A volte il mio ciclo mentale, al termine dei Takeover (quelli belli davvero) sembra entrare in un loop di domande concatenate da cui è davvero difficile uscire.

E´stato uno dei Takeover più belli di sempre?”

“Dovrei rivedere i più belli a breve distanza per valutare la cosa in modo oggettivo?”

Questo evento sarà il PPV of the Year?” e via discorrendo.

Con il passare del tempo, mi sono convinto di due cose essenzialmente. La prima è che nessuno potrà mai con esattezza definire quale sia il TO migliore di sempre, in quanto l’attualità avrà sempre un gancio preferenziale con i collegamenti emotivi di ognuno di noi, dunque compenetrarsi in modo retroattivo nelle storie, nei momenti, nelle parentesi narrative comporta un livello di concentrazione forse davvero proibitivo. La seconda convinzione è che, effettivamente, potremmo stare assistendo ad una crescita costante di prodotto e performers in grado davvero di poter fornire un prodotto sempre migliore dal punto di vista qualitativo. Per dirne una, lo storytelling tipico di HBK pare evidente come mai prima e le sue impronte digitali (parliamo del miglior in-ring performer della storia, con poco margine di smentita) sono davvero tangibili su tutto il corpo dello show.

Dovessi dare un voto a questo Takeover credo che darei un solido 9, e dovessi dare voti individuali quello più basso sarebbe un 7.5 (i due match validi per i Titoli iridati maschile e femminile) mentre quello più alto probabilmente sarebbe un 9 (l’opener tra Lee e Dijakovic). Tre ore di wrestling avvincenti, ben studiate e con un livello medio attestante sull’eccellenza: unico difetto di questo fantastico show è stata la sua conclusione in modo leggermente anticlimatico, con un turn heel inatteso ed abbastanza strano ed un incontro condito, forse, da un’eccessiva dose di overbooking.

Bene, tutto ciò premesso non resta che analizzare lo show scegliendo i cinque elementi il cui fato è stato fortemente alterato dopo gli eventi occorsi a Portland, cercando di agitare un metaforico 8 nero in modo da prevedere il loro futuro prossimo.

  • Bianca Belair: mi è capitato, molte volte, di leggere asprissime critiche nei confronti di questa lottatrice, ed il più delle volte sono stato lasciato davvero perplesso. Premesso che di strada da percorrere ce n’è ancora (le mimiche facciali assunte durante lo scontro verbale tra Ripley e Flair, esempio recente) e premesso che in alcune fasi risulta essere ancora poco fluida, i suoi miglioramenti come ritmo e storytelling sono davvero esponenziali. Lo showcase con la Ripley, anche lei un prodotto quasi esclusivo WWE, ha messo in luce la sua capacità di seguire ma anche di guidare nel corso del match, provando mosse dall’estrema difficoltà tecnica e stilistica e mettendo in mostra non solo la sua incredibile forza, ma anche un’agilità fuori dal comune. Bello anche il riferimento alla Black History (per chi non lo sapesse, i suoi attire sono quasi sempre autoprodotti): questa prestazione a mio avviso sancisce il suo arrivo come performer pronta e completa, con ampi margini di miglioramento ma già in grado di stupire. Datele una chance, non ci deluderà.
  • Matt Riddle: Tanto si parla del King of Bros, della sua attitudine nel backstage, di Lesnar e quant’altro. La verità secondo me è che, a distanza di un anno e mezzo dal suo esordio, Riddle non ha ancora avuto il suo break un po’ per una gestione troppo a singhiozzo, un po’ per alcune faide censurabili (illogica quella con Dain dopo un match a 4 stelle contro Cole), un po’per una folla di talenti nella parte alta della card che hanno abbastanza monopolizzato la zona maggiormente rarefatta dello show. Dopo un grande Dusty Classic (simile per dinamiche a quello che aveva portato Dunne in finale con Strong), i Broserweights si sono tramutati in un vero tag tem non solo vincendo le cinture (straordinaria la psicologia con i falsi finali dove i due face si sono erroneamente colpiti a vicenda, lasciando intendere uno split che non è avvenuto), ma creando azioni combinate, una catchphrase ed una fantastica Bro-mobile. Riddle ha trovato la sua dimensione, dando linfa ad una categoria anemizzata da numerosi call up nel corso degli ultimi anni e nel contempo inserendosi di diritto dei “must see” dello show. Well done, bro!
  • Johnny Gargano: Credo che per Gargano sia fisiologicamente impossibile toppare un Takeover. Seppur abbastanza lento in alcune fasi centrali, il match con Balor è stato l’ennesimo gioiello di una ricca collezione, ed il suo status non ha minimamente risentito della sconfitta subita. Ció che ho compreso di meno, francamente, è stato il turn ai danni di Ciampa: improvviso, inatteso ma soprattutto non richiesto e non necessario. Ok, l’ultima pagina della loro faida (interrotta da un terribile infortunio) merita di essere scritta e non ha affatto bisogno della presenza della cintura per acquisire valore, tuttavia non credo che sia passato sufficiente tempo dall’ultimo turn di Gargano e non credo, onestamente, che Ciampa e Mr. Takeover possano rendere al massimo con i ruoli invertiti. Sta di fatto che il suo fato è stato decisamente mutato, e che i mesi che ci separano da Wrestlemania saranno ricchi di storyline riguardanti gli ex DIY.
  • Finn Balor: Il Principe dell’oscurità è ufficialmente tornato, non solo con una prestazione con i fiocchi ma anche con una vittoria pulita su uno dei (illo tempore) face di punta di NXT senza fare ricorso al Demone. Ora il punto è: come e dove collocare una figura ingombrante come Balor? Il Campione è ancora oggi un heel di spessore come Cole, Ciampa dovrà vedersela con Gargano…gli unici che mi verrebbero in mente sono Dominik Dijakovic e Keith Lee, ma la differenza di stazza cozza troppo con l’attuale collocazione degli status face/heel. L’unica alternativa potrebbe essere un multi man, magari un fatal 4 way, valido per il Titolo massimo oppure, in assoluta mancanza d’altro, una faida con Velveteen Dream, che effettivamente potrebbe liquidare la “pratica Strong” prima del prossimo Takeover. Staremo a vedere, intanto godiamoci questa versione motivata e cattivissima del talento Irlandese.
  • Keith Lee: Il mastodonte è arrivato nei cuori dei fan non solo di NXT, ma di tutta la WWE…e si vede. Il “test” della Rumble dove HHH e soci hanno voluto tastare il polso della notorietà di Lee contrapponendolo in modo fugace contro Lesnar è un segnale chiaro ed inequivocabile: la WWE ha capito di avere per le mani qualcosa di unico e speciale, ed in considerazione dei suoi 35 anni tempo da perdere non ce n’é. Il match contro DD è stata una vera perla, superiore almeno di due gradini ai loro precedenti scontri e capace di incentrarsi su una serie di powermoves e mosse indirizzate contro ogni legge fisica e logica. 300 Kg di umanità che fanno una spanish fly dalla terza corda…ma stiamo scherzando? Ora non resta da capire non se e come, ma quando manderanno Lee per il Titolo massimo per renderlo in modo inequivocabile il volto di NXT, prima di un doveroso approdo a RAW o Smackdown. La sfida contro Lesnar, a questo punto, potrebbe davvero tramutarsi in realtà.

Danilo