Nonostante il timore dei tanti debutti, alcuni ingombranti, altri meno, nonostante tutto io alla AEW voglio dare ancora fiducia riguardo Adam Page.
Seppur nutra profondi dubbi sulla sua gestione sincopata, non posso credere che una compagnia così attenta agli umori e pensieri dei fan, si lasci scappare questa miniera d’oro. Non c’è nulla che desideri vedere di più in tutto il panorama del wrestling mondiale, in questo esatto momento, che il cowboy sollevare al cielo con le lacrime agli occhi la cintura di campione mondiale AEW.
Non è una questione di merito, ma di pragmatica opportunità. Il personaggio di Page ha le stimmate per essere un babyface così entusiasmante da ricordare un moderno Stone Cold. Dico “moderno” perché la profondità emotiva è qualcosa di nuovo nella narrativa di un personaggio in questa posizione.
Al netto di ciò che vediamo sullo schermo, non posso pensare che queste considerazioni non vengano o non verranno valorizzate come dovrebbero dall’interno della compagnia. Siamo inevitabilmente ad un bivio: davanti alla migliore storyline a lunga programmazione degli ultimi vent’anni oppure al primo grande spreco di gestione della AEW cannibale di ex WWE.
Estremizzo un po’ le cose per sottolineare l’importanza di questo snodo (infinito) della carriera di Page, che fino a qualche settimana fa era ad un passo dal raggiungere il climax dell’occasione titolata nel ppv più importante dell’anno.
Facile pensare che l’idea del suo affiancamento al Dark Order sia stata abortita per piani diversi in programma per la stable ed è stata l’occasione per resettare nuovamente tutto.
Ripartire adesso per tornare in vetta sarà faticoso, per non dire impossibile nel breve periodo, con i debutti che ci sono stati e quelli che ci saranno.
Prendo la situazione attuale di Adam Page come simbolica. La compagnia sta vivendo un periodo di grande cambiamento e la domanda che mi pongo è: saprà riuscire a mantenere lo spirito originario? È rimasto qualcosa dello spirito “rock” che era quasi un manifesto culturale che è stata la card del primo All In?
Abbiamo visto gli Elite trovare la propria dimensione dopo un inizio stentato, con job concessi sopravvalutando il valore e l’interesse dalla gente verso i giovani da lanciare e dato che Page è un AEW Original le aspettative sono le medesime come quantità di utilizzo sul campo, ma ogni volta manca sempre un centesimo per fare un dollaro e tocca ripartire da zero.
Ripeto il punto iniziale di grande fiducia nella gestione assoluta di Page, ma con una frustrazione che tocca sopportare settimana dopo settimana.
Il booking team ha fatto la scelta di non introdurre nessuna figura autoritaria, lasciando anche lo stesso Tony Khan come una figura marginale che non interferisce nei match e nelle faide, il soggetto che regola le cose, aldilà del ranking che viene tirato in ballo quando c’è da trovare lo sfidante successivo, sono direttamente i campioni che lanciano sfide, sanciscono match e varie. Da questa prospettiva lanciare un babyface senza una figura autoritaria heel stabile da contrapporgli si rivela inconcludente.
In questo, trovo senso solo nel desiderio di voler sperimentare una visione del personaggio talmente immersiva da farci provare la stessa frustrazione che prova lui, settimana dopo settimana, dopo ogni faida persa o tentativo di raggiungere il titolo fallimentare, provando a mettere lo spettatore nei panni del frustrato e depresso lottatore.
La partita, aldilà dei proclami e dei comunicati, si giocherà sul campo e lì vedremo a chi verrà data la priorità in questa AEW…