Un pensiero che mi sono sempre tenuto per me da quando è iniziata la pandemia è che al ritorno del pubblico, la WWE sarebbe stata quella che ci avrebbe guadagnato di più rispetto alla AEW almeno nell’immediato. Me lo sono tenuto per me, perché era ed è una mia personale sensazione, forse un po’ suffragata dalla recente edizione di Wrestlemania.


Finito l’evento mi scrivo due appunti per il podcast e vado a leggere le impressioni della gente, con alla mano le considerazioni dello scorso anno con una edizione in totale emergenza. In generale l’evento è piaciuto con noti giornalisti d’oltreoceano ben lieti di assegnare voti alti, pure troppo a mio avviso, ad alcuni match, sfiorando valutazioni “giapponesi”. La variante pubblico ha reso tutto più emozionante, sicuramente lo stadio, i fuochi artificiali, le inquadrature dei fan, ma soprattutto l’aria di normalità ritrovata che si è vissuta durante le due serate.


Perdonate l’introduzione, questo è un blog che tratta di AEW e invece devo partire da altro. Purtroppo, siamo ancora lontani dalla vera e quotidiana normalità, anche negli Stati Uniti, ma mi sono immaginato se ovunque il pubblico tornasse nelle arene.
Quest’anno il wrestling ha avuto un picco negativo di interesse e gli ascolti mediamente più bassi lo dimostrano, nonostante ciò, è rimasto vivace in termini di calendario con le consuete puntate settimanali e ppv per le major. In questa situazione, partita in totale emergenza e comprensibile impreparazione, la AEW è stata quella che prima di tutti ha applicato alcuni trucchi efficaci per far sembrare tutto meno spoglio, con i lottatori di seconda fascia a fare il pubblico a bordo ring, dando quel feeling familiare ai fan.

Una mossa, a mio personale avviso, molto molto sottovalutata in generale, ma che invece è riuscita non solo a convincere gli spettatori a casa tanto da premiarli regolarmente nel confronto con NXT, ma anche a smuovere la WWE a provare qualcosa di diverso.
Siamo arrivati fino alla scorsa settimana a giocarsela ad armi pari, togliendo dall’equazione il pubblico, che non solo è parte attiva di uno show, ma è esso stesso lo show in alcuni frangenti. La mancanza del pubblico ha dato la percezione a molti che le compagnie fossero simili e se la giocassero ad armi pari, mettendo sul piatto della bilancia: roster, qualità del lottato e storyline. Il che è esattamente quello che è successo, questa percezione si è tradotta nella realtà. Poi le notti di Wrestlemania è stato uno “schiaffone” a tutti.


È come se ci avesse risvegliato improvvisamente da un mondo in cui un match cinematografico è la norma in un ppv. La Wrestlemania di quest’anno non è motivo di preoccupazione per la AEW di oggi, anzi è un augurio e una bella sfida che spero raccolga in futuro, quando sarà possibile avere le arene piene.
La voglia di wrestling dal vivo negli Stati Uniti e nel mondo è tantissima, lo abbiamo percepito anche dall’evento della GCW, non sarebbe una sorpresa vedere tra un anno anche NXT itinerante, come Dynamite lo è stato fino al possibile. nSaremo in un contesto in cui non co sarà più la guerra del mercoledì gli show potranno avere più spazio per evolvere con più calma le storyline, ma mentre quei tre fattori sopracitati non cambieranno mai, per la prima volta nella storia l’industria si trova difronte la possibilità di riscrivere la presenza del pubblico nelle arene.


E come durante la pandemia sono state trovate modalità “interattive” per quanto possibile, la nuova frontiera sarà quella di fare altrettanto, perché indietro non si può più tornare. Il wrestling deve essere capace di assorbire questo insegnamento, non cancellarlo come una parentesi nella storia, una compagnia capace di imporre il proprio stile facendo parte dello show il pubblico del futuro. La WWE ci ha detto che Wrestlemania sarà ancora cruciale nella sua visione e la AEW dovrà trovare la sua dimensione. Come? Bella domanda, ci aggiorniamo tra un anno.