Scrivo molto a ridosso di Power Struggle, anche per cercare di cogliere le sensazioni più a caldo possibile, senza voler essere una review come trovate solitamente nel nostro sito, ma una serie di pensieri e ragionamenti sui match dell’evento e che cosa possono significare nel futuro. Quando mi leggerete, tra l’altro, ci sarà stata anche la conferenza stampa di Wrestle Kingdom 13, perché ormai, da adesso in poi, il pensiero è solamente là.
In generale l’evento è passato molto gradevole, senza raggiungere i picchi di straordinarietà, ma come dicevo riguardo Wrestle Kingdom, per fare risaltare ancora di più quello show, da adesso in poi, viaggiare a fari spenti, senza attirare troppo l’attenzione, non è una cattiva idea.

E allora infarcire di tag team match Power Struggle di inizio novembre e proporre due tre discreti match uno contro uno è limitare volutamente un roster esplosivo che sulla carta potrebbe settare un ulteriore standard per la NJPW.
E sottolineo “per la NJPW”, perché mai come in questo evento, si è percepito come attualmente la New Japan stia facendo una corsa su sé stessa, non guardandosi intorno a livello globale per il tipo di wrestling che propone.
Nove match e nove motivi per pensare, dicevo. Il primo è stato il classico opener quattro contro quattro, dove abbiamo rivisto Chris Sabin, ACH e altre vecchie conoscenze; mi auguro sia una sorta di antipasto riguardo al prossimo anno nella categoria Jr. Heavyweight, che ritengo bisognosa di ricambi, non al vertice, ma nel cuore. Se allenare wrestler in casa non è mai stato un grosso problema e non lo sarà neanche in futuro, in questo momento è molto complicato andare ad intercettare talenti tra l’Europa e il nord America, con la WWE che sta cannibalizzando il mercato proprio per mettere i bastoni tra le ruote ai giapponesi. Ma qualcosa sfugge e magari in Messico in accordo con la CMLL qualcosa scapperà fuori sicuramente.

Vittoria del Bullet Club guidato da Tama Tonga che a quanto pare dovrebbe rimanere l’unica fazione a chiamarsi così anche in futuro ed essere la piattaforma per lavorare in tranquillità per Jay White che chiude un anno in grande crescita lanciatissimo verso una faida da urlo contro Kazuchika Okada. Nel giro di dodici mesi il neozelandese è arrivato al top della compagnia e inizia a attirare gli occhi dei più curiosi; a mio parere ha un margine di miglioramento ancora molto importante, se ha voglia e umiltà di lavorarci. Essere arrivato ad una faida con Okada può dare alla testa, mi auguro per lui abbia i piedi ben piantati per terra, è ancora lontano dal livello quasi mitologico del giapponese. La coppia White/Fale ricorda molto una sorta di evoluzione dei bei tempi di Devitt, chissà.

Per il titolo assoluto tra Omega e Tanahashi ancora le acque sono relativamente calme, sarà il main event al Tokyo Dome e già questo potrebbe bastare, senza aggiungere altre frizioni, certo è che la presenza di Ibushi potrebbe essere sfruttata e non mi stupirei di vederlo “infortunato” per colpa di Tanahashi tra qualche settimana. È una faida che in Giappone verrà vissuta molto più intensamente rispetto a noi occidentali, per fare un paragone storico, noi occidentali siamo i canadesi e Kenny è il nostro Bret Hart negli USA.
Ritengo, poi, la vittoria dei Roppongi 3K nel Super Jr. Tag League la scelta migliore possibile al momento; seppur ancora rimango dubbioso sul senso di questa cintura/categoria in quest’epoca. Almeno si va nel solco di lottatori giovani, potenzialmente interessanti e con un senso di esistere per il mercato nipponico.

Arrivando ai quattro match singoli, il primo pensiero va a Taichi vs Goto e anche qui il concetto è il medesimo del precedente discorso. Ha senso questa cintura NEVER? Ho fortissimi dubbi al riguardo. Taichi è diverse spanne inferiore a tutto il resto della truppa e Goto ha dimostrato che ha sparato le cartucce migliori in altri tempi. Stendiamo un velo pietoso su questa cintura disgraziata, vi scongiuro.
E tra le cinture difese anche l’inedita della RPW alla vita di Tomohiro Ishii che con il collega Suzuki ha impostato una contesa che ha tutti i crismi della più rodata tradizione. Fisicità, fisicità e fisicità. Uno spettacolo che sono tra i pochissimi al mondo a riuscire ad offrire con solidità e credibilità. Nulla di innovativo, ma proprio quello per cui ho pagato il biglietto. E di questi tempi la “normalità” è la cosa più rivoluzionaria nel wrestling mondiale.
Poi Naito che dimostra ancora di essere uno dei migliori al mondo e personalmente nella mia top 3 assoluta di wrestler in attività, che da una lezione magistrale di praticamente tutto quello che dovrebbe essere fatto, senza far sfigurare l’avversario e allo stesso tempo uscire forte e credibile per la sfida successiva. E poi, pronosticare il 2018 in NJPW di Zack Sabre Jr. era praticamente impossibile, complimenti all’inglese.

Per concludere Jericho che vince per sottomissione e si riconferma campione intercontinentale, in una contesa che ha mostrato un EVIL in grande condizione fisica e mentale e ce lo ha consegnato come un lottatore alla soglia del main event. Mi fa storcere il naso la gimmick “gotica”, che è talmente trash da lasciarmi infastidito, ma ho fiducia nel tempo potrà essere limata almeno.
Non è stato il miracolo di gennaio contro Kenny Omega per Y2J, ma è stato un incontro assolutamente godibile e di grande impatto in termini di starpower, vedere Jericho in NJPW non è cosa da tutti i giorni e ancora mi fa un piacevole effetto. Poi l’idea di rivederlo a Wrestle Kingdom, nuovamente, contro Naito mi intriga più di quanto avessi potuto immaginare quest’estate.