Avevo già scritto delle difficoltà della All Elite Wrestling di reagire al momento storico che sta vivendo. Qualche settimana fa avevo parlato di un progetto al momento freddo, che – magari – pur lavorando bene non riesce a risalire la china. Serve tempo, serve pazienza, serve che la marea passi per rosicchiare a poco a poco terreno e riportarsi su posizioni più consone.

Il dato di Dynamite di una settimana fa ha acceso più di un campanello d’allarme. È vero, lo show sta peccando di tantissimi problemi narrativi, causa un ppv (Forbidden Door) che non è per niente facile da costruire visti i tantissimi limiti nelle collaborazioni. È forse, anche, posizionato male nel calendario o semplicemente gestito nel modo sbagliato. Proporre una World Cup sarebbe magari più semplice. O strutturare il ppv in modo che i wrestler AEW non siano inseriti in match o storyline totalmente a caso (vedi MJF). Ecco perché finora sta funzionando solo Ospreay vs Swerve come mini feud.

Ma provo a dare uno spunto di riflessione attuale e futuro riguardante il prodotto AEW. Uno spunto che potrebbe essere un fattore collegato al basso appeal.

Ho l’impressione, forte, che la compagnia non sia riuscita a completare nel migliore dei modi il passaggio dalla vecchia alla nuova generazione. Balla, oggettivamente, uno status diverso. E il pubblico non sembra particolarmente interessato alle storie, a volte ondivaghe, dei pillars o dei giovani del roster.

Siamo partiti con Jericho, Cody, Omega, Moxley, i Bucks. Poi sono arrivati Danielson, Cole, Punk, gli Hardy, gli FTR, e tantissimi altri atleti con uno status decisamente importante per dare alla compagnia l’interesse di cui c’era bisogno. Già nel 2022 però feci notare la necessità di prepararsi “al dopo”. Oggi la risposta che dà il pubblico è decisamente chiara: tolti i grossi nomi, non c’è più quel coinvolgimento.

La AEW ha lavorato su MJF, Allin, Guevara, Perry e qualche altro. Per tante ragioni non è mai andata in fondo alla questione (a parte con Maxwell). E nella nuova generazione sono arrivati Swerve, White, Ospreay, Okada. Che sono bravissimi, lottano bene. Alcuni di loro sono anche ben sfruttati. Ma non svoltano l’interesse del pubblico. Non hanno uno status tale da generare attenzione. Probabilmente, se avesse accettato la corte di Tony Khan, ci sarebbe potuto essere un piccolo boost con Drew Galloway. Ma fiutando l’aria, lo scozzese ha deciso di rimanere in WWE. Come tanti altri che oggi non ritengono più la AEW una buona alternativa per il proprio business.

Cosa fare allora? L’ho scritto sopra: macinare, macinare, macinare. Oggi la AEW è nella stessa posizione della WCW del 2001. Un bel roster, con tanti giovani da lanciare e buone storyline da affinare. C’è anche un accordo televisivo da rinnovare. E un Shane McMahon che potrebbe annunciare d’aver comprato la compagnia. Solo che questa volta sarebbe tutta scena. Questa volta sì, sarebbe tutto diverso.