Vince McMahon e Steve Austin sono due uomini agli estremi opposti ma sanno come capirsi. Sono diventati definitivamente grandi assieme, cavalcando mille battaglie nella sfida incrociata con la WCW. E anche quando il discorso vira su CM Punk, i due riescono ad intendersi e sciorinare che nella vita mai dire mai, Punk tornerà all'ovile sfatto e abbattuto.

"Mai dire mai è una frase stupida / l'hanno detta troppe volte / prendi me ad esempio, che con questa storia del mai dire mai ho fatto e detto cose / che mai e poi mai avrei voluto dire o fare mai" diceva pochi anni fa Pierpaolo Capovilla del Teatro Degli Orrori. Vince McMahon gioca su un indubbio fascino che è quello del marchio WWE, con i suoi soldi, le sue luci, la sua ribalta. Quando qualcuno osa andarsene alza il muro, lotta in regime di (finta) concorrenza fino ad annientare l'avversario e consigliare gli evasi a far ritorno a casa. E in questo Vince McMahon ha sempre vinto.

I suoi discorsi con Austin non sono stati meno simulati di quelli tra Cabana e Punk, con un diverso punto di vista: McMahon doveva tenere dritta la barra dell'autorità che la sua figura possiede ovunque, Punk invece faceva una mossa di marketing non indifferente ma ancora non sapevamo che fosse tale. Abbiamo avuto una risposta seria lo scorso weekend quando il ragazzo di Chicago ha annunciato la firma con la UFC. C'è da tenere in conto una cosa: Punk è a casa da un anno, ha avuto tempo per riprendersi dai suoi acciacchi e di allenarsi, e avrà ancora tempo per prepararsi adeguatamente al debutto. Che poi debutti contro il neo campione Lawler o contro una pippa megalattica non credo siano problemi nostri, ma un vantaggio per la UFC e per il folto seguito che Brooks ha in giro per gli USA. Alcuni fanno notare: Cena porterebbe il doppio del suo pubblico. In realtà questo è vero forse parzialmente, visto che il pubblico del bostoniano è un pubblico WWE-oriented che schifa le MMA come fossero il ritorno della malaria. Punk ha un pubblico più adulto e aperto, che c'era prima della WWE e continua ad esserci ancora oggi.

Vince McMahon ha dissimulato bene il suo rammarico e la sua "rabbia". Ha parlato soppesando le parole e ha fatto passare un messaggio diverso dall'originale. Ad esempio dice di scusarsi con Punk: non per averlo sfruttato fino all'ultima goccia, non per aver ordinato dei test medici falsi, ma per aver fatto recapitare la lettera di licenziamento il giorno del suo matrimonio. BG James ha affermato che la compagnia non sapeva la data perché era segreta, e Vince ha confermato. Peccato che in WWE tutti sapessero poiché AJ Lee aveva chiesto qualche giorno di ferie perché proprio in tale giorno si doveva sposare. La lettera di licenziamento è stata inviata apposta col proposito di convincere Punk a tornare. Voleva far sentire il rimpianto ed evitare che passasse alla TNA. Peccato che Punk odi la TNA e che avesse già pensato ad un'altra soluzione: più redditizia, dalla maggiore visibilità e tranquillità. Se Punk è infortunato, sta a casa, non in qualche albergo del Giappone o della Louisiana in attesa di combattere l'ennesimo match fotocopia.

La sensazione è che se Punk tornerà in WWE non lo farà a breve e non lo farà per combattere. Ha 36 anni, ha firmato un contratto lungo con la UFC e quando tornerà – se tornerà – non avrà né l'appeal né la forza che ha contraddistinto il suo stint. Vince però ci spera, è pronto a mettere da parte il suo ego per dargli spazio nella sua casa. La WWE cita la firma con la UFC per avere un ritorno ma sa che è una battaglia persa. E allora "never say never", tenere le dita incrociate e sperare che Punk vada così male da tornare in ginocchio ed in lacrime.

Ma c'è un problema: le dichiarazioni di Punk non sono frutto di una dichiarazione a caldo, ma di mesi passati in silenzio a riflettere. Le ha sparate così grosse ("odio il wrestling") da non dover/poter più tornare in WWE. Perché? Perché è importante la coerenza che ha sempre detto di avere, del saper guardare avanti archiviando il passato per parentesi più o meno felici. Ha scelto di dimenticare e questo dovrà essere il suo cammino vita natural durante. Certo, solo gli stolti non cambiano idea. Ma qui si parla di coerenza e dignità con le azioni e le parole: non si tratta dei dissapori economici di Warrior, né quelli sul prodotto di Sammartino, né le giravolte di Hogan e Flair.

E neanche di mettere da parte il proprio ego: quando si parlerà nuovamente di Punk in WWE, saldamente al timone ci sarà Triple H e non Vince McMahon.