Non stupisce vedere Maxwell Jacob Friedman fare un bel match. Ne ha fatti diversi in carriera, specialmente nelle indy. Ma non è un wrestler che lascia il pubblico convincersi che lui sappia essere un grande performer. Vuol essere un personaggio a tutto tondo, e per esserlo – nel mare magnum di agili salterini e di brawler ostici e pericolosi – sente la necessità di esprimersi con le parole più di quanto non facciano o sappiano fare i colleghi. Soprattutto quelli più giovani. Ecco perché è universalmente il leader della nuova generazione. Lo è riprendendo concetti del passato, rendendoli dannatamente moderni, regalandoli al futuro.

Il match con Darby Allin

Tecnica, agilità, furbizia, selling, spettacolarità. Chi se lo immaginava un MJF capace di proporre sul ring una serie di stili, amalgamati con coerenza di storytelling? Sa fare già tutto e lo sa fare dannatamente bene. Non c’è uno spazio che lui non riempia, riuscendo ad essere più credibile di tantissimi colleghi anche veterani. Basti pensare al selling del presunto infortunio: la maggior parte dei commenti è stato “magnifico”, “esemplare”. Ad un certo punto avevi la sensazione che si fosse fatto male per davvero, se non sapessi che questo sport è premeditato e che stava recitando semplicemente una parte. E la stava recitando molto molto bene.

Peraltro il match con Allin finalmente dovrebbe aver smesso dalle sue spalle il paragone con The Miz. Non c’è un momento della pur buona carriera di Mizanin possa essere minimamente paragonata alle qualità attuali di MJF. Questo ragazzo gli è avanti anni luce. E quando inizierà ad inanellare titoli vinti, regni e quant’altro, il pensiero del collega verrà spazzato via con estrema audacia. Cos’ha avuto Miz più dell’attuale MJF? L’esposizione. È quella la metrica che spesso cambia la percezione della gente.

Leader sì, ma solo coi giovani

Scrivo leader di una generazione perché lo è. Lo ha dimostrato benissimo in AEW. Quando si è dovuto affidare a qualcuno ha toppato: i match con Cody, Jon Moxley e Chris Jericho non sono stati granché. Pur partendo col massimo dell’entusiasmo e dell’interesse, si sono ritrovati a vivere delle dinamiche che MJF ha pagato caro. Come se tutto lo sforzo fatto in ottica di preparazione al match nelle settimane prima sia valso nulla.

Quando invece è lui a dover comandare, cambiano le cose. Non stupisca che i match di maggior memoria rimangano quelli con Jungle Boy a Double Or Nothing 2020, Sammy Guevara a Dynamite e Darby Allin a Full Gear. Se può comandare, se può scrivere il contesto e l’andamento della storia, allora è un fiume in piena. Allora esce il vero MJF. Si trova più a suo agio, e bene hanno fatto i colleghi ad affidarsi a lui. È come se non ci fossero freni: prenda la sua conoscenza, la sua esperienza e la trasmette agli altri. I risultati? Eccellenti, alla fine.