Goldberg contro l’Undertaker, nel 2019. Un first time ever che poteva finire molto peggio dello spettacolo indegno a cui abbiamo effettivamente assistito.

Chi legge da anni i miei editoriali e review avrà capito un po’ il mio modo di giudicare i match. Apprezzo quelli che riescono a unire tecnica e velocità ma non sputo sopra quelli più ragionati e con meno fuochi d’artificio. L’importante per me è che i due (o più) atleti sul ring sappiano raccontare una storia attraverso l’incontro. Per questo ho ben considerato un match come quello tra Batista e Triple H dell’ultima edizione di Wrestlemania, così come quello dell’ultimo scontro tra Lesnar e Golberg e stesso discorso per quelli tra The Rock e Cena (soprattutto il primo); ho fatto tre esempi di incontri che non hanno brillato per rapidità e mosse spettacolari, ma hanno saputo coinvolgere mettendo in campo altri fattori.

Ci sono certi wrestler che hanno raggiunto una dimensione tale che anche solo il fatto di averli l’uno di fronte l’altro a guardarsi male in centro ring fa impazzire l’arena. Non servono moonsault, voli dalla terza corda e quant’altro, ma è l’evento stesso e ciò che essi rappresentano con la loro carriera a dare un senso al tutto; anche solo limitandosi a signature move e finisher possono sopperire ai limiti ormai imposti dall’età. Per questo non ero così negativo in senso assoluto per la scelta di metter contro oggi Undertaker e Goldberg. Ritenevo che prima di ufficializzare il match si fossero assicurati che le condizioni fisiche dei due fossero tali da mettere in scena qualcosa di quantomeno accettabile, un first ever che evocasse tempi nostalgici e qualche brivido. Il brivido c’è stato, ma per l’incolumità dei lottatori. Il mio ottimismo è andato in frantumi scontrandosi con la realtà.

Nel mettere in scena un incontro di wrestling una componente fondamentale è la fiducia nell’avversario, che non è altri che il collega con cui vuoi dare un’emozione al pubblico pagante. Ma nonostante molti detrattori della disciplina dicano che è tutto finto, nel wrestling purtroppo ci si può far male e pure tanto. In certi casi ti prendi dei rischi proprio perché sai che sarà il tuo collega a impedirti i guai. A Super Showdown credo che abbiamo rischiato di assistere a qualcosa di ben più grave di un semplice brutto incontro.

Ora non voglio prendere un bilancino e misurare le colpe per i botch diffusi nel match, ma quando hai due wrestler così avanti negli anni e che sono semiritirati da anni o sai che fisicamente si sono sottoposti a una preparazione specifica e che hanno provato l’incontro a lungo, o la tragedia è dietro l’angolo. Se nessuno dei due si è fatto male è stato un miracolo, nonostante la brevità del match i due hanno rischiato di infortunarsi più volte. La goffaggine del finale con quella forzatissima e anticlimatica chokeslam per chiudere il tutto è un dettaglio in un incontro che poteva avere conseguenze ben peggiori.

La mia sensazione è che i due siano stati mandati allo sbaraglio, informandoli dell’incontro senza il necessario preavviso e provandolo il minimo indispensabile. In casi come questi se almeno uno dei due wrestler è in forma e magari non così avanti con gli anni si può sperare che riesca a coprire le pecche dell’altro (come Cena contro The Rock o Lesnar con Goldberg), ma con entrambi in pessime condizioni non c’era nessuna garanzia.

Spero che in WWE abbiano imparato la lezione e che se in futuro vorranno riproporre match così altisonanti nelle loro tourné intorno al mondo sarà meglio che almeno uno dei due atleti non sia ritirato da tempo. Anche perché questo first time ever non sarà certo ricordato come avrebbe meritato di essere anni fa, ma solo come una triste pagina sportiva che offusca la gloria dei suoi protagonisti.

Sergedge – EH4L