Quando i Death Riders si ribellarono a Bryan Danielson, i principi sembravano quasi una autoaccusa verso la AEW. Il declino lento ma inesorabile era magari dovuto alla debolezza caratteriale di un roster che non credeva più nelle proprie capacità. Tre mesi dopo, però, quella storia si è svuotata totalmente dei suoi principi.

La partenza è stata giusta. Lo spiegai in un altro articolo: spingere il roster a far di più. Di contro una pattuglia di originals che provavano a resistere al nuovo despota. Gli attacchi, scelti a modino, erano giusti e indicativi. Idem la volontà di “insegnare” a Wheeler Yuta a essere davvero fedele al gruppo.

È evidente che la storyline dovesse andare altrove, con una sorpresa a Worlds End o Full Gear. Magari Shane McMahon. Poi qualcosa è saltato. Ed è altrettanto evidente che non avessero un piano B. O che qualsiasi piano B non fosse all’altezza del piano A. E così i Death Riders sono diventati una generica stable heel come tante altre. Non così potente. Non così cattiva. Di cui pochi hanno paura.

Che ci fosse qualche problema, lo si è notato da un dettaglio: i Private Party, tra i primi a sostenere Darby Allin nella guerra, si sono subito sganciati, prendendo la strada verso l’evanescenza che già conobbero i The Acclaimed da campioni. Idem tanti altri, che non sono cresciuti nel roster e si trovano ancora nella stessa posizione di prima.

Altri due indizi? Kenny Omega torna come Evp’s e li ignora, nonostante Daniels avesse provato a contrastare Moxley. E la stable si ritrova a dover fare team con il Learning Tree per via di comuni avversari, ma non comuni obiettivi. I DR dovrebbero stare lontani da qualsiasi alleanza, visti i principi iniziali.

Va tutto male? Non va male. Semplicemente la storyline in corso è spompa, poco attrattiva, anticlimatica. Procede, ma non c’è interesse. Serve una svolta, magari inserendo nuovi adepti coi quali difendersi e pestare i nemici. Non è possibile che il gruppo indietreggi davanti a Hobbs, per quanto sia grande e grosso.

Va tutto male? In realtà no, per gli altri. Forse la zona main event non è mai stata così florida come in questo periodo. Tutti vogliono la cintura in mano a Mox. White, Page, Cassidy, ma anche Christian Cage, Cope, MJF, Adam Cole, Okada, Ospreay e – perché no, almeno per una notte? – Jeff Jarrett. E la scena è totalmente dinamica, con incroci che uniscono i migliori atleti del roster.

In vista di Revolution, occorre prendere una strada che rivitalizzi i Death Riders o li ridimensioni definitivamente, levandoli dalla zona main event. Arrendersi a un (semi) fallimento, alle volte, può essere un modo per scrivere qualcosa di più grande.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.