Quella appena conclusa va di diritto sul podio delle migliori Wrestlemania di sempre. Non solo. È a mani basse ciò che Triple H aveva preannunciato già prima dello show, ossia l’edizione più grande in assoluto (dove il termine “grande” si riferisce perlomeno ai guadagni). Il 78 % di incassi in più rispetto alla scorsa Wrestlemania, il 41 % in più di utenti dello scorso anno e con la night 2 di WM XL che si è rivelata la notte col maggior guadagno della storia della WWE. E non finisce qui; La card è stata godevole, con alcuni picchi qualitativi davvero interessanti, arrivando ad un Main Event che è stato una girandola di emozioni. Due storici regni si sono conclusi, The Rock è tornato a lottare dopo 8 anni e questa è stato il primo Showcase of the immortals senza la famiglia MacMahon al comando. E se questa non è storia, ditemi voi cosa è. Proprio quest’ultima caratteristica ci è stata spiattellata a più riprese prima,durante e dopo lo show, arrivando a lanciare il pomposo proclama che “Questa è una nuova Era”. L’Era di Triple H.
Ma, invero, la stampa e la critica si è spesa a rinominare questo periodo nelle maniera più pittoresca possibile, e non necessariamente riferendosi a Triple H: Siamo passati dalla Era Attitude 2.0 alla Era non più PG. Dalla Global Era alla Era in cui il wrestling non è più solo sport/intrattenimento, passando infine per la Bloodline Era, la stable che ne avrebbe inaugurato l’inizio. La fretta di voler vedere una nuova epoca ci sta portando tutti a cercarne prima il nome. In realtà, come sostiene lo stesso Hunter, un periodo storico lo si può giudicare solo dai posteri, mai dai contemporanei. Successe così con la Attitude Era, la Ruthless Agression e quelle precedenti e successive. Sarà così anche con questa. Sicuramente si avverte una ventata di novità negli show, un qualcosa di diverso dal solito: Gli atleti sembrano più liberi, le storie più mature (direi più attinenti alla realtà), e una percezione generale del pro-Wrestling meno classista, sia dagli addetti ai lavori che dalla Società che ci circonda.
Prima di trovare una definizione specifica per questo periodo, non iniziato sicuramente a WM XL ma in corso già da prima, forse dal post-pandemia, limitiamoci a constatare che il Wrestling è finalmente tornato ad essere “cool” (cit. Dwayne Jhonson). Le federazioni sono nate come funghi negli scorsi anni, e molte di loro godono di una buona copertura mediatica. Il wrestling ha abbracciato una più grande fascia di pubblico, complice l’avvento dei social che hanno spinto il prodotto (per la sua immediata attrattiva e i personaggi coloriti e carismatici) a conquistare picchi di viralità anni fa solo sognati. C’è un approccio residuale da tifoso calcistico che rovina il clima, con fan di una Compagnia (sono curioso di capire come si fa, in questo sport dove sono i lottatori singoli a farla da padrona, ad essere “squadristi”) che augurano il male alle federazioni rivali. Come chi, in questo momento poco propizio per la AEW, gioisce per gli stadi semivuoti e i problemi di backstage che attanagliano Tony Khan. Come quando la WCW chiuse i battenti nel 2001, i veri perdenti furono i fan: Negli anni a seguire il monopolio della WWE viene ancora oggi ricordato come nefasto per la disciplina. I fan di wrestling dovrebbero augurarsi che di AEW, TNA, NJPW ne nascano decine all’anno. Si può tifare Cody Rhodes, apprezzando al contempo le gesta di Will Ospreay ed emozionandosi davanti ai match di Josh Alexander. Non vedo perché debba esserci esclusiva. Sono stati i tifosi a rovinare il calcio; Non lasciamo che le tifoserie del wrestling rovinino il nostro amato sport.