Arriva il momento in cui bisogna dire quando è inutile riprovarci, perché il risultato finale sarà sempre un fallimento. In WWE, e sotto la direzione creativa di Paul Levesque, si spinge sempre e su tutti, nella speranza che tutti diventino delle superstar, anche quando ormai la situazione è inevitabilmente compromessa. Questo comporta avere un roster con alcuni lottatori di punta, e una marea (letteralmente) di wrestler confinati nel midcarding, tutti “protesi” verso un Main Event che forse non arriverà mai. Lottatori che continuano ad essere riproposti all’infinito sempre nella stessa maniera, con il solito set di mosse e la stessa personalità, senza alcuno spunto di  innovazione, senza originalità, che languiscono e che “occupano” solo spazio. Il successo non arriva dall’alto per grazia ricevuta. Spesso lo si ottiene con una gimmick intrigante, con un promo avvincente, con una mossa, con un tic, qualcosa insomma che lascia stupito il pubblico. Non arriva solo perché si propina a forza la stessa minestra, magari riscaldata, tutti i giorni. Ciò che praticamente stanno facendo con Andrade.

Recentemente tornato a furor di popolo (???), El idolo si ripresenta al WWE Universe identico a come lo aveva lasciato, con in più solo una maschera indossata all’ingresso sul ring. Stesse mosse, stesso look, stessa personalità di chi, solo qualche anno prima, era stato liquidato dalla Compagnia perché forse ritenuto dispensabile. E va detto che ha costituito uno dei classici “grandi” ritorni a cui la WWE ci ha abituato nel corso della Royal Rumble. Ma era ciò che ci aspettavamo? È soprattutto ciò di cui avevamo bisogno ? Andrade è l’uomo giusto, più che al momento giusto, nel posto giusto ? Oppure questo suo ritorno serve a soddisfare i desideri di chi, dopo la nascita di tale e tanta concorrenza negli scorsi 5 anni, fa semplice fan si è trasformato per patito del calciomercato ? In un botta e risposta di licenziamenti improvvisi e acquisti dell’ultima ora, le varie federazioni di wrestling si fanno battagli cercando di conquistare le simpatie dei propri fan con le assunzioni dei migliori free agent in circolazione. Ed Andrade è, suo malgrado, una vittima di questo gioco infernale.

Sovente nel corso della storia abbiamo imparato che le Compagnie concorrenti, spesso quelle meno ricche, hanno cercato spasmodicamente di accaparrarsi i lottatori “esodati” dalla federazione di wrestling principale, alla ricerca del colpo grosso. Tante volte l’obiettivo veniva centrato, portando dalla propria parte grosse fette del pubblico affezionate al lottatore piuttosto che al prodotto offerto. Altre volte invece si faceva un buco nell’acqua, senza grossi cambiamenti di fronte e con il risultato che il wrestler assunto finiva subito per essere cestinato. Ma quando anche la Compagnia “madre” (che in questo caso è la WWE) scende a tali compromessi, allora il problema diventa patologico. Andrade, a mio avviso, è un tentativo da parte di Stanford di mostrare i muscoli ai competitor, dimostrando di saper giocare al loro stesso gioco. Ma Andrade non è né CM Punk, né Jericho, né Edge, ma solo un midcarder che non ha avuto fortuna né da questa parte né dall’altra. Infatti prevedo che, spento l’entusiasmo dell’ennesimo colpo da calciomercato, Andrade subirà la sorte di tanti altri che, non avendo un proprio posto specifico nella Compagnia, si ritroverà presto in un cantuccio. Triple H ha mostrato purtroppo di prestarsi a questa guerra di mercato, rimpinguando il roster con numeri eccedenti, spesso però non avendone una idea precisa di come impiegarli al meglio. Questa attitudine deve lasciarla alla AEW o alla TNA, che hanno piena ragione ad averla. Golia nella battaglia con Davide deve usare la forza, non la fionda.