Ero convinta che la mancanza di pubblico per uno show di wrestling non fosse un gran problema. Ho assistito a WrestleMania ed a Money In The Bank da casa ed il mio continuo commentare tutto ciò che vedevo compensava pienamente la mancanza del pubblico nell’arena, inoltre i commentatori facevano un ottimo lavoro per coinvolgere al meglio noi telespettatori; difatti gli unici momenti in cui percepivo una stonatura di sottofondo erano quelli in cui il tavolo di commento restava muto, allorché provavo un certo senso di estraniazione nell’udire solo i wrestler sul quadrato, ma non appena Michael Cole o Corey Graves ricominciavano a parlare quella strana sensazione se ne andava. Ovviamente i lati negativi ci sono stati, ad esempio mi sono domandata quanto sarebbe stato più bello per Drew McIntyre diventare campione tra gli scroscianti applausi del pubblico, o per Becky Lynch annunciare la sua gravidanza. Inoltre, non mi sarebbe dispiaciuto vedere i wrestler rivolgersi maggiormente alle telecamere durante i match, dato che, appunto, non c’era nessun altro a guardargli, salvo giusto quel paio di milioni di telespettatori, dunque perché non guardare continuamente in macchina, alla faccia delle regole della recitazione?

Poi ho visto Double Or Nothing. Non scrivo per esprimere un giudizio tecnico su quanto visto, ma per prendere atto della verità: ho apprezzato molto la presenza del pubblico. Si trattava di wrestler della AEW o di personalità ben conosciute, come Vickie Guerrero, perciò l’interazione avuta con i wrestler non è stata quella di un pubblico normale. Ho respirato antipatie e simpatie personali, ho avuto assaggi della personalità di ognuno degli spettatori, li ho riconosciuti quasi uno per uno; poi i wrestler presenti hanno anche interpretato il classico ruolo del pubblico pagante, esultando quando c’era da esultare e fischiando quando c’era da fischiare.

Il tutto rischiava di risultare troppo amatoriale? No, non ho percepito tale sensazione. Siamo ben lontani dalle federazioni indipendenti che piazzano in punti strategici dei trainee tra il pubblico per pilotare le reazioni nell’arena, dato che qui di pubblico vero e proprio non ce n’era proprio. Certo il tutto è risultato molto “casalingo”, ma non ci vedo nulla di male: un wrestler spesso e volentieri è prima di tutto un fan di wrestling, perciò credo che le reazioni del pubblico AEW potessero essere anche genuine, seppur in character. Inoltre, così facendo ci hanno regalato, seppur in minima parte, la gioia di avere nuovamente un pubblico live, in modo da eliminare totalmente quella brutta sensazione estraniante di cui parlavo poco fa.

Capisco le remore della WWE nel voler seguire lo stesso schema. Stiamo parlando di una Major di tutt’altro livello in termini di ascolti e di copertura televisiva, un luogo in cui la professionalità dovrebbe essere tutto e in cui probabilmente non si voleva rischiare la figura di quelli che se la cantano e se la suonano da soli. Inoltre sono convinta che i wrestler di NXT presenti a Raw siano stati molto più tesi rispetto ai loro colleghi della AEW, perché magari a Raw un’espressione o una reazione sbagliata ti viene fatta pesare molto di più, che ne sappiamo noi? Oppure sono convinti che con la reazione giusta potrebbero venir notati dalla dirigenza, finendo per ragionare troppo sulle loro azioni. Perciò credo che sia normale che, a tratti, siano risultati finti o innaturali. Ciò che invece non incontra la mia simpatia è la scelta del plexiglass a separare il ring dal pubblico, perché non permette di assistere a quei bei momenti di interazione che ho apprezzato con la AEW. Capisco però che, in materia di norme sanitarie, sia più logico separare il pubblico dagli atleti, invece di permettere, che so, a un atleta unto e sudato di venir lanciato tra il pubblico, in barba alle norme igienico-sanitarie che ancora, giustamente, rimangono valide e necessarie da seguire.

Avrei continuato a seguire la WWE anche senza pubblico? Quasi sicuramente sì. Ritengo il far “interpretare” ai trainee il ruolo di fan una buona idea? Sì. Non voglio dire che gli show adesso sono finalmente spettacoli di wrestling, dato che non ho mai condiviso l’opinione “il wrestling senza pubblico non è wrestling”, ma apprezzo che si stia tentando di ricostruire la cornice che rende questo magico sport ancora più magico. Sono certa che i wrestler di NXT presenti alle registrazioni di Raw e SmackDown avranno vissuto emozioni simili a quelle di un fan. O se non altro saranno stati ben attenti a prendere appunti.