John Cena.
Perché parlare di John Cena in un articolo storico, vi starete chiedendo. Innanzitutto perché John Cena fa a tutti gli effetti parte della storia del Pro Wrestling. Inoltre, perché la storia di John Cena è probabilmente quella più rosa e dolce di tutte quelle mai viste in WWE e magari, lasciatemelo dire, nel mondo della disciplina in generale. John Cena è, senza troppi se né ma, una leggenda!
Ma come tutte le leggende, sarà per troppa presunzione o per cambiare uno stile di vita che stanca e rende aridi, anche lui ha avuto un momento di smarrimento qualche tempo fa, momento che agli occhi di molti rischia di farlo passare per ciò che non è, o forse, rischia di svelare semplicemente ciò che davvero c’è dentro la sua testa. Ma partiamo dal principio, da dove tutto è cominciato, quella storia rosa e dolce che ebbe inizio il 27 Giugno del 2002, quindici anni fa precisi.
John Cena veniva da una Ohio Valley Wrestling fertile che in quegli anni portò alla luce quelle stelle che dopo il debutto sarebbero diventate campioni, icone e pezzi della storia. Portò alla luce Batista, portò alla luce Randy Orton, portò alla luce Brock Lesnar. Insomma un pacchetto di signori che avrebbero fatto le fortune future di Vince McMahon e soci. In questo pacchetto c’era anche, supportato più di tutti da quell’idea sviluppata per un brevissimo periodo conosciuta come Ruthless Aggression, John Cena. Quel giorno cominciò la sua carriera nel Main Roster. Quel giorno cominciò la sua ascesa.
In pochissimo tempo John Cena, prima da Heel e poi da Face, Status che non abbandonerà mai, comincia a far capire a Vince McMahon che la sua visione era giusta. Giustissima. Il Merchandising va a gonfie vele, al microfono è un prospetto eccellente e sul Ring è davvero buono. Il Ring però, per ciò che serve a Vince non conta, “mettiamogli un freno”, non sarà quella la sua forza. Paradossalmente questa fu la mossa più azzeccata di tutte. John Cena sale sempre di più nelle idee di grandezza della compagnia e utilizza sempre più il microfono e sempre meno il suo ottimo bagaglio tecnico.
Fino alla fine del 2004, quando John arriva al culmine della sua completezza: un lottatore con una tecnica di base eccellente, che è un fenomeno al microfono ed è amato dal pubblico generalista e quasi odiato dal pubblico purista. Una fottu*a macchina da soldi.
Vince il suo primo titolo del mondo nel 2005, a Wrestlemania, mettendo fine ad un regno di JBL che durava da quasi un anno. Da li in poi sono poche le sconfitte. Da li in poi sono decine, forse centinaia, i lottatori che mettono la schiena al tappeto per lui, che vengono derisi, massacrati, umiliati, in scena e dietro le quinte. Insomma tutti pagano lo scotto di avere una grandissima stella nel Roster. E’ normale, è sempre stato cosi. Con Bruno Sammartino, con Hulk Hogan, con Shawn Michaels. Mai però si era raggiunto questo livello di dominanza cosi alto se paragonato alle varie epoche. Mai Vince McMahon aveva letteralmente dato le chiavi della sua compagnia ad un lottatore con cosi grande fiducia, e John Cena ripagò questa fiducia, certo.
John Cena ripagò questa fiducia grazie a lui ma anche grazie al lavoro oscuro ma lampante di tutti quei colleghi che sarebbero arrivati a farsi tagliare un braccio se Vince gliel’avesse chiesto. A tutti quei ragazzi che per anni hanno dovuto fare la fila per ottenere il successo che avrebbero meritato. Grazie a tutti quei ragazzi che hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco per mantenere vivo un sogno, una speranza. Grazie a tutti quei ragazzi che sapevano, quando firmarono, che sarebbe potuto succedere e lo hanno accettato. Perché per un CM Punk, ci sono stati cento Wade Barrett.
Come già detto questo è normale. Questo è il Professional Wrestling. Un qualcosa per il quale si viene pagati per obbedire. Dove si recitano parti, copioni.
Però, questo Professional Wrestling, è anche quello dove si sudano speranze. Si spezzano famiglie. Si accorciano vite. Un mondo che ti potrebbe pugnalare mentre ti mostra la luce. Un mondo che va rispettato in tutto e per tutto, ed i primi a doverlo rispettare sono proprio coloro che lo praticano. Coloro che lo lavorano. Rispettare il mondo della “lotta libera”, per tutti, significa rispettare i lottatori. Per noi che guardiamo e per loro che salgono sul Ring. Spesso questo si dimentica quando si parla da una cima, quando le sicurezze sono talmente solide che ci si sente invincibili. Ma invincibile non lo è nessuno. Nemmeno John Cena.
Si può essere ricchi, si può essere Main Eventer, si può essere potenti. Ma senza il rispetto si rischia di essere una scatola vuota. Bella fuori ma piena d’aria dentro.
Fino a questo momento, John Cena, era una gran bella scatola, piena di gloria, piena di belle parole. Con solo qualche neo, qualche nube all’orizzonte, che si diradava sempre in un tempo brevissimo. “Alex Riley fece qualcosa di sbagliato e pagò”, o “Wade Barrett e il Nexus non potevano vantare diritto sul grande potere di Cena, ci stava gli affossasse rialzandosi dopo essere stato schiantato sul cemento”.
“..non ho affossato nessuno, è che nessuno ha saputo lavorare ad un livello da numeri uno..”
Come a dire che nessuno è stato grande quanto lui. Come a dire, fra le tante altre cose espresse in un’intervista rilasciata a The Wrap.com qualche giorno fa, che tutti quelli che hanno lavorato, viaggiato, sofferto, ascoltato, sanguinato, fatto di tutto per renderlo il più grande, sono soltanto degli sfigati. Sono soltanto signori che ci hanno provato ma che sono stati troppo inferiori per farcela. Non rispettavano lo Standard che ormai lui rappresentava per essere il migliore.
Quali nomi dovrebbero venirci in mente? Quello di Edge? Quello di Umaga? Quello di The Miz? Oppure dovrebbero venirci in mente i nomi di Orlando Jordan, Carlito, René Dupreé? O ancora, dovrei pensare a Nunzio? Dovrei pensare a Santino Marella? A A Train? Tutta gente che in alto e in basso ha messo piede sul Ring per lui contribuendo alla sua ascesa, al suo dominio.
Va bene, questo potrebbe essere il pensiero di molti: “C’è chi è un grandissimo e c’è chi no.” Non condivido e francamente nella mia mente lascia il tempo che trova al momento di mostrare rispetto a un Wrestler, però è un pensiero altrui è va rispettato. Ma ha un significato speciale e duro come l’acciaio quando a dirlo è un lottatore. Ha un significato specialmente importante e devastante come un ordigno annientante quando a dirlo è colui che ha avuto di più. Quando a dirlo è colui che rappresentava un’idea. Una forma di vivere. Un Leader. Un esempio. Un’ispirazione.
Quando a dirlo è uno che ha fatto di alcune parole una bandiera per la sua carriera. Una di queste è “Rispetto”.
E’ quasi caduto un mito, l’uomo che professava rispetto in giro per il mondo, dimostra di non averne nessuno per gli altri. La grandezza, evidentemente, rende avidi. Avidi di gloria. Paurosi di essere superati, soppiantati, scambiati. Incapaci di accettare il tempo che passa. Impossibilitati a giustificare il perché di tante carriere rallentate, compromesse o addirittura finite.
Ho sempre difeso John Cena, perché l’ho sempre ritenuto un professionista tutto sommato umile, nonostante le grandi case, il benessere, il potere. Credevo che la verità, aldilà di tutto, stesse nel mezzo in tutte quelle testimonianze che arrivavano dal Backstage, dalle interviste, dai Tweet. Oggi no. E non accetto le sue scuse. Un uomo può sbagliare, sempre, ma non in un momento pubblico, nel quale è lucido, dove parla di qualcosa che lui conosce benissimo. Qualcosa con la quale ha scambiato anima e corpo, col quale ha avuto un amplesso dopo l’altro, con orgasmi stratosferici, impensabili, inimmaginabili. John Cena si è dimenticato che non può rispettare il Professional Wrestling se non rispetta gli uomini che lo compongono, i mattoni che sollevano un muro che non serve a dividere, ma a difendersi dall’esterno, dalle critiche, dalle malelingue. Cena lo ha sfondato, non lo ha rispettato e di conseguenza non può rispettare nemmeno se stesso, anche se crede di farlo.
Chiudo, un po’ amareggiato, con una speranza. Spero che tutto questo non sia reale. Spero che tutto possa essere giustificato, con una giustificazione credibile, anche se so che una giustificazione credibile, per ciò che intendo io, può soltanto essere, paradossalmente, un Work. E tutto questo, al momento, mi sembra tutto fuorché un Work.
Rispetto!