Rieccoci nuovamente con il Giro d’Italia, stavolta ritorniamo in TCW, ma ci arriviamo da Genova e, sopratutto, per la prima volta ospito qualcuno nel mio spazio: di solito è lui che ospita me o altri colleghi sul suo Italian Uppercut, stavolta invece ho il piacere di cedere il posto al nostro Enrico “Taigermen”, che ha intervistato per ZW uno degli ultimi arrivati in casa dei Ribelli: Kevin Dopa.

 

Enrico: Grazie Dopa per l’intervista, partiamo da una domanda che si fanno chi ti segue: chi è Kevin Dopa? Come nasce?

Dopa: Grazie a te, Enrico.

E’ bello essere intervistati da un giornalista vero che si occupa del wrestling con competenza e passione e non  per vedere il proprio nome scritto a firma di uno sproloquio sulle pagine di un blog a margine di qualche articolo campato per aria e pieno di parolacce(ma si possono scrivere rubriche “giornalistiche” senza avere una conoscenza dell’italiano almeno pari ad un livello di terza media?) come purtroppo fanno molti ragazzi.
Kevin Dopa è un ragazzo di strada, uno sbandato, un poveraccio, un disilluso incattivito dalla vita che però continua, dal suo angolo della strada, a tenere gli occhi fissi sul mondo e a cantarne gli orrori e gli umori, cercando per quanto possibile di essere crudo, ma sempre intellettualmente onesto. Spesso utilizza la rima e la parolaccia perché il linguaggio del rap è molto diretto e aggressivo, ed è l’ideale per trattare con tono crudo e al di sopra dei pregiudizi i vari temi che scelgo di fargli dire.
Il seme per la nascita di Kevin Dopa è stato piantato in un periodo abbastanza doloroso della mia vita: da poco mi allenavo con la ICW  ma già stavo pensando a cosa inventarmi da portare sul ring, quando nel giro di due settimane succede che prima una ragazza con cui stavo uscendo da diversi mesi si presenta ad un appuntamento per dirmi che il giorno prima aveva baciato un suo collega appena conosciuto all’Università, dando a intendere che si sarebbero messi insieme, e poi viene a mancare di colpo la mia nonna materna, l’ultimo dei miei nonni rimasti.

E’ un periodo strano, nel quale credo che chiunque sarebbe finito a terra, e di norma me compreso sia chiaro; ma per la prima volta in vita mia, inspiegabilmente, reagii. E migliorai. Mi misi a dieta e ci diedi dentro con l’allenamento, iniziando quel percorso di metamorfosi che ha trasformato un ragazzo obeso di 113 kg (tutti di grasso, sia chiaro) in un uomo di 96, che conduce ora uno stile di vita più sano e che non concede più alle delusioni e ai problemi degli altri di influenzare la sua vita quotidiana come faceva un tempo.

Dopo sette mesi nella ICW passai alla Pro Wrestling Academy Genova perché costava meno ( il polo ICW era ancora attivo quando me ne andai, ed avrebbe chiuso i battenti di lì a pochi mesi, complice il trasferimento del trainer in Francia) e parlai dell’idea di fare il rapper sporco, un personaggio ibrido, sfaccettato, dal carattere moderno ma dalla psicologia heel (cattivo, ndr) old school. Lo avevo già chiaro in testa, mi ripetevo dentro che era“un progetto che non può fallire”.

In effetti anche nella scuola l’idea piacque e trovai il nome di Kevin Dopa, un nome breve, algido, che subito non suona bene ma che con il tempo convince. Devo ringraziare il mio maestro di quel periodo, Marco “Darkness” Conti, per avermi insegnato parecchi modi di sicuro successo per attirare l’heat del pubblico. Le idee al riguardo della mia gimmick, invece, sono al 100% farina del mio sacco.

 

Enrico: Il Tuo debutto è avvenuto in PWE, in un Tag Team Match molto particolare e in una location molto particolare, ce lo vuoi raccontare?

 Dopa: Ricordo che eri presente anche tu, Enrico! (ride).

Fu un match ad eliminazione a coppie valevole per i titoli di coppia della PWE, che quella sera venivano messi in palio per la prima volta in assoluto. In pratica funzionava così: iniziavano le prime due coppie delle quattro in gara e la vincente del primo scontro affrontava la terza, e poi la vincente la quarta.

Una sorta di match in cui “chi vince, regna” e disputa  un altro incontro.

Io facevo coppia con William Miller, un bravo ragazzo prima ancora che un promettente wrestler,  e fummo i primi a salire sul quadrato; intorno a noi trovammo 2200 persone di diverse nazionalità che erano ospiti di un villaggio turistico nel livornese, e ci guardavano. Darkness me lo disse negli spogliatoi: “guarda che questo è un debutto che tanti pregherebbero per averlo, duemila persone in Italia oggi non le fa più nessuno col wrestling”. Ed in effetti è proprio così.
Feci il mio primo promo, insultando i ricchi che potevano permettersi quella bella vacanza nel camping e poi tirai in ballo la mascotte del campeggio, uno scoiattolo amato dai bambini dei villeggianti. Dopo aver fatto un po’ di scenetta con la mascotte arrivarono Blindo e Alex Gory, i nostri avversari.

Io e Miller vincemmo ed io presi il pin ai danni di Blindo, dopo avergli assestato un low blow grazie al quale tutti mi coprirono di fischi. Ad eliminare me e Miller furono i bolognesi JT9 e Lio Kong, a loro volta poi sconfitti dalla Roman Dynasty.
Ricordo che tornai negli spogliatoi col cuore che batteva all’impazzata; tutti i rookie (i debuttanti, ndr) sognano il momento del proprio debutto, ed io me l’ero cavata bene davanti ad un pubblico eccezionale!


Ho un aneddoto interessante sul fine match: mentre tanti bambini mi chiedevano di fare la foto con loro, riempiendomi il cuore di gioia perché di piacer loro da heel non me lo sarei mai aspettato di certo, cercavo con lo sguardo di incrociare una ragazza francese che avevo conosciuto la sera prima, di nome Elodie, che sperai di poter salutare dopo lo show, sapendo che ci sarebbe stata a vedermi; purtroppo però io sono miope, da un occhio mi manca 4,5 di diottrie e ti posso assicurare che non sia facile per me riconoscere un volto in mezzo alla folla senza gli occhiali. Alla fine rinunciai al pensiero che potesse essere lì presente, così mi diressi verso il backstage stanco, sudato ed elettrizzato, quand’ecco che sentii una vocina pronunciare (male) il mio nome.

Mi volto verso la mia sinistra e vedo la sagoma di una ragazza che,a  ripensarci, doveva proprio essere lei…ma la mia testa non c’era. La mia testa era già seduta negli spogliatoi, e fu lì che andai, guardando quella sagoma che restava immobile e che vedendomi allontanare si allontanò dal palco a sua volta. Per dirti di come stavo dopo il mio primo match e il mio primo incontro col pubblico! (ride) Nemmeno feci la foto con tutti gli altri partecipanti della serata che alla fine si accalcarono sul ring per farsi fare il ritratto tutti insieme. Non so cosa stessi facendo, ma in quella foto io non appaio, pertanto credo che stessi camminando a un metro e mezzo da terra nei dintorni…

Quando poi un mese dopo uscii la recensione dell’evento e tu scrivesti che ‘il personaggio di Dopa è interessante, solo da rifinire’ ebbi la soddisfazione totale: le idee che avevo in testa potevano funzionare per davvero.

 

Enrico: Nei tuoi promo ti definisci spesso paragonandoti a noti serial killer italiani: sei appassionato di criminologia e cronaca nera o è una casualità?

 Dopa: In verità l’ho fatto una volta sola, quando mi sono definito “il Pietro Pacciani del wrestling italiano.”

Non sono affatto appassionato di quella roba, anzi la detesto con tutto il cuore! Provo schifo a sapere che ci sono persone che ignorino quanto facciano e scoprano i grandi artisti e i grandi scienziati che ci sono al mondo e poi sappiano tutti i particolari più macabri del delitto di Cogne, o che ricordino l’anniversario della morte di Lady Diana. Eppure ci sono, ce ne sono tante.

E’ per quello che lo faccio, perché se tiro in ballo Garlasco, Stasi, Bossetti, la Franzoni provoco disgusto in chi mi ascolta. Ed è naturale che io lo provochi, e loro mi fischiano.

Ma al contempo sto dicendo: “fischi? Hai ragione, perché questa roba fa schifo. Ma com’è che quando accendi la TV ci sballi dietro a sta merda?”. Io parto sempre dal presupposto che non esista cosa più fastidiosa di veder rappresentati i propri difetti sul ring di wrestling, perché ci si identifica, ci si riconosce; ci sono comportamenti che la nostra parte razionale ritiene deplorevoli, ma di cui al contempo la parte di noi meno cosciente è attratta.
Tutti comprendono fin da subito il mio allineamento heel, eppure nonostante ciò c’è sempre una fetta di pubblico che al mio promo applaude. Ed è una cosa bellissima accorgersi ogni volta di quanto sia differente la sensibilità della gente e il modo di vedere le cose di alcuni rispetto ad altri.

Al penultimo show della TCW, “C’era una volta il wrestling”, ho dedicato l’intero promo alla vicenda di Stefano Cucchi. Ho ottenuto l’effetto voluto come wrestler ed ho perseguito al contempo il mio obiettivo di uomo; la vicenda di quel ragazzo dice tanto sullo stato delle cose in Italia: se a sbagliare sono i più poveri e i più fragili, stai pur certo che qui non vengono perdonati, anzi semmai ci sono cani pronti ad accanirsi contro di loro.

 

Enrico: Sei da poco passato nella TCW, cosa ti ha portato a lottare per questa federazione? Che impressione ti ha fatto?

 Dopa: Senza entrare nello specifico perché non mi pare sia giusto, ti dirò che non mi andavano più bene certi atteggiamenti di alcuni componenti della mia vecchia scuola, sempre pronti a castrare le mie proposte con modi per nulla garbati che a volte andati ben oltre il limite dell’educazione.

 

Sia chiaro: la Pro Wrestling Academy Genova è una buona scuola, con ragazzi che sono tutti grandi appassionati di wrestling, volenterosi, e con un maestro che è un veterano pluri-decorato del ring! Ma per come sono fatto io, e magari sbaglio, il rispetto è alla base di tutto e se lo porto voglio riceverlo. Fanno parte del rispetto innanzitutto l’educazione e la cortesia, ma lo è anche fare il possibile per presentarsi agli allenamenti quando c’è da provare i match e informare gli allievi sugli show che si organizzano.

Ho resistito un anno, in cui man mano mi sono accorto che ritrovarsi il Sabato per fare allenamento non fosse più un piacere per distrarsi da una settimana di impegni come desideravo  ma fosse invece un ulteriore peso che andava ad aggiungersi alle mie giornate piene, così ho deciso di cambiare scuola; da qualche settimana avevo stretto amicizia con Sami Grayson, wrestler della TCW del polo di Rapallo che mi aveva invitato alla sua trasmissione radio “Carega Web Wrestling”, che conduce per Carega Web Radio.

Mi ero divertito parecchio, e loro con me, tanto che quella puntata streaming è a tutt’oggi la più cliccata della trasmissione in questione, così volli conoscere il suo gruppo e andai a fare un paio di allenamenti con loro. Scoprii cose pazzesche; Sami e BackSlash mi hanno raccontato di avere alle spalle un passato da backyarder che ha dell’incredibile. Nei loro occhi si legge la passione per questo sport, una passione che, anche adesso che si allenano (ci alleniamo, anzi, perchè mi sono unito a loro) regolarmente con un maestro che conosce la tecnica, Violen Joe, è certamente rimasta autentica, vera, quasi con l’incanto del fan. Ed è bellissimo, credimi.

Il giorno del mio primo show a Rapallo, “Ribelli si nasce” (dove ho perso contro Pain dando una prova decisamente insufficiente perché era estate ed ero fermo da più di un mese), ho scoperto di avere molti punti di vista in comune con BackSlash su cosa sia il wrestling e su come dovrebbero essere raccontate le storie, sul gusto artistico e sulle gimmick. Lo stesso giorno ho conosciuto i ragazzi di Milano che mi hanno accolto come uno di famiglia e che voglio proprio ringraziare, perché la TCW per me è stata fin qui un vero arricchimento umano e tecnico.
Adesso mi alleno regolarmente a Rapallo nella palestra SWAT, agli ordini del veterano Violent Joe, due volte a settimana, con Sami, Backslash e altri quattro ragazzi fantastici. Allenarsi è tornato ad essere un piacere ed anche disputare il match nello show mensile ha sicuramente più sapore.

 

Enrico: Fuori dal wrestling sei molto attivo nella politica, pensi che le due cose si possono conciliare? E la tua immagine di wrestler condiziona la tua credibilità come militante politico?

Dopa: Nella vita bisogna avere delle priorità: non si può fare tutto per motivi di tempo, di salute, di dispendio di energie, e bisogna scegliere in base all’importanza di quello a cui ci si dedica. A tal proposito, la mia priorità è lo studio.

Gli anni scorsi mi sono un po’ perso, avrei avuto voglia di mettermi a lavorare ma le proposte  di lavoro per i giovani non laureati in questo periodo sono indecenti, degli insulti ai lavoratori che nessuno dovrebbe accettare. Così mi sono fatto forza e ho recuperato qualche esame; adesso me ne mancano ancora sei per diventare Dottore in Economia delle Aziende Marittime e dei Trasporti. Segue, al secondo posto, la politica.

Sono impegnato in un partito di centrosinistra, ed ancor prima della esatta collocazione nello scacchiere politico ci tengo a dire che sono un moderato e che me vanto. Non chiamatemi zecca rossa e non usate quegli appellativi generalizzanti che usano certi; non mi vesto con l’eskimo, non mi faccio chiamare “compagno” e non coltivo marijuana in casa (anzi, che non ho neppure mai fumato manco mezza volta? non te l’aspettavi da Kevin Dopa, vero? – ride). Semplicemente, sono per uno Stato laico che assicuri ai cittadini le libertà individuali, e che intervenga sull’economia per favorire la piccola e media impresa che nasce su suolo italiano e che dia battaglia al mercato nero e alle mafie.

Al terzo posto c’è il wrestling, che è stato il lev motiv per iniziare a occuparmi delle altre mie due passioni e che è tutt’ora il motivo per cui mi tengo in forma e resto attivo, si è vero, ma che sarei molto stupido a collocare al primo posto. Lo studio è la cosa più importante, perché è solo attraverso la cultura che ci si eleva. Poche storie. Si può “fare carriera” iniziando a lavorare presto, si può diventare miliardari iniziando a lavorare anche a trent’anni con solo la licenza media, ma la cultura è troppo importante in questa vita a prescindere, pertanto mi impongo di portare a termine questa Università e mi prometto di fare tesoro in futuro di quanto ho appreso e apprenderò grazie al sacrificio che stanno facendo i miei genitori che mi pagano gli studi.

Una volta che sarò dottore l’impegno nella politica sarà ancora più assorbente per me, e se ciò dovesse richiedere in un futuro lontano (ho molto da imparare e molta strada da fare, anche se a ventitré anni sono Commissario Provinciale del mio partito in una grande città come Genova e da solo so riconoscere che non sia da tutti ) di abbandonare il wrestling, allora lo farò; il wrestling viene percepito da molti come una allegra pagliacciata, e se non siamo in grado noi wrestler di cambiare questa percezione non possiamo auspicare che lo faccia qualcun altro per noi. Il wrestling richiede tantissimo dispendio mentale e fisico, tantissima concentrazione e perfino abilità nella scrittura, per poi però offrire un prodotto che inevitabilmente  si discosta da un combattimento vero e proprio e pertanto è difficile per un profano riuscire a prenderlo seriamente, riuscire a leggere in filigrana gli straordinari sforzi che noi ragazzi facciamo per offrire il nostro spettacolo. Ma questi sforzi ci sono, eccome. Facciamo tutti dei sacrifici, chi grandi e chi più piccoli.

Li facciamo per noi, li facciamo per chi vuole venire a vederci.
Al di là di questo, c’è da dire che molti politici di grande successo hanno frequentato ambienti “a rischio di scottatura” prima di avere consenso: Grillo è un ex comico ed è tutt’ora un attore di teatro, Renzi partecipava ai quiz televisivi,  Berlusconi nonostante fosse addirittura un deviato massone piduista(!) coinvolto in pieno nell’inchiesta Mani Pulite, è stato più volte a capo del Governo. E stiamo parlando di capi di partito, ruolo al quale non ambirei mai e poi mai nemmeno nelle mie più estreme fantasie!

Io il teatro io lo faccio oggi, nel wrestling, mentre la politica per me è e deve restare soltanto l’esercizio della concretezza: bisogna fare, non dire. In TV il politico ci deve andare solo per presentare all’elettorato quanto di buono ha fatto e sta facendo, non per fare assurde promesse volte solo a racimolare voti, né per fare del puro spettacolo fine a sé stesso. Finché andrà avanti a bugie, colpi di teatro e populismo spicciolo, la politica italiana non cambierà di una virgola.

 

Enrico: Il wrestling italiano ha raggiunto il 16° anno di vita, che ne pensi? Come valuti il movimento italiano?

 Dopa: Credo che vada dato più spazio ai giovani.

Io sono tutt’altro che un fenomeno e ho fin troppo spazio rispetto a quello che merito, quindi posso solo ringraziare la PWE per avermi permesso di debuttare e poi la TCW per avere creduto in me e concessomi tanto spazio con un ruolo fisso nel roster, ma ci sono tanti ragazzi più bravi di me, ma molto più bravi di me, che sono tenuti in naftalina.

Su tutti, voglio citare il mio amico Jake l’ Aviatore, di cui sono il fan numero uno e che spero vivamente riesca presto a ritagliarsi uno spazio nella sua federazione perché sui ring italiani c’è bisogno di gente come lui, persone brave, dedite, appassionate e sempre pronte a dare un consiglio o un’opinione sincera.
Di chi invece non c’è bisogno sono quelli che si credono arrivati e che dicono che fare il wrestling è solo una “questione di soldi”, che se non ti pagano non devi prenderti i bump, e che dei fan non ne vale la pena. E non c’è davvero affatto bisogno nemmeno di chi ha messo il suo personaggio all’asta, cambiando nome e gimmick dietro compenso: la morte del wrestling. Arrivassi ai punti da dover essere così disperato, piuttosto smetto. Tanto ho altro nella vita.
Veniamo ai lati belli, che sono tanti: C’è un fiorire di belle idee! Io credo che Kevin Dopa sia una bella idea. Lo stesso credo di Antonino Bellavita e di Rocco Gioiello, di Scandalo, di JT9, di Fabio Ferrari. Sono tutti personaggi fighissimi, connotati e interpretati benissimo. Ci sono un sacco di ragazzi che lo fanno per passione, e che ambiscono a migliorare senza curarsi dei giudizi distruttivi dei maligni ma che si spalleggiano tra loro e si confrontano con coloro sui quali sanno di poter fare affidamento: Jake l’aviatore, Sami Grayson, Alex Gory…ragazzi fantastici, con tanto talento ma pure con la testa a posto!

Gli spettacoli si organizzano in varie parti d’Italia, ci sono tante sigle, ciascuna con le proprie peculiarità; il che è da un lato un fatto negativo (mercato segmentato, spettatori poco fidelizzati, nessun grande marchio = nessun grande network web o TV pronto a trasmettere o a far conoscere), dall’altro un fatto molto positivo perché aumenta la competitività delle federazioni, e un domani gli atleti saranno bookati in modo più esclusivo, i giovani emergeranno più facilmente e i più bravi italiani occuperanno i main event, che oggi come oggi sono spesso affidati a lottatori stranieri che, onestamente, a meno che non siano proprio Marty Skurll, Matt Cross o il bravo Icarus, tanto più fenomeni delle nostre teste di serie italiane non sono, stando a quanto fanno vedere negli show che si tengono nel Bel Paese.

 

 

Enrico: Una domanda classica: C’è qualcuno con cui vorresti confrontarti fra i lottatori italiani? E quale sarebbe il tuo dream match?

 Dopa: Mi piace lottare con chiunque abbia la passione per questo sport e il rispetto dell’avversario, sia esso un rookie come un grande internazionale. Ragionando da fan, potrebbe essere interessante una faida con G King, perchè rapper face vs rapper heel si potrebbe costruire a colpi di dissing. Altrimenti, i miei lottatori italiani preferiti sono JT9, Alex Gory, Il Marchese, Red Devil, Skorpio, Red Scorpion e Jake l’ Aviatore.
Il dream match? Voglio esagerare: uno Street Fight con Shawn Micheals! Il cane sciolto della strada, Kevin Dopa, che affronta sul suo terreno il wrestler più tecnico della storia del wrestling moderno, mica male eh!

Il mio mito di tutti i tempi però è Ric Flair, quindi se disponessi anche di una macchina del tempo sceglierei lui nel periodo d’oro della WCW.

 

Enrico: Quali sono i prossimo obbiettivi di Kevin Dopa? Che dobbiamo aspettarci nel 2017 da lui?

Dopa: Kevin Dopa per sua natura non guarda mai troppo in avanti, ogni giorno deve pensare a sopravvivere ad un giorno pieno di insidie! Ed allo stesso modo io non faccio progetti, quelli li fa il booking team e io mi metto a disposizione. Penso solo al prossimo match, e al conto di tre inizio a pensare a cosa devo migliorare per quello dopo. Spero di diventare abbastanza bravo in futuro da ricevere tanta attenzione e tanti booking. Penso che il wrestling sia soprattutto arte, e non esiste percorso artistico personale se non si ha l’opportunità di conoscere tutti e imparare da tutti. Ogni match è un accrescimento e ad ogni show si può rubare qualcosa di nuovo; prima dei match rubo sempre almeno un insegnamento nuovo al Marchese. Ha anni di esperienza, e fidati che si sentono tutti quando spiega sul ring come fare una presa a terra, o la corsa sulle corde, o un modo corretto di cadere.

Enrico: Che consigli ti senti di dare a chi si avvicina al mondo del wrestling e vuole provare a farne parte?

Dopa: Questo ambiente ti cambia. Ti forgia, ti fa crescere il pelo sullo stomaco. Ti fa dimagrire, ti fa viaggiare, ti fa parlare. Ti apre gli occhi sulle idee di bene e di male, di giusto e sbagliato che hai dentro di te. E’ un’esperienza da provare per questi motivi, è una crescita che si manifesta mentre si passa attraverso il sacrificio e richiede  grande perseveranza. I primi allenamenti con la ICW agli ordini del Dr. Dispiacere erano massacranti, mi veniva da vomitare, volevo smettere. Non lo feci. E oggi ne godo i frutti, e altri ne godrò andando avanti.
Un solo consiglio mi permetto di dare: accettate consigli solo da chi accetta consigli. E obbedite a chi vi dà il ring (perché è l’impresario )ma ditegli comunque sempre la vostra. Affermatevi, fate sapere cosa avete in testa, non subite passivamente i consigli dei tuttologi, perché per scegliere di fare il wrestling bisogna avere del caos dentro, ed il prodotto di quel caos è ciò che il pubblico vuole vedere. Gli stereotipi lasciateli a casa, le maschere di carnevale evitatele. Svuotate il cuore, metteteci rabbia, amore, stupore, sudore, rancore, gioia, dolore, concetti e stile in quello che fate. Il pubblico apprezzerà. E se non lo farà, state certi, lo  apprezzerete voi. Ve lo dice uno che ha la panzetta, la faccia da scemo e lotta da cane, ma che si diverte e fa divertire.
Voglio infine salutare tutti i ragazzi che seguono il wrestling italiano, tutti i blog che ci supportano e anche quelli che ne parlano male perché l’importante è prima di tutto che se ne parli. Voglio ringraziare i miei vecchi maestri, Alessio Pin e Marco Conti per quello che so fare, e ringraziare calorosamente il mio attuale maestro Giovanni Lo Iacono per il tanto che sto imparando e per il tanto che imparerò.
Ricordo ai lettori di WeTheWrestling che possono seguirmi sulla mia pagina Facebook “Kevin Dopa – Total Combat Wrestling” e su Instagram “kevin_dopa_italian_wrestler”, per rimanere sempre aggiornati sui miei spostamenti e sui miei incontri con TCW, WIVA e PWE, oltre che sulle stesse pagine Facebook di queste federazioni.

Voglio infine ricordare a tutti i promoter e ai wrestler più esperti con cui ancora non ho avuto il piacere di collaborare che qualora un domani fossero interessati a bookarmi, non debbono rivolgersi direttamente a me, ma sarebbe cortesemente preferibile mandare una mail ai booker della mia federazione. Scrivete dunque a  bookingtcw@gmail.com . Professionalità e trasparenza prima di tutto.

W il wrestling italiano!

 

Foto © Enrico Bertelli “Taigermen”, Enrico Ravera & Giovanni Doganiero