Le ondate di licenziamenti attuate ciclicamente dalla WWE dovrebbero averci fatto capire che nessuno è intoccabile. Non si tratta più solo di far fuori wrestler che ormai non comparivano sugli schermi televisivi da mesi e su cui palesemente non c’erano piani. Nel corso del tempo, abbiamo visto fatto fuori un wrestler che fino al giorno prima sembrava essere coinvolto in un feud, Aleister/Malakai Black; abbiamo visto andarsene un personaggio che i fan consideravano uno dei meglio riusciti degli ultimi anni, Bray Wyatt; abbiamo visto fatto fuori un nome come Braun Strowman, sul quale la WWE sembrava puntare tantissimo, uno che un mese prima del suo licenziamento era impegnato in un match per il titolo WWE. Abbiamo poi visto andarsene wrestler su cui la WWE, sebbene non avesse ancora un’idea precisa in mente, sembrava essere intenzionata a puntare prima o poi, come ad esempio Peyton Royce, per il cui push in singolo si era deciso di porre fine alle Iiconics.

Stanti così le cose, i licenziamenti fatti ad NXT non dovrebbero sorprendere più di tanto, dato che NXT è ancora considerato un territorio di sviluppo. Certo, licenziare un wrestler su cui avevi investito del tempo in previsione di un approdo nel main roster è sempre una perdita, ma alla fine NXT ha un ricambio estremamente rapido.

Perciò sì, non mi sorprendo più di tanto di questa nuova ondata di licenziamenti. E non mi sorprendo troppo neanche dell’addio di Bronson Reed. Ripeto, se è stato licenziato Bray Wyatt, se è stato licenziato Strowman, cosa volete che sia un Bronson Reed?

Può non sorprendere, ma sicuramente dispiace. E in particolare, a me, dispiace per Bobby Fish.

Lo sapete che ho la tendenza a prendere sotto la mia ala protettrice quelli che sembrano i più scarsi del mazzo. E Bobby Fish, sebbene non fosse scarso, è spesso rimasto nell’ombra in confronto ai suoi compagni.

Nell’Undisputed Era, Adam Cole faceva la parte del leader indiscusso, Roderick Strong era il rinforzo in singolo, il campione secondario, e Fish ed O’Reilly il tag team. Uno schieramento classico. Andando avanti nel tempo, si è avuto necessità di splittare la UE e tutti hanno ricevuto un ruolo: Adam Cole quello del traditore, O’Reilly il face da lanciare poi in singolo dopo lo split, Strong ha fatto la parte dell’amico ferito, che non sapeva da che parte schierarsi, che per il troppo dolore ha preferito allontanarsi, per poi tornare in modo inaspettato come heel a capo di una nuova stable (che ha perso pezzi, vedremo cosa ciò comporterà).

E Bobby Fish? C’è da dire che al tempo dello split Bobby stava recuperando da un brutto infortunio, ma io ero fermamente convinta che il suo ritorno avrebbe significato una tappa importante per la storia della UE. E ne ero convinta perché ad NXT la UE era sempre stata gestita ottimamente e anche al momento dello split tutti i suoi componenti stavano, appunto, ricevendo un ruolo ben definito da interpretare. Inizialmente credevo che Fish sarebbe tornato durante uno scontro tra Cole ed O’Reilly, indeciso su da che parte schierarsi, e che la sua presa di posizione sarebbe stata determinante per l’esito del match. Così non è stato e Fish è tornato alcune settimane dopo, aiutando il vecchio tag team partner Kyle O’Reilly e allineandosi così con i buoni. Da lì è stato scelto di mandare Fish prima contro Pete Dunne, che gli aveva causato l’infortunio al braccio, poi contro Roderick Strong. La cosa poteva avere un senso: se si vedono Cole e O’Reilly come il top heel e il top face della stable, era logico che i due “secondi in comando” se la vedessero da soli. Strong poteva mostrare a Fish che lui, al suo contrario, era riuscito a superare lo split della UE, a rifarsi una vita, ad andare avanti. Invece abbiamo avuto un singolo match tra i due, poi il licenziamento.

Ed io ci rimango male perché ero abituata a sentire Bobby Fish etichettato ormai come troppo vecchio, finito, invendibile. Forse, forse per l’idea che la WWE dei suoi progetti futuri (è uscito recentemente un rumor che vedrebbe Vince McMahon intenzionato a rivoluzionare totalmente NXT, la cosa meriterebbe un approfondimento); forse, ma io ho sempre sostenuto che esiste un ruolo per tutti e che tutti, con la giusta storyline, possono conquistare i fan.

L’eredità dell’Undisputed Era segnerà il percorso dei suoi ex membri fino al termine della loro permanenza in WWE, sarà qualcosa che potrà essere sempre tirato fuori al momento giusto, come la faida infinita tra Sami Zayn e Kevin Owens, o come il trascorso nello Shield di Seth Rollins e Roman Reigns. E se proprio era destino che Bobby Fish facesse le valigie, avrebbe potuto farlo con una storyline d’addio decisamente migliore. Ma in questi tempi difficili un giusto addio è un privilegio che viene concesso a pochi.

Rifiuto categoricamente l’idea che Bobby Fish sia un wrestler finito. Posso accettare, tuttavia, che non fosse più adatto alla WWE: a quarantatré anni di età, senza più il suo tag team partner, senza un fisico particolarmente imponente su cui contare; l’unico modo in cui avrebbe potuto essere spendibile sarebbe stato come heel infido e subdolo, o come capo di una nuova stable, perché lasciatemi dire che lui e Roderick Strong come leader della Diamond Mine sarebbero totalmente intercambiabili. Il percorso che hanno fatto Strong e Fish dal loro ritorno poteva essere tranquillamente invertito e non vi sarebbero state chissà quali differenze, se non che Strong come leader di una stable è suonata come una rinascita, mentre per Fish sarebbe parso come un canto del cigno.

Ma ridurre il tutto ad una pura questione anagrafica mi pare ingiusto. Bobby Fish è un ottimo performer che, sono convinta, continuerà a fare grandi match ancora per diversi anni, ovunque deciderà di approdare. C’è tempo e luogo per ogni cosa.