Poco meno di una settimana fa, abbiamo assistito alla Wrestlemania più surreale di sempre: a causa della pandemia che si sta diffondendo in tutto il mondo, la WWE ha deciso di svolgere la 36esima edizione dello Showcase Of Immortals a porte chiuse, così da poter mandare in onda lo show più importante dell’anno senza alimentare ulteriormente la diffusione del virus. In virtù di questa situazione più unica che rara, la federazione ha deciso di compiere qualche esperimento: non solo ci è stato proposto un evento diviso in due serate, ma ci è stata pure data la possibilità di assistere ad alcuni match molto particolari, tra i quali il Firefly Fun House Match tra John Cena e Bray Wyatt.

Un incontro che ha letteralmente diviso il wrestling web: c’è chi lo ha amato, c’è chi lo ha odiato. Tra tutte le opinioni che si possono trovare su internet, sarà difficile trovare qualcuno che abbia reagito con indifferenza allo scontro svoltosi all’interno del covo del Fiend, in quanto è stato un match unico nel suo genere e molto innovativo.

Parlando dal mio punto di vista, questo incontro mi è piaciuto parecchio: ci tengo comunque a precisare che per comprendere più in profondità il significato recondito di alcuni passaggi ho dovuto vedere due volte l’incontro per intero, soprattutto perché, giunti al momento dello scontro tra Cena e Wyatt, la stanchezza aveva incominciato a bussare alla mia porta, in quanto entrambe le serate le ho seguite in diretta per dare una mano ai miei colleghi a tenere aggiornato il sito. Proprio per questo, non avevo abbastanza lucidità, se non per comprendere i richiami più evidenti, come il “You can look but you can’t touch” esclamato dal creatore di questa specie di casa degli orrori.

Ma torniamo al punto: qual è l’obiettivo di questo articolo? Dato che sotto i video di alcune delle figure più influenti legate al wrestling italiano ho notato come ci fossero molti commenti negativi riguardanti questa contesa, cercherò di spiegare perché io abbia apprezzato così tanto questo match, cercando di invogliare chi prima era negativo a rivalutare le proprie posizioni.

Il primo punto di forza è rappresentato da tutta la serie di citazioni al passato utilizzate nel corso di questo incontro psicologico: dal più sottile al più evidente, ogni singolo richiamo ha avuto una grande importanza, giocando un ruolo chiave al fine dello sviluppo dei due personaggi. Tramite la ripresa di tutti i vecchi personaggi di John Cena, ma anche attraverso la rappresentazione di scenari ipotetici, i due lottatori hanno lavorato ottimamente, mettendo in scena una grande opera di rivisitazione della carriera del 16 volte campione del mondo.

Sempre rimanendo legati a questo discorso, ho trovato lodevole la grande disponibilità del bostoniano a mettersi in discussione, nella buona e nella cattiva sorte: ad esempio, per quanto possa risultare banale, ho apprezzato che il wrestler abbia permesso di menzionare indirettamente la sua relazione con Nikki Bella finita in modo negativo, in quanto è ancora una ferita aperta e sicuramente ironizzare su una questione del genere non sarà stato facile per John.

Un altro punto di forza è rappresentato dal secondo protagonista di questo match, ovvero Bray Wyatt: sicuramente, ci sarà la sua mente dietro a questa contesa, quindi non posso far a meno di sottolineare la sua creatività nel proporre in pochi minuti molti scenari diversi senza mai perdere il filo conduttore. In più, è stata una vera e propria gioia per gli occhi vederlo interpretare in maniera eccellente così tante parti: mentre Cena non si è allontanato troppo dalla natura del suo personaggio, Wyatt si è trovato a dover vestire i panni di diverse figure del passato, tra le quali Kurt Angle ed Eric Bishoff, riuscendo brillantemente nella reinterpretazione di queste parti.

Ma l’aspetto che più risalta è il finale: dopo aver lavorato sulle paure dell’uomo che si nasconde dietro i panni del Leader della Cenation, e dopo averlo condotto gradualmente a lasciarsi attrarre dall’oscurità, proprio nel momento di massima tensione, è uscito allo scoperto il lato demoniaco del fautore della Firefly Fun House, The Fiend, che ha applicato la sua Mandible Claw all’avversario, facendolo poi svanire nel nulla. Che significa tutto ciò? Che il lato più buono del 16 volte campione del mondo è scomparso per lasciare posto alla sua versione cattiva? Oppure il maligno ha ferito così tanto nell’orgoglio Cena da fargli toccare il punto più basso della sua carriera, conducendolo così verso la via del ritiro? Non esiste una risposta certa. Ed è proprio questo alone di mistero che rende perfetto il finale: avendo più chiavi di lettura, nessuno sa dare una risposta, alimentando la curiosità verso ciò che potrà accadere in futuro.

Dopo aver visto ciò che è successo con Mr. Hustle, Loyalty and Respect, posso definirmi soddisfatto dell’esperimento, nella speranza che possano esserci nuove battaglie all’interno del covo di Wyatt. Addirittura, facendo un discorso a posteriori, questo tipo d’incontro poteva essere la perfetta conclusione per la rivalità tra l’ex guru e Daniel Bryan: avendo l’American Dragon cambiato totalmente inclinazione morale dopo aver affrontato The Fiend, la WWE si sarebbe potuta giocare questo incontro così particolare per giustificare una revisione così drastica dei valori condivisi dall’ex campione del mondo.

Ma capisco che la federazione abbia deciso di aspettare un’occasione del genere per proporre una contesa simile: sono sicuro che, se Wrestlemania 36 si fosse svolta in uno stadio come inizialmente previsto, John Cena e Bray Wyatt avrebbero combattuto in un match uno contro uno, proprio perché mandare in onda uno scontro registrato avrebbe scontentato più di un fan presente all’arena. Invece, in una circostanza dove il pubblico non era presente, non vi era più un rischio simile, quindi i dirigenti hanno preso una decisione più che saggia.

Per concludere il discorso, in molti si sono indignati in quanto questo non è stato un match vero e proprio, bensì ha avuto caratteristiche simili ad un segmento parlato: su questo non posso obbiettare, ma, al contempo, penso che fosse lecito aspettarsi qualcosa non troppo distante da ciò che poi ci è stato proposto. Anche perché, almeno dal mio punto di vista, proporre un incontro classico all’interno del covo del Fiend avrebbe potuto comportare due conseguenze negative: prima di tutto, non vi sarebbero state le possibilità per esplorare così a fondo i due personaggi; infine, in tal caso, il risultato sarebbe stato molto simile a ciò che abbiamo visto nell’House Of Horrors Match di qualche anno fa.

Per concludere, quindi, pongo un quesito a coloro che hanno giudicato negativamente il Firefly Fun House Match proprio per quest’ultimo aspetto: avreste davvero preferito vedere un incontro vero e proprio ma dalla bassa qualità e con un approfondimento psicologico pressoché pari a zero?

Detto questo, non vedo l’ora di scoprire chi sarà il prossimo a mettere piede in questa struttura, sperando che pure un ipotetico sequel possa replicare ciò che abbiamo visto a Wrestlemania 36.