La Retribution sta continuando a fare discutere, ma più che sulle performance in ring, le critiche vengono mosse per la loro gestione creativa.
La giusta domanda da porsi
Nel suo podcast After 83 Weeks, Eric Bischoff ha parlato della Retribution, e come al solito lo ha fatto senza usare mezzi termini:
“Penso che (la Retribution) faccia schifo. Perché sono lì? Qual è la storia? Qual è l’incidente scatenante? Qual è la loro motivazione? Qual è il motivo per cui sono lì? Forse aveva il potenziale di essere una buona idea, ma ora non più”.
“Mi arrabbio quasi con me stesso quando prendo questa tangente, perché sembra che stia cercando di dimostrare di essere più intelligente o migliore di chi scrive. Non lo faccio. Non voglio farlo. Non voglio più essere in una posizione creativa in una compagnia di wrestling. Non è il mio genere, ci sono stato, l’ho già fatto. Sono stato in cima alla montagna, ho avuto la possibilità di guardare in basso, e non ci sono più montagne che voglio scalare”.
“L’ho imparato più negli ultimi 10-15 anni piuttosto che all’epoca in cui ero effettivamente nel settore. Qualunque sia la trama che lancerai, qualunque personaggio intendi lanciare, quell’angle, quella storyline deve iniziare o con un’incidente scatenante, come diresti nell’industria cinematografica, o con un angle, come probabilmente lo chiameresti nel wrestling. Ma ci deve essere una ragione per questo. Devi essere in grado di farlo rispondendo alla domanda: perché? L’ho scritto sui social l’altro giorno, l’unica domanda che potrebbe aiutare così tante persone che producono wrestling in questo momento è: perché, perché stai facendo quello che stai facendo?”