Il mio viaggio in giro per l’Italia si ferma in Veneto. C’è un ragazzo che ha dedicato le sue energie (economiche e nervose) per migliorare nel wrestling e dare al wrestling italiano professionalità e qualità: Filippo Malvezzi.

Malvezzi è un arbitro con una buona esperienza sia nel nostro paese che in America, tanti match di qualità (AJ Styles vs Christopher Daniels, EPW Total Honor) e un progetto chiamato #rispettailwrestling seguito da tantissime persone. Allora conosciamo chi è e cos’ha fatto fino ad oggi.

Chi è Filippo Malvezzi e come si avvicina al wrestling?

La prima volta che vidi uno show di Professional Wrestling dovevo avere a malapena 5 -6 anni. Hai presente quei ricordi risalenti alla tua prima infanzia, che ogni tanto ti tornano in mente a mo”flash” senza alcuna spiegazione? Ecco, nel mio caso queste “istantanee” dalla mia infanzia riguardano quello spettacolo assolutamente fuori dall’ordinario chiamato “Professional Wrestling”, i suoi personaggi bizzarri, le luci, i colori e tutto il resto. A seguire i miei ricordi sempre più nitidi coincidono con la messa in onda della WCW in Italia e poi, come molti, con il ritorno della ex WWF, ormai WWE, sugli schermi televisivi, attorno al 2003.

Perché hai deciso di fare l’arbitro? Di solito chi inizia vede in sé un futuro Hogan o Austin più che un Charles Robinson o un Nick Patrick

La questione nel mio caso non era fare questo o quell’altro, si trattava piuttosto di essere parte del Professional Wrestling in maniera attiva e rispettosa. I ruoli da poter ricoprire all’interno di questo business sono tanti e voler a tutti i costi fare il lottatore può essere non solo dannoso, irrispettoso, ma anche poco lungimirante. Dannoso perché voler lavorare per forza come lottatore, senza essere nelle condizioni idonee per farlo, rovina il business: se Marco Rossi sale sul ring per la compagnia XYZ senza essere idoneo, contribuisce a tenere lontano il pubblico presente quella sera da altri eventuali show futuri nella stessa zona della stessa compagnia, o, peggio ancora, di altre compagnie. Questo perché – com’è normale che sia – non si può pretendere che il pubblico si metta a fare i distinguo del caso: non ha la minima idea che esistano diverse compagnie indipendenti e dunque basta un singolo “professional wrestler” con preparzione insufficiente per far ridere le persone e farle che “questi stanno scimmiottando gli americani!”.

Tra un acciacco e l’altro, tra questa e quell’altra ragione, non credo di essere mai stato nella condizione idonea per fare il professional wrestler, sebbene gli allenamenti a cui mi sono sottoposto siano identici a quelli dei lottatori.E non intendo danneggiare il business. Inoltre decine e decine di persone sono morte, sono rimaste paralizzate o si trovano a 60 anni a vivere di stenti (perchè nel Professional Wrestling non c’è fondo pensionistico) e pieni di dolori perchè hanno dedicato l’intera vita a rendere grande l’Arte del Professional Wrestling, di conseguenza trovo assolutamente irrispettoso forzare le cose. In quanto in fine alla lungimiranza, beh, mettiamola così: tutti vogliono stare al centro dell’attenzione e fare i lottatori. Perché dunque non provare una strada alternativa?

Quali sono state le tue esperienze italiane iniziali? Da chi hai imparato molto? Come sei arrivato in NWE?

Iniziai nel 2006 e all’epoca a quanto sapessi non c’era niente in zona, qui nel veneziano. Così feci i primi allenamenti in terra emiliana e più in generale fuori dalla mia Regione. Vari di questi, ironia della sorte perché anche lui è veneziano, venivano tenuti da Axel Fury. Tempo dopo scoprii che c’era Psycho Mike ad allenare nel vicentino, quindi per un periodo la sua palestra era il mio riferimento principale. Penso che loro due abbiano avuto un’influenza positiva nella mia preparazione: non perché mi abbiano insegnato chissà cosa all’atto pratico – anche perché in tutti i casi gli allenamenti avvenivano quasi sempre solo di domenica e la frequenza bassa non aiuta di certo il processo formativo – ma perché penso mi abbiano trasferito almeno un po di mentalità orientata alla serietà. Il che è davvero raro nel Professional Wrestling indipendente, dove tanti tendono a giocare e a non prendere le cose seriamente. Non credo sia un caso che entrambi si fossero formati fuori da professionisti veri.

Ebbe un ruolo importante anche il mio seguente periodo a Roma: ancora una volta non tanto per gli insegnamenti pratici, quanto piuttosto per il gruppo di persone presenti all’epoca, alcune delle quali ferocemente motivate a rendere il Professional Wrestling il proprio lavoro a tempo pieno – o almeno una forma di guadagno extra – sempre nel pieno Rispetto di chi è arrivato prima e ha fatto enormi sacrifici per rendere il Professional Wrestling il grande fenomeno mondiale che è tutt’ora. Decisamente un periodo tosto, ma tra alcuni di noi ci si era ripromesso di continuare a crederci e a portare Rispetto per quest’Arte.
Non credo sia un caso che proprio da lì provenga il nucleo più numeroso di ragazzi che hanno deciso di spostarsi all’estero per migliorare la propria formazione. In fine arrivai in NWE grazie a Sylvano IM, il quale si dedicava a questioni logistiche e di backstage in NWE e che era passato per Roma a visionare il gruppo. Sono molto grato sia a lui, che a D3 e Kind Danza che – a quanto scoprì successivamente – avevano ulteriormente messo una buona parola su di me con Roberto Indiano. O almeno credo che questi siano stati i passaggi. Dico “credo” perché è passato un po di tempo e anche all’epoca non avevo colto bene quali siano stati gli step. So però che una cosa importante deve essere stato l’aver dimostrato serietà e interesse genuino di passare a un ambiente più professionale: l’NWE lavora generalmente con professionisti stranieri di grande caratura e non c’è peggior promoter di uno che affianca dei fanboy-caccia-selfie ai professionisti di grande caratura. Per fortuna nessuno di noi era fanboy-caccia-selfie, o almeno non agli show a cui avevo partecipato anche io – e Roberto Indiano è un ottimo uomo di affari.

Poi il periodo americano: puoi raccontare qualche aneddoto vissuto in Knoxx? Quali le tue sensazioni all’arrivo?

La KnokX Pro mi ha fatto capire l’abissale differenza che passa tra una Scuola di Professional Wrestling con la S maiuscola una con la S minuscola. Non solo per il monte ore – 108 ore in 90 giorni, arrotondando per difetto ed escludendo le giornate di spettacolo, altrettanto formative – bensì anche e soprattutto per l’elevata qualità dell’insegnamento in se. La sensazione quindi è stata di enorme soddisfazione, perché avevo capito che i soldi risparmiati come il peggiore degli spilorci e le tantissime rinunce avevano avuto un loro senso.
Di aneddoti ne avrei tantissimi, ma preferisco tenerli per me.

Ora sei in Italia da Circa un anno. Pensi di tornare presto in America? Hai ancora contatti con Rikishi?

Tornare negli Stati Uniti è decisamente nei miei piani ma non è facile, soprattutto in Stati costosi come la California dove ha sede la KnokX Pro. Per noi è possibile rimanere in terra statunitense consecutivamente solo 90 giorni, al termine dei quali siamo obbligati legalmente a tornare a casa. Cercare lavoro in loco è illegale e se vuoi dedicarti al Professional Wrestling forse non è il caso di rischiare di fari pizzicare: verresti espulso con il divieto di tornare per i prossimi 10 e più anni. Ottenere un contratto prima di arrivare lì è davvero improbabile: per farlo un’azienda americana dovrebbe pagare imposte extra e soprattutto dovrebbe dimostrare che hai delle caratteristiche uniche che nessun americano ha già. Le alternative più facili sono: fare ricongiungimento famigliare con parenti negli USA (se ne hai qualcuno), sposarsi (se capita va bene, altrimenti un matrimonio combinato per ottenere il visto è reato federale), iscriverti a una scuola americana (che però costano in maniera spropositata e anche solo per i corsi di lingua – comunque costosi – deve essere certificata la presenza, che rischierebbe di collidere con gli orari degli allenamenti).

A questo punto la soluzione più credibile è andare avanti e indietro con periodi di 90 giorni e tra una permanenza e l’altra lavorare in Italia o Europa e mettere via soldi. Va da se che per fare questo devi sacrificare un lavoro decente con contratto decente, perché è chiaro che i lavori decenti con contratti decenti non sono quelli dei periodi a spizzichi e bocconi di tot mesi. Questo è un discorso che mi preme fare perché ci sono dei geni che pensano che riuscire ad andare negli USA per il Professional Wrestling sia una fortuna: se non rientri nei tre casi fortunati che ho elencato qua sopra, è davvero difficile e diventa automaticamente sinonimo di grande sacrificio se stai mandando all’aria le possibilità di un lavoro “tradizionale” per il Professional Wrestling. Certamente se hai figli è una cosa che per forza di cose non puoi fare a prescindere, ma negli altri casi è sacrifico.

Alcuni la chiamano addirittura incoscienza, perchè a 20 anni circa dovresti pensare a un lavoro “normale” con cui iniziare a pagare la pensione, mica ad andare a fare il nomade per il Professional Wrestling, saltando VOLUTAMENTE da un lavoretto all’altro. Incoscienza o altro, sicuramente non è fortuna. Che sia chiaro. NON è fortuna. È sacrificio. In quanto ai contatti con Rikishi, certamente, sono in costante contatto con lui ed altri. Si continua a imparare anche dalle sue conversazioni di gruppo private e dai suoi consigli mirati.

Com’è stato il ritorno in Italia? Che differenze hai trovato rispetto al passato? Come ti sei trovato ad avere a che fare con alcune promotion?

Per quanto riguarda l’Italia, ho lavorato nuovamente con la EPW: con loro mi trovo sempre ottimamente. Innanzitutto con me hanno sempre mantenuto gli accordi e anche le comunicazioni sono sempre state cordiali e puntuali.
In secondo luogo la curva di apprendimento nel backstage degli show EPW è davvero alta: un conto è ascoltare Marco Rossi dare feedback a te, ai ragazzi o agli organizzatori stessi, e un conto è ascoltare Aj Styles, MVP, Leremy Borash e così via. Non solo i contenuti sono chiaramente di qualità superiore, ma dal punto di vista dell’addetto ai lavori è utile anche vedere come questi contenuti sono espressi, in modo da capire come i veri professionisti si comportano, come agiscono e come parlano nel dietro le quinte. In fine è lodevole il fatto che l’organico della EPW ricerchi sempre il feedback onesto da parte del team.
Piano piano stanno costruendo una squadra di persone fidate con cui proseguire il progetto, che mi auguro continui a crescere e di cui spero di poter farne parte a lungo.

A Maggio sono tornato anche a Roma, presso la RWA con la sua nuova gestione. Se ne era parlato per un po e finalmente ce n’era stata l’occasione. Non posso che essere contento per quanto riguarda quel fine settimana ed è sempre un piacere ritrovare vecchie facce note e di conoscerne di nuove. A proposito di chi lavora in Emilia Romagna, spezzo una lancia anche in favore del BWT, di cui ho osservato un allenamento qualche mese fa perchè mi trovavo in zona. Sono guidati da due ottimi leader (Red Scoprion e Massimiliano Malpensa) e nel loro piccolo stanno costruendo un marchio che tra gli addetti ai lavori è notoriamente ben apprezzato. In fine menziono Cristian Panarari, a nome del marchio WIVA Wrestling, di cui è presidente. Spezzo volentieri una lancia in suo favore perché vedo che si sta rivolgendo sempre più frequentemente a persone che hanno avuto esperienze credili e perché con me è stato di parola, cordiale e preciso.

Altre promotion italiane mi hanno contattato, ma l’accordo per averci a che fare direttamente non è mai andato a buon fine. E su questo non ho nulla da dire perché ognuno si fa i propri conti. Il discorso però è che nella maggior parte di questi casi le persone sono sparite senza dire nemmeno “no, niente, non possiamo adesso”. Il che mi porta all’altra domanda: nessuna differenza tra prima e dopo in termini di precisione. Più in generale un grosso problema sta nella mentalità: tolte le dovute eccezioni, penso che le persone a credere ferocemente nel Professional Wrestling, nella sua potenza e dunque nelle sue potenzialità di rendita di denaro, si contino sulle dita di poche mani. (e smettiamola di dare la colpa al calcio e ai cittadini bigotti ignoranti anti-wrestling a prescindere!). Questo porta a implicazioni a ragionamenti fallaci.

Uno di questi ad esempio è che si può paragonare Il Professional Wrestling a qualsiasi altra attività sportiva o ludica e che dunque non si può obiettare nulla se Marco Rossi sale sul ring in condizione inadeguata. La risposta è NO. Marco Rossi semi pensionato può andare a giocare al calciatore al campetto con gli amici senza che succeda niente. Marco Rossi semi pensionato NON può giocare a fare il Professional Wrestler senza rovinare l’immagine del Professional Wrestling indipendente. Questo perché la partitella a calcetto con gli amici è sdoganata. La gente sa di cosa si tratta. È qualcosa di normale. E non danneggia l’immagine e gli affari – o potenziali affari – di nessuno. Il Professional Wrestling no. È percepito extra-ordinario perché per sua natura è qualcosa di fuori dall’ordinario.

Come detto in precedenza, se Marco Rossi fa una performance indegna, allontana dalla compagnia il pubblico presente quella sera e fa tabula rasa di pubblico per un potenziale altro promoter che vorrà organizzare uno show nella stessa area. È un DANNO. Non è come giocare a calcetto con gli amici. Capisci bene dunque che chi fa ragionamenti del genere per quanto mi riguarda non può portare Rispetto fino in fondo per quest’Arte – anche se è convinto il contrario – perchè se il Rispetto fosse vero, 3/4 dei lottatori indipendenti del mondo farebbero un esame di coscienza e si reinventerebbero annunciatori, arbitri, manager, tecnici audio/video e così via. Poi c’è anche chi ce lo mette sul ring, Marco Rossi. E siamo punto a capo. 

Ci tengo a precisare comunque che sono cose che accadono ovunque nel mondo, credimi. Da noi però il problema è più accentuato perché altrove esiste almeno una realtà indipendente per area geografica gestita da qualcuno che ha campato di solo Professional Wrestling. Noi storicamente abbiamo iniziato nei primi anni 2000 a tentativi, senza una guida fissa in loco. Molti sono migliorati e con ottimi risultati, mi sembra chiaro, ma è nel dna del Professional Wrestling nostrano fare le cose a tentativi. Nella tua testa quando fai le cose con lo spirito del tentativo automaticamente le fai meno seriamente. Ovviamente nessuno nasce imparato e nella vita, soprattutto nel Professional Wrestling – che è un Arte prettamente umana a colpi di interazione tra esseri umani – non si smette di imparare. Ma tra questo e cercare di limitare i tentativi alla carlona seguendo linee guida affidabili ce ne passa..!

Credo che la prima GROSSA differenza avverrà quando si trasferirà in Italia un Professionista di vero spicco che ha pagato la maggior parte delle sue bollette grazie al Professional Wrestling e che è stato nel giro che conta. Fino ad allora toccherà fare il telefono senza fili assorbendo da Marco, che ha imparato da Andrea, che ha imparato da James a Cipro, il quale ha imparato a un seminario di Charles nella periferia di Liverpool, il quale a sua volta ha imparato nel 2.000 avanti Cristo da un vero Professionista. Con tutte le conseguenze del caso.

Quanto è stato importante l’apertura della newsletter su rispetta il wrestling e che feedback hai avuto?

L’obiettivo era duplice: innanzitutto far capire che non si può rischiare di ridurre il Professional Wrestling a un hobby da egocentrici e in secondo luogo spingere le persone a tagliare il filo del telefono e andare direttamente alla fonte per imparare. Anche a costo di rifiutare un buon contratto con contributi pagati e di dormire in macchina in una strada semi desertica della California, o del Texas, dello Stato di New York o del Missouri o di qualsiasi altro posto dove c’è almeno un Professionista vero che può fare da guida. Almeno per 90 giorni, ovvero per 108 ore, che sono quelle che da noi si accumulano in 1 anno circa quando va bene. I riscontri che ho ricevuto non sono stati numerosi perché la Newsletter è stata seguita da un neanche un centinaio di persone, ma quelli ricevuti sono stati buoni e la cosa mi rende felice.

Ringrazio Filippo per le risposte, decisamente esaurienti. Lo vedrete sul ring molto probabilmente al prossimo show della EPW quindi in giro per l’Europa nel mese di novembre. Seguite la sua pagina su Facebook Rispetta il Wrestling per ogni aggiornamento su di lui e sui suoi consigli.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.