La prima volta che sentii parlare di Jesse Jones fu dopo uno show della Rising Sun Wrestling. Tutti citavano questo giovane ragazzo che era riuscito a catturare così tanto l’attenzione del pubblico da far dire “questo diventerà una stella del panorama italiano”. E i passaggi negli USA e i successi ottenuti in ICW lo stavano portando verso la meta con una velocità impressionante.
Poi l’infortunio. La pandemia. Il lento ma oculato recupero. La passione che non svanisce, anzi si alimenta di giorno in giorno. E il 2022 diventa l’anno in cui tutto deve ricominciare, per forza. Per questo ho deciso di farvi conoscere Jesse Jones e le sue qualità.
Come sei arrivato ad appassionarti al wrestling e poi ad allenarti e a lottare sul ring?
La passione nasce, un po’ come tanti, agli inizi anni 2000 con Smackdown su Italia1. Il primo match che abbia mai visto è stato se non erro un Lesnar vs Angle in un iron man match proprio a Smackdown. Da lì è nata la mia passione per il wrestling che ho portato avanti per tanti anni, senza mai avere quella spinta per iniziare un po’ perché all’epoca giocavo a calcio, un po’ perché non sapevo che ci fossero scuole in Italia, fino al 2015, dove ho scoperto la scuola di Brescia della ICW. Ci ho messo due/tre mesi per fare il primo match, che è pochissimo tempo (di solito ragazzi si allenano mesi/anni per salire sul ring), ed è stato un tag team e uno dei miei avversari era Trevis, che oggi è mio compagno di stable.
Quali difficoltà hai trovato in questo mondo? Che consigli ti ha dato il tuo coach?
Penso che la mia grande difficoltà, soprattutto iniziale, è stata la gestione dell’ansia pre match. Nonostante sia sempre stato a mio agio sul ring, prima dei primi match ero parecchio agitato. Con il tempo, l’agitazione è venuta meno perché ho imparato a gestirla e anche perché dopo tanti match perdi quella paura dell’inizio. Mi ricordo che spesso il coach passava da me prima del match e mi diceva qualche stupidata. Alla fine non c’è modo migliore di qualche stupidata detta al momento giusto per stemperare la situazione.
Sin da subito ti sei imposto come uno dei prospetti più interessanti della scena italiana, raccogliendo spazi e consensi. Quale livello di te abbiamo visto sul ring?
Il mio periodo migliore è stato decisamente quello pre covid. Lottavo parecchio in italia, mi stavo facendo conoscere, avevo appena terminato una tournée negli Stati Uniti e avevo anche in programma un paio di date all’estero. Purtroppo il covid, tra le altre cose, ha bloccato tutto il movimento di wrestling, rendendo impossibile proseguire con gli allenamenti e gli show. Inoltre io e Inverardi saremmo dovuti partire sempre per gli Stati Uniti il giorno dopo il primo lockdown. Non contento, ho pensato di infortunarmi al ginocchio. Detto ciò ora sono in un momento di rinascita e si, sono certo che il mio momento migliore debba ancora arrivare.
Diversi mesi fa sei stato vittima di un brutto infortunio. Come stai e cosa hai pensato nei momenti successivi a quanto accaduto?
Sto meglio. Non sono ancora al 100% ma diciamo che sto molto meglio. Il mio crociato ora sta bene, devo solo riabituare il fisico a certi movimenti e certi sforzi che non faccio ormai da quasi due anni. Per poter diventare un wrestler si passa anche da questi momenti come questo. I pensieri non sono stati sempre dei migliori, ma devi lavoraci su, sia mentalmente che fisicamente, fidarti di te stesso, del tuo corpo, e del lavoro che stai facendo. Direi che però manca ancora poco al mio ritorno.
Come ti trovi a lavorare nei Party Hard? Cosa condividi coi tuoi compagni oltre i match sul ring?
Party Hard per me è sinonimo di famiglia. Mi alleno con quei ragazzi dal giorno 1, e con loro ho condiviso tutto. Allenamenti, match, viaggi, pensieri. Tutto tutto. E allora è ovvio che poi sul ring ci sia un legame importante, qualcosa che funzioni e che la gente possa apprezzare. Penso sia questo il segreto. Per ora li sto accompagnando ad ogni match, per poter fare un po’ di caciara con loro, ma non vedo l’ora di poter tornare a combattere sul ring.
Hai vissuto una bella esperienza in America. Ce la puoi raccontare? Ci sveli qualche aneddoto?
Per tutto il viaggio ho avuto la sensazione che fossimo tre bambini al parco giochi. Ma andiamo in ordine; i tre bambini al parco eravamo io, Inverardi e Trevis. Due anni e mezzo fa abbiamo intrapreso questo viaggio di 15 giorni nel nord est degli Stati Uniti, zona New York, Boston, Philadelphia per intenderci. Il tutto è stato possibile grazie a Mike Verna, il nostro fratello Italo americano, che ci ha permesso di poterci mettere in mostra in federazioni importanti con Beyond, Chaotic, NEW, WHAT e altre. Su Youtube ci sono i video dei nostri match, e tutte le volte che li guardo scende sempre una lacrimuccia. Aneddoti ne abbiamo a bizzeffe e sceglierne uno sarebbe impossibile. Justin Credible che ci fa i complimenti e che ci racconta della vecchia ECW, Teddy Hart che arriva allo show con due gatti e uno dei due va di corpo sui jeans di un wrestler, Kenny Doane (a.k.a. Kenny Dykstra) che viene da noi e ci dà i feedback sul nostro match in Beyond, essersi allenati nella palestra creata da Killer Kowalski, sulle pareti c’erano foto di Cena, The Rock, Triple H sono solo alcuni dei momenti che ricordo di quei giorni. Devo ammettere che la sensazione piu bella del viaggio è stata sicuramente dimostrare che il wrestling italiano è vivo e merita rispetto. Spero di poterci tornare presto.
Dove potremo vederti dal vivo nei prossimi mesi?
Sicuramente in ICW e Rising Sun. Per fortuna il wrestling italiano è tornato a muoversi. Ah, ecco, sicuramente non vi dirò quando lotto anche io, quella sarà una sorpresa. PS: amanti del wrestling, seguite il wrestling italiano. Supportate il movimento che merita di avere sempre piu gente appassionata e affamata. Cresciamo tutti, assieme.