Hell in a Cell. L’inferno nella gabbia d’acciaio, l’epilogo di quelle faida di lunga data così accese da poter essere risolte solo ponendosi in una situazione di reciproco pericolo: oggi, per usare un eufemismo, non è proprio così…come mai? Più catenacciato del Sassuolo, ecco a voi l’editoriale odierno.

Partiamo dal concetto di PPV. Pagare per vedere, o meglio “vendere” agli spettatori paganti, live ed a casa, un epilogo, uno scioglimento frutto dei mesi antecedenti utilizzati per costruire una storia, la cui fine è celata da un corposo scontrino. Sarebbe un po’ come raccontare la favola di Cappuccetto Rosso al proprio pargolo prima di andare a dormire ed una volta arrivati al punto in cui la nostra eroina viene ingoiata in un sol boccone dal mostruoso canide…estorcere alla prole 5 euro extra per svelare il finale. Roba da telefono azzurro insomma.

Chiaramente l’esempio è eccessivamente drammatizzato: scopo del wrestling business, ovviamente, è quello di vendere un prodotto, creando la dovuta curiosità ed invogliando l’utente a spendere volentieri soldi per sapere che fine farà Cappuccetto Rosso, una volta zuppa di succhi gastrici animali. Il concetto di PPV è stato, per anni, alla base del nostro amato business, divenendo unico ed insindacabile metro di giudizio per valutare una federazione come redditizia: in passato la WCW, pur ottenendo ratings dignitosi anche negli ultimi anni di vita, totalizzava un numero non sufficiente di acquisti PPV rispetto ai soldi spesi per costruirli, così come ad esempio la TNA, che ultimamente non sta di certo passando un proficuo quarto d’ora, pur attraendo circa un milione di spettatori a settimana non è mai stata in grado di totalizzare un numero decente di acquisti, assestandosi su una media stimata sempre (o quasi) inferiore alle diecimila unità. Tradotto in soldoni: meno di un centesimo delle persone che guardano la TNA sono disposte a metter mano al portafoglio per la federazione stessa. Ed è questo uno dei motivi del suo semi fallimento.

Il concetto di PPV, dicevamo, è stato alla base dei piani economici della WWE per moltissimi anni: tale concetto è stato stravolto in modo pressoché totale una volta lanciato il WWE Network. Scopo della federazione, per il tramite di tutta la crew addetta alla creazione dello show, non è più quello di costruire faide che possano avere un climax in determinati periodi dell’anno, piuttosto l’obiettivo è (o meglio, dovrebbe essere) quello di creare un prodotto appassionante al punto da giustificare l’iscrizione al WWE Network, vero e proprio perno attorno al quale, in questo momento, ruota l’intero mondo della WWE non come fenomeno globale, ma come azienda in senso stretto. Tuttavia, al giorno d’oggi ci troviamo con “Special Events” non troppo speciali, ma anche con un prodotto complessivo piuttosto viscoso e stantio.

Non sono un fan degli eventi “a tema”, se non con le dovute eccezioni come la Royal Rumbe,  Money in The Bank ed il King of The Ring, eventi in cui vi è qualcosa in palio di importante in un gimmick match che non necessita di una particolare storia o una particolare giustificazione per aver luogo, se non il “premio” stesso in caso di vittoria. Odio i vari Hell in a Cell, TLC, Fatal Four Way, le Series o Extreme Rules: sapere a priori che all’interno di uno di questi eventi vi saranno match a stipulazione speciale senza una vera e concreta motivazione alle spalle non mi piace, in quanto forza la predeterminazione del prodotto (elemento che il fan di wrestling deve necessariamente e consapevolmente accantonare per godersi a pieno lo show) in modo decisamente inutile ed eccessivo.

Prendiamo ad esempio lo SE che si terrà tra qualche giorno, Hell in a Cell. La costruzione per questo show è stata deficitaria e piuttosto schizofrenica, ed il tutto ruota attorno ad un'unica, succulenta portata: il match nella gabbia trai due ex membri dello Shield, Ambrose e Rollins, arricchito da una costruttiva presenza di Foley in quel di Raw e da un Lunatic Fringe sugli scudi nella medesima puntata. Ma, anche nel punto più forte dello show, c’è un però. Nella faida tra questi due interessanti prospetti si è inserito Cena, creando più confusione che altro: l’aver messo in palio la possibilità di sfidare Rollins, a mio avviso, ha svilito eccessivamente la faida tra i due ex membri dello Shield, rendendo dunque l’epilogo pericolosamente non concretizzabile, quando non dovrebbe essere così. L’epilogo di questa faida, in cui Ambrose cercherà giustizia non solo per il tradimento perpetrato ma anche per l’attacco subito pochi mesi fa, è stato annacquato da un possibilismo che ha finito con l’indebolire l’astio profondo che Ambrose dovrebbe nutrire nei confronti di Rollins, rendendo la chiusura all’interno della gabbia d’acciaio un obbligo di trademark più che l’unico, estremo modo risolutivo per concludere una rivalità così forte e violenta. Cena invece affronterà Orton, in un Hell in a Cell match. Già.

Questo match, per come è maturato, non crea vantaggi proprio a nessuno. Orton affronterà gli avanzi lasciati da Rollins, mentre Cena sarà costretto ad intavolare una faida contro un avversario contro il quale non ha più nulla da dare, in un incontro tra il numero uno ed il numero due della federazione che sa tanto, troppo di riempitivo raffazzonato costruito interamente sullo starpower di entrambi, e basta. Senza contare che sarà un n°1 contender tra due “seconde scelte”, almeno in storyline. La gabbia d’acciaio, in questo caso, è un’aggravante che rende ancora più gratuita ed inflazionata questa stipulazione che va impietosamente a sommarsi ad un incontro inflazionato ogni oltre limite…l’unico modo per salvare il tutto, ha un retrogusto forse eccessivo di fantawrestling.

Cena ed Orton li abbiamo visti a straforo uno contro l’altro…ma in tag team? Associarli contro un nemico comune potrebbe essere una soluzione abbastanza originale per tenerli impegnati, ed allo stesso tempo lontani dalla zona main event senza eccessivi sensi di colpa. La Wyatt Family, che sta prendendo la rincorsa per un ritorno in pompa magna dopo un mai chiaro allontanamento (forse per rinfrescare la gimmick?) potrebbe essere la soluzione ideale: i due vengono attaccati durante il loro match (che tanto nessuno vuol vedere ed il cui risultato non frega a nessuno), non riescono a spuntarla sulla Family da singolo e per emergere vincitori devono necessariamente unire le forze. Così facendo Cena potrebbe tenersi impegnato, mentre Orton potrebbe beneficiare nel breve periodo di un turn face che tutto sommato ci sta, anche in vista di una potenziale faida contro Lesnar, vista l’RKO assestata a Paul Heyman lunedì a Raw.

Bene, detto questo non ci resta che aspettare domenica per verificare l’esatta distanza del mio volo pindarico…l’unica cosa certa è che, i cosiddetti PPV di transizione, con l’avvento del network sono divenuti poco più di una puntata speciale mensile, persi in un marasma di contenuti bisognosi di novità come il pane.

God save NXT.

Danilo