Vi è piaciuta la Royal Rumble? Credo proprio di no. E non avete tutti i torti. L'unico problema è che la maggior parte dei fans italiani una settimana fa dicevano l'esatto opposto.

Direi che mi sono preso una bella sequenza di frasi la scorsa domenica. Per tutti dovevo essere fumato o bevuto per aver scritto che ci trovavamo di fronte ad una Rumble senza hype, con risultati scontatissimi. E per aver scritto che se non avesse vinto Batista, allora il nome di Alberto Del Rio era l'unico da ammettere la vittoria, contando che le news davano per certo un Elimination Chamber Match con Orton, Cena, Punk, Bryan, Batista e Lesnar. Un ragionamento con una logica a cui è arrivata qualche risposta senza logica. 

Davvero pensavate che Punk avrebbe vinto? E davvero avevate hype per un match con un vincitore annunciato – Batista – ed un unico grande nome dentro – sempre Batista? Non mi ha sorpreso la pochezza di questo ppv che si basa su un solo match (Wyatt vs Bryan), su tanti vincitori scontati e sul predominio della Kliq come se fossimo ancora negli anni 90. Bisognava perdere completamente il contatto con la realtà per non capire in anticipo quello che sarebbe successo.

Perché Batista? Perché stiamo parlando del trentesimo anniversario di Wrestlemania e nel main event deve essere presente il prototipo della WWE. Prototipo che sia parte della storia recente della compagnia e che faccia al caso dei due padroni. Perché non Punk o Bryan? Per tre motivi: 1) Triple H, 2) Vince McMahon, 3) la storia della WWE. HHH è legato alla storia della Evolution e a Randy Orton, a Vince McMahon piacciono ancora i big men pompati con i pantaloncini stretti e la storia dice che Hogan, Savage, Hart, Austin, Big Show e Triple H erano tutt'altro che piccoli agili e spettacolari.

Così Punk se ne va. Come AJ Styles. I ruoli sono diversi ma medesima la lamentela: non per soldi, ma per opportunità – personali e altrui. Punk sa benissimo che un match con Triple H a Wrestlemania significa giocare con regole del COO, con la possibilità di una sconfitta e nessuna buona nuova per il futuro. La WWE ha continuato a trattarlo come uno dei tanti e il suo lunghissimo regno è un ricordo lontano seppur ancora vivo. Oggi Punk è stanco, stanco fisicamente, e mentalmente, perché stare là dentro significa lottare, discutere, sbraitare, sbattere la porta. Sbattere la porta, e andarsene.

Qualche giorno fa su un sito è apparso un post mark a favore della WWE e contro Punk. Un post che non avrebbe ragione d'essere ma il web è così democratico che uno vale uno e quindi nessuno vale qualcosa di serio. Un post che in un tratto, anzi due, non ha tutti i torti: con questa sua uscita, CM Punk fa la figura del bimbo che se non ottiene qualcosa urla piange e va via. Fa la figura della primadonna, di colui al quale nessuno avrebbe dato un centesimo bucato come campione e che si è montato la testa; con questa uscita la WWE dimostrerà una volta di più che vale più il suo marchio che gli uomini che lo portano avanti: questi rimarranno nella storia grazie alla WWE. Sono passate le ere di Hulk Hogan, Randy Savage, Bret Hart, Shawn Micheals, Steve Austin, The Rock, Chris Jericho, Triple H, Brock Lesnar. Sono passate ma la WWE è ancora qua a prendersi paginate di siti internet e ad agitare il dibattito, anche su una Rumble brutta come quella 2014.

Voglio pensare che quel post fosse provocatorio. Sapendo chi lo ha scritto potrebbe esserlo, ma anche no. Scrivere "Finalmente CM PUNK esce di scena dalla WWE nella speranza che lo stare a casa ad ascoltare le canzoni blasfeme dei suoi gruppi preferiti lo faccia presto dimenticare dalla memoria di chi ama il wrestling." è come dare alla prima frase una botta in testa all'intelligenza di qualunque essere umano. Mi fa ancor più ridere la frase "menefreghismo verso i sostenitori più piccoli" perchè dimostra di non capire cos'è stato e cos'è il personaggio CM Punk e dimostra di non capire dove sta andando il wrestling da qualche anno a questa parte. Non lo sta capendo nemmeno la WWE che vive di amarcord e si basa solo sugli anni andati, su facce viste mille volte. Non lo capiscono nemmeno quando il pubblico è costretto a tifare l'heel contro il face di turno nel finale della Rumble, però questo sarà solo un buon motivo per turnare babyface Reigns e perderlo per sempre come sta capitando a Big "sono campione intercontinentale ma non me ne sono ancora accorto" Langston.

Di certo Punk non è un primo della classe per finta, di certo non fuori dai primi 20 al mondo nella storia, soprattutto se davanti possono esserci Ultimate Warrior, Kevin Nash o Randy Orton. Ci sono tantissimi atleti di alto livello al mondo (AJ Styles, KENTA, Prince Devitt, Johnny Gargano, Zack Sabre Jr, Ricochet, AR Fox, Adam Cole, Austin Aries, Bobby Roode, Hiroshi Tanahashi, Shingo, Noam Dar, Daniel Bryan) e lui fa parte a pieno titolo della cerchia: ciascuno sa essere il migliore al mondo nei propri match, col proprio personaggio, con la propria storia.

Il colpo di coda sta qui: "Se Punk oggi è una icona mondiale lo devo proprio alla WWE che ha creduto in lui, lo ha messo in condizione di dare il massimo, gli ha passato la torcia. Non erano obbligati a farlo. Ma lo hanno fatto. Dove sta la riconoscenza? Perchè mordere la mano di chi ti ha reso benestante e famoso e ora sta dando spazio ad altri?".

Se Punk oggi è una icona mondiale lo deve solo a se stesso e alle sue qualità. La WWE era ad un bivio: perdersi in John Cena e nelle sue contraddizioni (create dalla WWE  stessa) od operare una svolta. Decisero di operare la svolta facendo delle prove su CM Punk e Alberto Del Rio. Punk vinse nettamente il confronto e si guadagnò il regno da campione che seguì. Perciò la riconoscenza, se manca, manca da parte della dirigenza di Stamford, arroccata su un modello sì vincente ma pieno di crepe E quegli altri a cui sta dando spazio ora la compagnia non sono nuove leve, bensì il vecchio che avanza tra part-timer e campioni soporiferi. Perciò è suo compito mordere la mano, è suo compito cercare di aprire gli occhi dei McMahons per dare al popolo del wrestling quello che il popolo del wrestling vuole. E' suo compito spezzare il predominio degli amici degli amici che si chiamino essi New Age Outlaws, Batista, Randy Orton. E allora perché davanti non ci stanno Antonio Cesaro, Damien Sandow, Fandango o gli Usos? Non sono allo stesso livello vero? Ma è anche vero che nessuno ha mai pensato di portarceli.

Se il wrestling ha cambiato esigenze, è merito di Punk. Oggi la gente vuole altri tipi di wrestlers, vuole e pretende perché si informa, segue, commenta. Se fino a qualche anno fa ripudiava le indy o la TNA perché non WWE, oggi fa esattamente il pensiero inverso (esclusa la TNA). Per questo il pubblico va a favore di Bryan, fischia Batista e non gioisce per le sue vittorie (e il buon Dave reagisce a male parole verso il pubblico). Per questo il pubblico inneggia a Punk e non ad uno qualunque dei face presenti. Pochi se ne capacitano. L'unico che l'ha capito è John Cena, uomo di una intelligenza straordinaria: quando Orton si lamenta durante il loro match della reazione del pubblico, lui sa bene che non può farci nulla. Sa che la società che gira intorno al wrestling è cambiata, vuole altro. Perciò fa del suo meglio per rendere meno amaro ogni suo match ed uscirne pulito, perché tanto i fischi maggiori vanno da altre parti.

Punk aveva proposto come main event di Wrestlemania XXX una sfida con Daniel Bryan. Una sfida dove avrebbe perso, ma avrebbe anche dato la spinta decisiva per un grande ed entusiasmante regno del tanto bistrattato Bryan. Sarebbe stato il main event perfetto.  Invece ci ritroveremo Orton vs Batista, dove il pubblico starà muto o inneggerà ad altri atleti rovinando di fatto il momento migliore di un ppv storico. Neanche la presenza di Lesnar o lo stesso Cena cambierebbe la salsa: veder tifato un heel o veder fischiati tutti e tre i contendenti sarebbe la macchia di sporco su un evento atteso da mesi. Che si tengano quindi le loro scelte, pagheranno col tempo la sfida fatta al pubblico che, ammettiamolo a noi stessi, ha sempre avuto ragione.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.