moxley o MJF-Moxley. Sicuramente gustarci questi match è una cosa che vogliamo tutti, ma deve essere principalmente una sfida per salvare la compagnia da Moxley, non uno scontro di ego. Altrimenti ancora una volta passeranno in secondo piano le motivazioni dei Deth Riders e di Moxley.

La speranza di una rinascita

Nonostante tutto, c’è ancora spazio per una rinascita di questa storyline. La AEW ha dimostrato in passato di saper raccontare storie complesse e stratificate, come dimostrato dalla saga di MJF e Adam Cole (fino ad All In 2023 magari) o dal feud tra Hangman Page e Swerve Strickland.

La AEW ha tra le mani una storia potenzialmente esplosiva. Jon Moxley ha il carisma e le capacità per guidare questa narrazione verso vette mai raggiunte prima. Ma serve un ritorno ai fondamenti della narrazione: obiettivi chiari, ostacoli credibili, conseguenze durature e una progressione coerente della storia. Solo così i Death Riders potranno davvero lasciare un segno indelebile nella storia della AEW. Il tempo corre e c’è chi già chiede che la storia venga abortita. Se la AEW vuole trasformare i Death Riders nella sua NWO o nella sua Bloodline, deve cambiare rotta adesso.