Gli ascolti di Raw sono in caduta verticale che nemmeno la Cagnotto dai Faraglioni di Capri. Quali sono le possibili cause di questo spiacevole fenomeno? Più arcigno del Bate Borisov, ecco a voi l’editoriale odierno!
Parliamo numeri alla mano, ponendo come punto di partenza il mese di Agosto. Nel periodo (climaticamente) più caldo dell’anno, la WWE ha totalizzato nelle quattro puntate estive nell’ordine: 3.70 milioni, 3.84 milioni, 3.77 milioni (ultima puntata prima di Summerslam) ed infine 3.72 milioni di spettatori.
Nel mese di Settembre, invece, si è avuta un’iniziale ripresa con 3.89 milioni di spettatori (con presenza di Sting annunciata), una ricaduta con 3.38 milioni, poca nuova linfa con la “Season Premiere” che ha totalizzato 3.4 milioni ed infine i due ratings più bassi del 2015: 3.35 milioni il 22 Settembre ed addirittura 3.33 milioni il 29, subito dopo Night Of Champions, con rispettivamente il 2.47 ed il 2.33 di share. Piccola curiosità: esattamente il 29 Settembre dello scorso anno, Raw totalizzava ben 4 milioni di spettatori con un onesto 2.83 di ratings. Ecco, una volta chiara la situazione, passiamo a parlare delle possibili cause.
Partiamo da un presupposto. Quando si ragiona in termini di milioni di spettatori, è davvero da ingenui ricercare le eventuali cause di questo calo in un unico, pesante elemento. I vari fattori chiamati in causa, ossia una saturazione del prodotto, la presenza del Network, nuove tecnologie, il Football di lunedì, il calo creativo sono tutti ingredienti che assemblati in modo sapiente hanno creato una succulenta frittata fatta di numeri in calo ed una leggera insoddisfazione verso un prodotto che, effettivamente, quando è fatto bene è letteralmente esaltante e quando è fatto male è morte celebrale.
Tutti gli argomenti sopracitati, dicevamo, sono addendi di un’unica equazione. Il football, per dirne una, lunedì scorso ha totalizzato ben 13,5 milioni di spettatori: se consideriamo che buona parte della fascia demografica a cui la WWE e la NFL mirano è la stessa, va da se che una forte percentuale di ascolti potenziali per la WWE viene “ciucciata” dal colosso del football americano. A questo aggiungiamo che, molto probabilmente, uno spettatore indeciso tra i due show, tramite DVR o cose similari, potrebbe decidere di guardare la partita di football live per poi vedere lo spettacolo della WWE in differita: magari perché la partita di NFL si presta maggiormente a spoiler in notiziari ed altro, oppure semplicemente è più bello vederla live e va bene così. Ma il problema, neanche a dirlo, non è soltanto il football.
Il 23 Luglio del 2012, tre anni or sono, rappresenta un momento epocale per quanto riguarda il prodotto attuale della WWE. Raw passa dalle due (gestibilissime) ore alle odiose tre, con tutti i difetti che un format del genere può avere…il risultato era palese sin da subito, ma ora ne stiamo pagando lo scotto. Il prodotto ha raggiunto un grado di saturazione tale che le storyline, le interazioni tra i personaggi e persino i match maggiormente spettacolari ed ardimentosi sono diventati qualcosa di trito, ritrito e quasi mai fresco. Vedere Lesnar, ad esempio, è trattato come un evento eccezionale, qualcosa di speciale come un’eclissi annunciata oppure un passaggio di una cometa: la rarità di Lesnar rappresenta il suo valore totale, mantenendo la sua capacità di essere qualcosa di distinto ed unico rispetto alla massa. Questa situazione ha anche creato un’assenza CRONICA di main eventer in pianta stabile.
Tolto l’ovvio Cena ed il mal gestito (a tratti) Rollins, i vari Reigns, Orton, Owens, Ambrose, Sheamus, Rusev appartengono tutti alla categoria delle glorie passate o futuribili inattuati. Ricacciare dal cilindro uno Sting, un Taker, un Kane (!) o un HHH appare una scelta quasi obbligata vista la penuria che c’è ai piani alti del roster. E questo non è colpa dei performer, ma di due fattori: la citata sovraesposizione ed una pochezza creativa a dir poco preoccupante. L’emblema di questa pochezza può essere individuato guardando la cosiddetta “Divas Revolution”.
Così come avvenuto in altri momenti della sua storia recente, la WWE si è trovata per le mani un qualcosa di nato come organico, ed evoluto in modo confusionario o artificiale. L’idea non è mai stata quella di avere “più match femminili” e basta. L’idea era quella di avere storyline, personaggi ben definiti, rivalità come quelle nate in modo sapiente in quel di NXT, e non soltanto avere uno spazio maggiore in termini di tempo ed invariato in termini di sostanza. La situazione, con la vittoria di Charlotte ed il turn di Paige, sembrerebbe essersi smossa almeno un minimo: i talenti (su tutti la Banks, assolutamente divina) ci sono, dunque occorre metterci quel quid in più dal punto di vista creativo in grado di far evolvere questa storyline in particolare, ed un po’ tutte in generale, in modo da offrire un prodotto maggiormente accattivante.
Dunque NFL, crisi creativa, mancanza di stelle e saturazione sono state analizzate. Un ultimo fattore, forse in modo paradossale, è la presenza del WWE Network: è questa l’unica, vera variante rispetto allo scorso anno dove vi erano 700mila persone in più sintonizzate su USA Network. A mio avviso, il Network ha rivoluzionato il modo di concepire il prodotto WWE in modo assoluto, influenzando anche il numero di spettatori di Raw. Alcuni spettatori potrebbero trovare nel Network, con servizi on demand, PPV del passato, documentari, Special Events ed un prodotto fresco come NXT la propria dose quotidiana di wrestling, senza avere l’impellente bisogno di guardare le puntate settimanali di Raw mediamente skippabili. Non dico che tutti quelli che abbiano il WWE Network saltino a piè pari Raw, tuttavia una buona aliquota potrebbe percepire lo show rosso come oggettivamente evitabile per la sua lunghezza e per i contenuti ampiamente diluiti, una volta messa a disposizione dalla stessa WWE un’alternativa al suo stesso prodotto di punta.
Bene, la mia l’ho detta…lascio la parola a voi. Secondo il vostro parere, quali sono i motivi alla base di questo tracollo?
Danilo