Per quelli che hanno più di trent’anni come me, ogni volta che un lottatore che ha contribuito a forgiare il nostro amore per il Wrestling si ritira, è un piccolo colpo al cuore. Non solo perché ci si rende conto che si è grandi e si sta crescendo, mentre i nuovi giovani talenti sono praticamente tutti più giovani di te, ma anche perché sai che quelle emozioni provate prima, quando ancora te ne fregavi della Kayfabe e dei Botch, non le proverai davvero mai più.

Si, perché noi siamo come tossicodipendenti. Ci innamoriamo di qualcosa soprattutto per quella prima grande emozione che quel qualcosa ci da. Poi viviamo tutta la nostra vita a cercare di nuovo quell’euforia del primo istante. Quel brivido che volenti o nolenti, non farà più vibrare il nostro battito.

Oggi, è uno di quei giorni, perché abbiamo saputo che Sting, si ritira.

Non è una notizia certa, ma non possiamo nemmeno non pensare che non sia sicura almeno al novanta per cento, perché quando hai combattuto decenni mettendoti a disposizione della gravità e delle forze altrui, non puoi pretendere di uscire illeso da un infortunio che ha messo KO lottatori molto più giovani di te. Non è stato Seth Rollins ad infortunare Sting, è stata la sua carriera.

Non voglio dire che il ritiro di Sting sia paragonabile a quello di Daniel Bryan, per carità, in quel caso parlavamo di un ragazzo ancora giovane, che veniva da una rivoluzione che per fortuna a fatto a tempo a vincere. Fa comunque male però, sapere che ancora una volta qualcuno per il quale hai urlato e fatto festa, abbandonerà il palcoscenico che sempre si è ammirato.

Steve Borden ha 57 anni. Ha debuttato abbastanza tardi, quando ne aveva 29. Erano i tempi della Continental Wrestling Association, erano i tempi dei Tag Team. Lui era Flash, il suo Partner era Justice. Che ben presto diventerà, dividendosi da Sting, The Ultimate Warrior. I due passeranno di fronte a diverse belle sfide, fino ad arrivare nella Universal Wrestling Federation, alla corte di Bill Watts, per poi dividersi: uno nella WWF, l’altro nella Jim Crockett’s Promotion.

Comincia a Starrcade del 1987, l’ascesa di uno dei più grandi lottatori che il mondo del Wrestling abbia mai conosciuto.

Non è mai stato un lottatore super spettacolare Sting. Non è famoso per aver preso Bump al limite del possibile. La sua caratteristica principale Extra Ring è sempre stata il Face Painting, un marchio di fabbrica che lo ha accompagnato dall’inizio alla fine della sua carriera. Fu questa maniera di essere immediatamente riconoscibile che lo fece diventare in pochissimi anni un’icona sempre visibile e futuribile, anche se gli anni davanti passavano ed il futuro era già in quel momento.

Ha passato una carriera da grandissimo professionista. Da ragazzo era già un esempio per gli altri mentre da uomo, ha sempre sopportato lamentandosi di rado, i pessimi Booking della World Championship Wrestling, sorvolando sempre attorno al New World Order e difficilmente ottenendo in realtà, quello che davvero meritava.

Ha rifiutato i ponti d’oro della World Wrestling Federation, pensando che forse essere un’icona significava anche non vendersi al miglior offerente, ma mantenendo nonostante tutto un grande rapporto con Vince McMahon ed i suoi compari. Un gentiluomo dentro, ed evidentemente fuori, dal Ring. Ha guardato con gli occhi mezzo socchiusi il fallimento della WCW, e con gli occhi altrettanto socchiusi le avance, stavolta meno dorate vista la situazione, della WWE, che ancora una volta cercarono di portarselo a casa. Ha abbracciato un progetto per il quale ha fatto tutto ciò che ha potuto, la Total Nonstop Action, dovendo però arrendersi all’evidenza di una incompetenza, almeno in certi frangenti, ancora peggiore di quella della WCW.

E’ finito nella WWE, finalmente, nel 2014. Nell’olimpo dei lottatori che contano. In quel lido dove prima una nuova gloria e poi la gloria eterna, possono darti il giusto tributo. Anche stavolta non ha avuto ciò che meritava. Meno, come sempre, ma ha comunque tenuto botta e lottato, seppur poco, come il “signore” che è sempre stato. Fino ad accettare di jobbare ad un giovane leone che senza ombra di dubbio, sono sicuro, varrà la carriera di Sting in futuro, quel Seth Rollins che come in un manga dei più duri, ha succhiato le ultime forze da quello che ormai non era più uno scorpione assassino, ma uno scorpione anziano, travestito da corvo, perché come nel suo stile, ha voluto rendere omaggio ad una persona ancora più sfortunata di lui.

La sua ultima puntura il nostro scorpione la infliggerà il 2 Aprile, quando verrà introdotto nella Hall of Fame della WWE da Ric Flair, compagno di mille battaglie, che da Sting avrebbe fatto bene ad imparare ad essere un po’ più gentiluomo ed un po’ meno sregolato, ma che come nella più classica delle occasioni, spesso ha completato la medaglia con la sua faccia.

Grazie Sting, Wrestler e uomo. Oggi non piango, nemmeno simbolicamente, oggi ciò che vedo è il naturale correre degli eventi della vita, e sono felice di vedere che come sempre, nella tua di vita, ti rendi conto quando è il momento di fare il passo che tutti si aspettano o si aspetterebbero. Le mie congratulazioni Mr Borden, felice di averti visto, visto e rivisto mille volte ancora. Buona fortuna.

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.