Dopo averlo preannunciato per diverse settimane, finalmente Triple H ha potuto dare seguito al suo ritorno in WWE: infatti, nel corso dell’ultimo episodio di Smackdown, The Game è tornato per celebrare i suoi 25 anni di carriera. Un’apparizione che sapeva di un “bentornato a casa” per due motivi: non solo perché The King Of Kings ha preso parte ad uno spettacolo della federazione di Stamford dopo una lunga assenza, ma pure perché ha potuto godersi questo momento all’interno del Performance Center, luogo dove vengono formati i talenti di NXT, show riconosciuto come una creazione dello stesso Hunter.

Le aspettative erano sicuramente alte: solitamente, queste celebrazioni non vengono organizzate per un motivo futile. Basti pensare alla festa di compleanno di Ric Flair svoltasi in piena Road To Wrestlemania 35, andata in onda esclusivamente per dare il via alla rivalità tra HHH e Batista. Almeno dal mio punto di vista, ho iniziato a pensare a chi potesse attaccare o infastidire in qualsiasi modo il re dei re, in modo tale da costruire un match per il prossimo futuro. Ipotesi che, a mio modo di vedere, non è affatto impossibile: data la tendenza a registrare ed editare in anticipo diverso materiale televisivo, pure un lottatore più attempato può sperare di fare una bella figura di fronte al pubblico collegato da casa. In poche parole, ero davvero convinto del fatto che l’ex campione del mondo fosse vicino al ritorno.

Eppure, niente di tutto ciò è avvenuto: ci è stato proposto tutto ciò che era stato annunciato nelle settimane precedenti, ovvero un semplice momento per viaggiare sul carro della nostalgia. Ed infatti, diverse icone del passato hanno preso parte a questo segmento, anche se spesso tramite delle semplici videochiamate: Shawn Michaels, Stephanie McMahon, Road Dogg, Ric Flair e pure Vince McMahon in persona. Certo, a tutti fa sempre piacere rivedere i nostri idoli degli anni passati, ma la mia domanda è: era proprio necessario?

Senza considerare poi che, dando spazio a questo angle, è stato tolta una quantità considerevole allo show: non solo il segmento in sé è stato particolarmente lungo, ma, al contempo, sono stati mandati in onda nel corso della puntata una serie di scene che ripercorrevano proprio alcuni momenti della carriera di The Game, occupando uno spazio televisivo complessivo molto ampio. Sarebbe stata sicuramente una soluzione migliore togliere un po’ di tempo a questo segmento per dedicarlo allo sviluppo delle altre storyline: su tutte, quella più sacrificata è stata quella tra Bray Wyatt e Braun Strowman, e non c’è bisogno che vi dica io quanto sia grave tralasciare una rivalità valevole per il titolo massimo a poche settimane dal ppv.

Ma lo scontro tra gli ex leader della Wyatt Family non è stata l’unica componente di Smackdown a rimanere abbastanza statica: difatti, non c’è stato alcun sviluppo significativo nelle altre storie. Cosa che è avvenuta perché, probabilmente, il team creativo sarà stato chiamato a focalizzarsi su quello che è stato l’effettivo main event della serata, tagliando su tutto il resto.

Ma, tralasciando tutto ciò, avrei comunque potuto chiudere un occhio se questo fosse servito effettivamente a qualcosa: come già detto in precedenza, le condizioni attuali paradossalmente agevolano un ritorno di Triple H in un match, il quale potrebbe impegnarsi con un incontro simile al Boneyard Match. Ad esempio, data la mancanza di pretendenti al titolo, eccezion fatta per il fautore della Firefly Fun House, perché non azzardare The Cerebral Assassin come primo sfidante allo Universal Championship? Alla fine dei conti, sarebbe bastato anticipare questa celebrazione di qualche settimana, trovare un pretesto per giustificare l’intromissione di Strowman, ed il gioco era fatto.

O perché no? Perché non coinvolgere The Fiend, dando al contempo ad un lottatore come Nakamura un’opportunità al titolo massimo come ipotizzato qualche settimana fa? Alla fine, avrebbero potuto ripercorrere la stessa falsa riga vista con John Cena: sarebbe bastato dipingere Triple H come un altro dei principali responsabili del fallimento di Bray Wyatt a causa di pressioni fatte nel backstage, cosa effettivamente plausibile, e la soluzione era servita su un piatto d’argento. Così facendo, poi, avrebbero potuto costruire di conseguenza la rivincita per Summerslam, magari nel secondo capitolo del Firefly Fun House Match, dato che molto probabilmente pure l’evento più caldo dell’estate avrà la stessa ambientazione di Wrestlemania 36.

Come vedete, le idee potevano essere tante, e sono sicuro che molti di voi avranno ipotesi ancora più belle ed articolate delle mie. Ma, in fondo in fondo, lo sappiamo com’è fatto The Game: gli basta molta autocelebrazione e la presenza dei suoi amici per sentirsi appagato fino in fondo. Triple H è pur sempre Triple H, e, seppur con gli anni si sia placato, il suo ego non lo abbandonerà mai, con l’ultimo episodio di Smackdown che ne è l’ennesima riprova.